VINADIO - Quando la questione del confine italo francese nel vallone di Collalunga finì in Parlamento

La 'diatriba' nacque con il Trattato di Pace firmato a Parigi nel 1947, ma fu chiarita definitivamente solo quarant'anni più tardi dopo un'interrogazione presentata da Raffaele Costa

Il vallone di Collalunga
Uno scatto dal Passo di Collalunga
La zona oggetto della 'disputa'

Andrea Dalmasso 13/02/2021 08:35

Lo scorso ottobre in Italia si è riaperto un dibattito su una questione più volte affrontata nel corso degli ultimi decenni, quella che riguarda il confine italo-francese sul Monte Bianco, il cui massiccio si trova in parte in Valle d’Aosta e in parte nella regione francese dell’Alta Savoia. A sollevare polemiche sono stati alcuni partiti di destra, con in testa la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che ha parlato di “invasione” da parte della Francia dopo l’applicazione di un’ordinanza emessa nel giugno del 2019 dai comuni di Chamonix e Saint Gervais, i quali dopo un incidente avevano vietato i voli in parapendio su un’area che comprendeva la vetta della montagna, ma sconfinava anche in terra italiana. La discussione dura da oltre due secoli e affonda le sue radici in epoca napoleonica, ma non è unica nel suo genere. Anche in provincia di Cuneo ci sono stati casi simili: uno è quello del vallone di Collalunga, vallone laterale in alta valle Stura, nel territorio del Comune di Vinadio. Un caso nato nel 1947 e che nel 1990 finì addirittura sui banchi della Camera dei Deputati.
 
A monte del vallone, tra la cima di Collalunga e la Testa dell’Autaret, il confine tra Italia e Francia non segue la cresta di spartiacque che separa le valli Stura e Tinée, ma passa per le quote 2.719, 2.562 (colle di Seccia), 2.614 e 2.428 metri: con questa definizione dei confini si trova in terra francese una porzione di territorio che sarebbe orograficamente italiana e comprende anche i due laghi di Collalunga, quello inferiore e quello superiore. La linea di confine passa a monte dei ruderi di alcune casermette costruite in epoca fascista, poco prima della seconda guerra mondiale. La “diatriba” ebbe inizio proprio al termine del conflitto.
 
Fino ad allora il confine del Regno d’Italia abbandonava lo spartiacque al passo di Collalunga, scendeva in territori attualmente francesi lungo il costone occidentale del vallone della Guercia (Serre du Terrassier), incrociava la strada della Lombarda e raggiungeva il fondovalle Tinée poco sotto Isola. Con la fine della guerra, però, l’Italia perse tutti i territori delle Marittime al di là della displuviale alpina. Nel Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947 si legge: “Il nuovo confine segue un tracciato che abbandona la vecchia frontiera alla Cima di Colla Longa e, procedendo verso oriente e seguendo la linea dello spartiacque, va lungo le creste rocciose passando per le quote 2.719, 2.562, il Colle di Seccia, raggiunge a quota 2.760 la Testa dell'Autaret, passa per quota 2.672 al Colle della Guercia (2.456) e per le quote 2.640, 2.693 e 2.689, raggiunge le Rocche di Saboulé e ne segue la cresta nord”. Secondo l'interpretazione italiana, che riteneva prevalente il significato della parola “spartiacque”, la linea di confine doveva passare lungo il crinale più elevato, mentre secondo quella transalpina, che riteneva più importante l'indicazione delle quote, doveva corrispondere alla cresta individuata dalle altitudini elencate. Il tracciamento del confine restò per decenni in attesa che la divergenza venisse risolta a livello politico. 
 
Per chiarire la questione si arrivò addirittura alla fine anni degli anni ottanta: solo allora i cippi che segnano il confine vennero fisicamente spostati di alcune centinaia di metri a sfavore dell’Italia. Si procedette inoltre alla “traduzione” dei toponimi dei laghi e del colle, divenuti rispettivamente “lacs de Colle Longue” e “pas de Colle Longue” sulle mappe ufficiali. Ne nacque un’interrogazione parlamentare presentata da Raffaele Costa, rivolta ai Ministri dell’Interno e degli Affari Esteri e discussa il 2 aprile del 1990. Il deputato cuneese nell’occasione chiese chiarimenti sulla questione, sottolineò la presenza dei due laghi nei territori “annessi” alla Francia, lamentò il mancato coinvolgimento delle autorità locali e chiese se corrispondesse al vero il fatto che lo spostamento del confine rappresentasse una “contropartita” per una modifica del territorio di Claviere, in alta valle Susa, in quel caso a favore dell’Italia. A rispondere fu il sottosegretario di Stato agli Affari Esteri Claudio Vitalone, che smentì quest’ultima teoria spiegando che a Claviere la Francia aveva “aderito ad una richiesta italiana di modifica in modo unilaterale e senza compensi territoriali”. Per quanto riguarda il confine nel vallone di Collalunga, Vitalone chiarì invece che la linea recentemente incippata segnava esattamente il tracciato previsto dal Trattato di Pace del 1947, parlando di “difficoltà di carattere tecnico-amministrativo” per motivare un così consistente ritardo nell’effettiva collocazione dei cippi. Nessun incidente diplomatico, quindi, ma semplicemente l’applicazione di accordi sanciti oltre quarant’anni prima.
 

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