CASTELMAGNO - Narbona, la borgata fantasma della valle Grana circondata dalle leggende

Tra storie di catari, disertori e briganti l'unica certezza sono i ladri che hanno saccheggiato le case. Oggi è ardito anche il solo pensare a costruirvi un rifugio. L'anno prossimo i sessant'anni dall'abbandono

Samuele Mattio 01/08/2019 17:19

Il prossimo 17 aprile ricorreranno i sessant'anni dalla nevicata che scrisse la parola fine sulla storia di Narbona, una delle borgate fantasma più affascinanti delle nostre valli. Sita in un canalone laterale dell'alta valle Grana, era una frazione di Castelmagno che un tempo contava oltre 150 abitanti con tanto di cappellano e scuola elementare. A causa dei 122 centimetri di neve caduti nel 1960 l'abitato tra Rocca Cernauda e il monte Tibert restò isolato per cinque giorni, durante i quali una valanga lambì pericolosamente le case. Fu la goccia che fece traboccare il vaso e spinse le cinque famiglie che avevano resistito alle emigrazioni e a due guerre mondiali ad abbandonare per sempre le loro case a 1445 metri d'altitudine. Dopo la chiusura della scuola, avvenuta due anni prima, nel 1958, i bambini iniziarono a frequentare il convitto alpino a Pradleves, mentre i giovani in età da lavoro avevano già lasciato il borgo: a Narbona erano rimasti solo gli anziani. Per spalare la neve c'era bisogno di braccia forti che i vecchi non avevano più. Da qui la decisione di partire. Per molti decenni chi passava per di là raccontava che gli abitanti avevano lasciato “tutto com'era”, come se fossero dovuti fuggire all'improvviso. In realtà non era fretta, ma speranza. Il desiderio e forse l'illusione di poter ritornare nella propria casa.
 
Narbona rappresentava e rappresenta ancora oggi il simbolo della capacità di adattamento dell'uomo nelle valli alpine. Un insediamento ardito, in un luogo inospitale, dove la vita quotidiana era molto dura, basti pensare che le mucche venivano allevate nelle stalle perché il terreno circostante era troppo ripido e pericoloso per il pascolo. Nonostante questo l'economia di sussistenza consentiva a tutti di vivere dignitosamente. I narbonesi avevano ideato tecniche ingegnose per l'agricoltura, dagli scivolatoi per sfruttare le pendenze per il trasporto di fasci di fieno fino a vere e proprie teleferiche. Inoltre coltivavano la canapa per produrre tessili che poi rivendevano agli abitanti delle altre borgate.
 
La posizione impervia di Narbona ha ispirato miti e leggende sulla nascita del borgo. Le storie ancora in circolazione tra gli abitanti della valle narrano di disertori spagnoli, catari scampati alla persecuzione della Chiesa o di briganti che cercavano tra le frasche degli alberi protezione dalla giustizia terrena. Secondo la versione più accreditata, ma priva di riscontri certi, i fondatori di Narbona - più correttamente l'Arbouna, un toponimo la cui la genesi è sconosciuta -, furono dei valligiani in fuga dalla peste. Scriveva don Bernardino Galaverna, ricordato oggi a Castelmagno con una via a lui dedicata: “Le memorabili pestilenze avvenute specialmente nel 1522 e dall'estate del 1630 alla primavera del 1631... Alla peste del 1630 era preceduta la guerra, poi la carestia, per modo che il grano valeva più di venti lire l'emina. In molti paesi della valle di Maira e di Grana rimasero pochissimi abitanti, ed in quell'anno non si registrarono più né morti, né battezzati, come nella parrocchia di Caraglio, ove al 1630 nel registro dei nati è lasciata la pagina in bianco, con sopravi scritto a grossi caratteri – PESTE -”. Per rendere l'idea della portata dell'evento il prelato cita l'esempio di Torino, dove “di 11 mila abitanti ne morirono 8.030”.
 
Proprio in quegli anni Renato Lombardo, medico condotto della valle Grana e autore del bel libro edito da Primalpe 'L'Arbouna la nosta', individua la fondazione delle borgata.
 
Ma torniamo al secolo scorso, quando una valanga che non fece vittime spazzò via oltre tre secoli di storia alpestre. Negli anni '60 alcuni degli abitanti che non si trasferirono molto lontano (Colletto, Pentenera di Pradleves, Campomolino) tornavano ancora a Narbona nei mesi estivi, per fare l'orto o per passare qualche giorno di relax, ma è proprio in quel decennio che una serie di furti e atti vandalici influirà pesantemente sull'abbandono definitivo.
 
Nell'agosto del 1970 due fidanzati francesi, di cui uno figlio di residenti a Monterosso Grana, furono fermati dai Carabinieri di Pradleves mentre tentavano di aprire la porta di una casa disabitata. “Abbiamo trovato la chiave per terra e voluto vedere che cosa c'era all'interno” si giustificarono. Il giovane turista venne denunciato per tentato furto. Non sappiamo se venne condannato o meno, ma sta di fatto che l'episodio riportato da 'La Stampa' dell'epoca è solamente uno dei tanti atti di saccheggio perpetrati in quel luogo così isolato, facile preda di avvoltoi senza morale e senza memoria. Nella stessa estate alcuni malviventi rubarono il crocefisso e alcuni candelabri all'interno della chiesa parrocchiale, privando inoltre le principali abitazioni degli oggetti più preziosi lasciati dai residenti. Sempre in quella decade, mentre oltre mezzo milione di giovani si riuniva sull'Isola di Wight per assistere al mitico festival che vide protagonisti, tra gli altri, Jimi Hendrix e i Doors, un 'gruppo di capelloni notati da alcuni montanari' – riporta sospettoso il cronista de 'La Stampa' - appiccava fuoco a una casa abbandonata, rischiando di distruggere l'intero borgo prima che il tempo facesse il suo corso.
 
