CHIUSA DI PESIO - La Pasqua di sangue del 1944 in valle Pesio

Il racconto della battaglia che vide circa 180 partigiani resistere all'accerchiamento delle truppe naziste

Il Sacrario alla Certosa di Pesio
Il rifugio al Pian delle Gorre
Partigiani della banda Val Pesio in marcia
Piero Cosa

Andrea Dalmasso 09/01/2022 07:52

A settembre, nei pressi del rifugio “Villa Soche”, in alta valle Pesio, è stata collocata una nuova bacheca predisposta dall'associazione Ignazio Vian. Il pannello ricorda la cosiddetta “Battaglia di Pasqua”, che si svolse in questi luoghi dal 7 al 12 aprile 1944. Ad occuparsi dell’installazione della bacheca sono stati studenti di Scienze forestali dell'Università di Torino, che hanno svolto la loro annuale esercitazione pratica (più volte rimandata a causa dell’emergenza sanitaria) nel Parco naturale del Marguareis, collaborando con il personale delle Aree Protette e i volontari dell’associazione “Amico Parco” in interventi di manutenzione del territorio. La battaglia in questione fu un conflitto tra i partigiani e la Wehrmacht tedesca, impegnata in quei giorni in un rastrellamento in valle: è considerata tra gli scontri più gravi della lotta di Liberazione nelle valli della provincia di Cuneo.
 
La banda partigiana della Val Pesio, comandata dal capitano Piero Cosa, sul piano militare si era impegnata fin dalle settimane immediatamente successive all’8 settembre 1943 in frequenti azioni di sabotaggio, soprattutto lungo le vie di comunicazione tra Piemonte e Liguria che rendevano la valle di forte interesse strategico. Tedeschi e fascisti risposero a più riprese a queste azioni con rastrellamenti e sanguinose rappresaglie che, tra gli effetti, ebbero però anche quello di accrescere i giovani che salirono in montagna e si affiancarono alla banda. Tra i mesi di gennaio e marzo del 1944 dagli Alleati erano poi arrivati cinque tra i primi lanci aerei di materiale avvenuti nel nord Italia. Anche grazie a queste armi, alle munizioni e alle preziose radio portatili, nei giorni di Pasqua, che quell’anno cadeva il 9 aprile, la formazione poté resistere al primo grande rastrellamento tedesco delle valli monregalesi. Un’altra incursione tedesca, nel mese di marzo, aveva invece distrutto la nascente formazione della val Casotto.
 
Nei mesi precedenti la banda della Val Pesio aveva inoltre organizzato una ramificata rete di informatori: era il cosiddetto “Servizio X”, formato da persone che lavoravano o vivevano a contatto con fascisti e tedeschi e fornivano informazioni che permettevano di conoscere in anticipo le mosse del nemico. Una struttura che, insieme alle informazioni fornite dalle radio, a sua volta fu fondamentale per affrontare la “Battaglia di Pasqua”. A partire dal 7 aprile circa 600 soldati inquadrati nell’esercito tedesco e guidati da ufficiali delle SS risalirono la valle e, dalla Certosa di Pesio, si inoltrarono verso Pian delle Gorre per “braccare” i circa 180 partigiani attivi nella zona. Qui si trovarono presto sotto il fuoco incrociato delle mitragliatrici, che attendevano il loro arrivo sistemate sui due lati della valle, in diversi punti strategici. Due carri armati non riuscirono a proseguire a causa della cosiddetta “malavalanga” (o “valanga dei frati”), una massa di neve che ogni primavera interrompe il percorso: uno dei mezzi scivolò addirittura giù per il pendio, sotto il fuoco delle armi partigiane. Solo alla sera del secondo giorno i tedeschi riuscirono a raggiungere Pian delle Gorre, dove incontrarono un gruppo di fascisti italiani arrivato sul posto tramite la Colla Vaccarile, sullo spartiacque tra le valli Vermenagna e Pesio, dopo combattimenti con le postazioni partigiane. Non riconoscendosi a causa del buio e della nebbia, tedeschi e fascisti si ingaggiarono in combattimento.
 
