CUNEO - Quando nel carcere di Cuneo fu siglato un patto che segnò la storia della malavita italiana

Francis Turatello, un tempo re incontrastato delle bische, e Dragomir Petrovic, capo del clan degli slavi, sancirono un accordo firmato con ago e inchiostro

Francis Turatello

Samuele Mattio 14/01/2021 16:49

“L’hai visto fare anche da Turatello, Arsenio Lupin, Diabolik”. ‘A mano armata’ è una canzone, per la verità non troppo conosciuta, dei Decibel, il gruppo milanese a cavallo tra il punk e la new wave che ha lanciato la carriera di Enrico Ruggeri. Il raffinato autore di ‘Quello che le donne non dicono’ non ha mai nascosto il suo lato punkettone, tanto da avere nel suo vasto repertorio pezzi più muscolari, come questo brano del 1979, prodotto da Shel Shapiro.
 
Quel che non tutti sanno è che che quel Francis Turatello citato insieme agli ‘eroi dei cartoni’ non è un personaggio frutto della fantasia di qualche autore di fumetti, ma un criminale in carne e ossa: detto ‘Faccia d’Angelo’ era un boss della mala meneghina abbonato alle pagine di cronaca degli anni ’70. I riferimenti alla malavita non sono una novità nel mondo della musica, ma è sempre curioso scoprire i collegamenti che hanno ispirato questo o quell’artista, o che vedono legati personaggi e luoghi apparentemente distanti tra loro. Con queste premesse il lettore non sarà stupito dall’apprendere che il pezzo grosso della mala fu, suo malgrado, protagonista di un episodio svoltosi in quel di Cuneo, più precisamente tra le sbarre del carcere di Cerialdo. Un momento topico della storia criminale italiana, vale a dire un patto siglato nell’estate del ’77 tra lo stesso Turatello, un tempo incontrastato re delle bische, e Dragomir ‘Draga’ Petrovic, capo del clan degli Slavi.
 
I più attenti ricorderanno che i legami con il mondo della musica di Turatello non si esauriscono in una citazione, in quanto il boss fu amico fraterno di Franco Califano, uno dei cantanti forse più sottovalutati della musica italiana, ma questa è un'altra storia che abbiamo già avuto modo di raccontare.
 
A ricostruire la vicende avvenute in giorni lontani, in tempi recenti è stata la pagina Facebook ‘Spazio 70’, una delle realtà più frizzanti dell’internet dei casa nostra che propone una ‘rilettura creativa’ del decennio lungo, spaziando nel contesto che va dal 1968 al 1984. Gli amministratori Nicola Ventura e David Barra hanno puntato la loro torcia alimentata dalla curiosità sulle vicende avvenute al di là del viadotto Soleri. 
 
È la calda estate di trentatré anni fa quando tra le sbarre della casa circondariale di Cuneo si incontrano faccia a faccia due boss della mala in guerra tra loro. Alle loro spalle la violenta contesa del territorio nel redditizio business del gioco d'azzardo, settore nel quale il ventottenne ‘Draga’, giovane criminale in ascesa, si è ingrandito fino a pestare i piedi del potente ‘Faccia d’Angelo’, ex pugile di Lambrate. Adesso però non è più tempo di spararsi addosso, è giunta l'ora di incontrarsi per cercare una soluzione più ‘civile’. Un accordo sancito tra due società è di norma redatto su carta, ma in certi ambienti i contratti si firmano invece con ago e inchiostro su pelle viva. Vi è una postilla ben precisa, un obbligo contrattuale imprescindibile: l'eventuale rescissione dell'accordo sarà un procedimento da effettuare con il piombo.
 
Dragomir affonda lo spillo inchiostrato nella «pellaccia dura» del suo nemico. Turatello, a sua volta, sulle membra dello slavo aggiunge l'ennesimo simbolo ad un manto cutaneo già costellato di icone. Con due nuovi tatuaggi i malavitosi sigillano sui loro corpi un sodalizio che nella storia del crimine organizzato sarà noto come “Il patto di Cuneo”. Un armistizio, un accordo di reciproca non belligeranza, ma non solo.
 