Il fenomeno dei furti nelle tante borgate abbandonate della valle Grana ha avuto il suo apice negli anni '70 e '80, quando anche i montanari che avevano radici più profonde abbandonarono le proprie case in favore degli agi del 'Mondo dei vinti'. In quegli anni bande di ladri svaligiarono impunemente tutto il possibile anche nel bugigattolo più recondito, smerciandolo poi a pseudo-antiquari che vendevano a chi confondeva l'antico con l'usato. Riolavato, Battuira, Valliera, Cauri, Campofei: in valle Grana nessuno fu immune dal passaggio dei nuovi unni, così come in tutte le altre valli cuneesi. In quegli anni a Narbona venne rubata addirittura la campana della cappella della Madonna della Neve, mentre all'inizio dell'ultimo decennio del ventesimo secolo (1993) si data il clamoroso furto della statua di San Magno Guerriero nell'omonimo santuario dell'alta valle. Nel 1995 'La Stampa' dell'epoca riporta di un furto di un tavolo del '700 avvenuto a Narbona. Due fratelli torinesi furono intercettati e denunciati. Si tratta dell'unico caso in cui due ladri sono stati colti 'in flagrante' con annesso bottino, a venticinque anni dal fermo della coppia di transalpini. L'ultimo episodio di cui si ha notizia è avvenuto ad inizio secolo: alcuni montanari trovarono il baldacchino della parrocchiale celato dalla paglia, pronto ad essere asportato in un secondo momento, fortunatamente lo misero in salvo portandolo nella chiesa di Colletto.
 
Dove non sono arrivati vandali e predoni è giunto inesorabile lo scorrere del tempo: ogni inverno che passa crolla un muro, o un pezzo di storia rurale per chi ha occhi più romantici. Fortunatamente negli ultimi anni l'interesse per la borgata è cresciuto e nel 2013 ricercatori, appassionati e volontari, trainati da Flavio Menardi Noguera e Angelo Artuffo, si sono decisi a salvare il salvabile e hanno costituito l'associazione 'Una casa per Narbona'.
 
In seguito alla creazione del museo “Casa Narbona” di Campomolino, dopo il salvataggio della Cappella della borgata e svariate iniziative culturali oggi si valuta la possibilità di realizzare a Narbona un 'rifugio' essenziale dove assaporare il silenzio e l’isolamento immersi in una natura. Ad oggi l'idea è in una fase di stallo, come spiegato da Renato Lombardo: “Il progetto era di allestire un rifugio ottocentesco, avevamo già individuato un'abitazione in buono stato di conservazione e trovato chi si sarebbe occupato del restauro, ma non è stato raggiunto l'accordo economico con i proprietari”. Il medico, appassionato di ricerche etnoantropologiche e naturalistiche, ha un'idea precisa su ciò che potrebbe essere il futuro: “Una mia proposta, che non ho ancora fatto in sede ufficiale, è di non recuperare nessuna casa e che la vicenda abbia una sua fine naturale. Ma certamente rimarrà il perimetro del complesso di ruderi: si potrebbero fare dei cartelli con la storia delle famiglie e di chi l’ha abitato”.
 
Come raggiungere Narbona? La partenza è dalla piccola piazzetta di parcheggio soprastante la frazione Colletto di Castelmagno dove è possibile parcheggiare la propria auto. Si segue la segnaletica per Narbona, Crosette e Castelmagno. Si percorre il suggestivo sentiero che incide a mezzacosta il lato ovest dello scosceso pendio del vallone: sulla destra, una massicciata di pietra (la posa dei morti), poi un pilone; si riprende il cammino e si passa a grange Tech, uno sguardo verso il profondo dove scorrono le limpidissime acque del torrente 'Biàl'. Si giunge ai vecchi ruderi della borgata abbandonata di Narbona e da qui inizia il 'ritorno' in direzione Valliera, si tralascia sulla sinistra il sentiero che sale a Castelmagno e Crosetta, e si arriva alle grange Combertrand, dove inizia la strada sterrata; si prosegue fino a Batuira passando per il Colle della Bastìa, poi dalla vicina borgata Valliera e su comoda strada asfaltata il ritorno a Colletto. Si tratta di un piacevole percorso ad anello tra grandi panorami e alla portata di tutti. Qual è il periodo ideale per l'escursione e cosa vi si può trovare? Lo abbiamo chiesto ancora a Renato Lombardo: “È una zona con caratteristiche particolari sia dal punto di vista geologico che naturalistico, molto curiosa per chi si diletta in queste cose. Un vero 'hotspot floristico' perché ci sono pochi esemplari, ma di moltissime specie. Lo si potrebbe ribattezzare un 'sentiero delle orchidee'. Quando andarci? A inizio giugno per i fiori e a fine ottobre per vedere la borgata”.
 
FONTI 
 
 
Libri: 
 
 
Renato Lombardo - 'L'Arbouna la nosta' - Primalpe
 
Quotidiani: 
 
 
'La Stampa' di Torino, articoli:
 
 
- 13 agosto del 1970 - “Ladri saccheggiano un villaggio della Val Grana”
- 17 agosto del 1970 - “Due fidanzati francesi 'fermati' in una casa della borgata saccheggiata”
-  6 maggio del 1995 - “Castelmagno, due fratelli denunciati per furto”

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