A monte, un’altra colonna tedesca che doveva prendere alle spalle i partigiani arrivando da Limone era stata bloccata da una mina sistemata sul passo del Duca. Anche il collegamento con la valle Ellero era stato interrotto con la distruzione del Ponte Murato, rallentando l’afflusso dei soldati tedeschi: in ogni caso, il totale delle truppe tedesche confluite sul posto da diverse direzioni sfiorava i 3 mila uomini, con l’appoggio di carri armati, aerei da ricognizione e armamenti pesanti. Grazie alla perfetta conoscenza del territorio e sfruttando le alterne condizioni atmosferiche, nonostante la forte inferiorità numerica, i partigiani rallentarono l’avanzata del nemico che, al prezzo di ingenti perdite, riuscì ad addentrarsi nella valle solo quando il grosso della banda aveva già potuto ripiegare, evitando così l’accerchiamento. Il gruppo più nutrito di partigiani attraversò Porta Sestrera - valico tra le valli Ellero e Pesio - e, con una lunga marcia notturna sulla neve, raggiunse Carnino, in alta valle Tanaro, dove si scontrò con un gruppo di tedeschi, con perdite. I partigiani filtrarono poi in pianura e a giugno tornarono in valle Pesio, dove si erano dati appuntamento per riprendere la guerriglia. Secondo un documento compilato da Michele Calandri per l’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, gli scontri di quei giorni e gli episodi contestuali alla “Battaglia di Pasqua” costarono tredici vittime tra i partigiani, sei tra i civili.
 
Imprecisate, invece, le perdite delle truppe tedesche. Questi i nomi dei caduti secondo quanto riportato da Calandri: Maurizio Ristorto (classe 1901, commerciante), Natale Spada (classe 1914, commerciante), Giuseppe Marro (1925, contadino), Giuseppe Bruno (classe 1916, contadino), Michele Galfrè (classe 1929, contadino), Giovanbattista Mandrile (classe 1909, contadino), Mario Cara (classe 1921, partigiano), Agostino Valente (classe 1927, partigiano), Giovanbattista Armando (classe 1924, partigiano), Giuseppe Borsa (classe 1925, partigiano), Pierino Manzo (classe 1923, partigiano), Sebastiano Garro (classe 1925, partigiano), Raffaele Sabatino (classe 1918, partigiano), Andrea Somà (classe 1925, partigiano), Ambrogio Morra (classe 1925, partigiano), Amilcare Gusmaroli (classe 1920, partigiano), Antonio Oreglia (classe 1923, partigiano), Andrea Roatta (classe 1925, partigiano), Andrea Rosso (classe 1924, partigiano). Riporta lo stesso documento: “Il grande rastrellamento che rientra ancora nel ciclo apertosi con l’inizio marzo 1944, con impiego di importanti forze nazifasciste. La “Banda” di Valle Pesio superò brillantemente questo tentativo di annientarla anche perché ben rifornita da aviolanci (il 5° paracadutato alla vigilia dello scontro) con armi, viveri e radio rice-trasmittenti a breve raggio, utilizzate per comunicare fra i vari gruppi. Lo scontro vero durò dal 7 al 13 aprile, ma la popolazione e la zona furono ancora a lungo rastrellati, con violenze sulle donne soprattutto nella zona di pianura (e anche sulle suore di un ospizio), con ruberie perpetrate soprattutto dai battaglioni EST, formati da ex prigionieri russi”.
 
Durante l’estate il movimento partigiano si sarebbe poi allargato in tutte le valli cuneesi: in valle Pesio, oltre alla presenza di varie missioni alleate si intensificò il coordinamento tra formazioni di diverso orientamento politico. Nel mese di dicembre del 1944 un nuovo rastrellamento nazista accerchiò tutte le valli del monregalese occupate dalla 3ª e 4ª Divisione Alpi, disperdendo gli uomini e costringendo le formazioni ad una lenta riorganizzazione che solo nel marzo successivo consentì loro di riprendere l’attività militare. Nell’aprile 1945, tuttavia, le formazioni partigiane liberarono tutti i centri del Cuneese e vi insediarono l’autorità del CLN, prima dell’arrivo degli Alleati.

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