Turatello concede a Petrovic determinati spazi con l'obbligo di tenere fuori dagli affari eventuali «terzi incomodi». I circoli privati e le bische clandestine coperte spettano al boss italiano mentre lo slavo si aggiudica il controllo di alcuni locali aperti. Un giro d'affari di decine di miliardi di lire l'anno. Per un po' gli accordi funzionano ma con i boss in galera molti gregari pretendono di crescere, di ingrandirsi, di sconfinare. I luogotenenti di Francis e Draga non hanno la stoffa da leader dei loro capi e col passare del tempo il collante viene meno.
 
Non solo bische, ma anche spaccio di droga, contrabbando di armi, estorsioni, e giri di prostituzione. La Milano da bere e da spolpare fa gola a tanti criminali e la ‘manovalanza allo sbaraglio’ semina presto il caos. Il 6 gennaio del 1978 viene assassinato Dragan Mladenovich, del clan slavo. Il “patto di Cuneo” ha avuto vita breve. Dieci giorni dopo è il turno di Lia Zenari, fotomodella trentacinquenne, ex amante di Turatello nonché madre di suo figlio, il piccolo Eros, il ragazzino che compare sulla copertina dell'album più celebre di Franco Califano: "Tutto il resto è noia". La donna viene trucidata per strada con sette colpi calibro 38. Accanto a lei trova la morte anche un suo amico, il ventinovenne Cosimo Tarallo.
 
In pieno clima di faide, nel mese di febbraio viene ucciso anche Michele Argento, detto "il viceré", braccio destro di Turatello. L'amico del boss cade in un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine che sorprendono il malavitoso in un locale a seguito di una "soffiata". Ad ambire al ruolo di Turatello vi è ora il catanese Angelo Epaminonda, detto "il Tebano", ex fedelissimo di Francis che ha voltato le spalle al suo capo. Dopo qualche mese di tregua le esecuzioni riprendono. Un'impetuosa spirale di violenza tinge di rosso le vie di Milano, una città che sembra ormai priva di solide gerarchie criminali.
 
Il culmine della violenza si raggiunge il 3 novembre 1979 con la strage al ristorante “La strega”. Otto persone vengono uccise nel locale a colpi di arma da fuoco. L'obiettivo principale dei killer è il titolare, un pregiudicato legato a Turatello. Tra gli assassini c'è anche Ginetto Di Paolo, cognato di "Draga" Petrovic, ma il mandante è Epaminonda, “il Tebano”.
 
Francis Turatello muore a Nuoro il 17 agosto 1981 nel carcere di Badu 'e carros, sventrato dalle lame di “o’ Animale” Pasquale Barra, Vincenzo Andraous, Antonino Faro e Salvatore Maltese. Non sarà ricordato soltanto dalla fine penna di Enrico Ruggeri: sarà citato nel libro ‘Senza manette’ del suo amico Califano, ma anche nel volume ‘Il Camorrista - Vita segreta di Don Raffaele Cutolo’ di Giuseppe Marrazzo, in cui Cutolo ammetterebbe di essere il mandante del suo omicidio. Anche il mondo del cinema non si è dimenticato di lui: nel 2010 il personaggio di Turatello compare nel film Vallanzasca - Gli angeli del male, interpretato dal bravo Francesco Scianna.
 
Petrovic invece affronta il destino inverso, diviene egli stesso un boia delle carceri, proprio al fianco di uno degli aguzzini di Francis. Il 2 marzo 1982, nel carcere di San Vittore, Dragomir Petrovic e Antonino Faro uccidono il ventottenne Sabino Falco, sgozzandolo durante l'ora d'aria. Falco era un ex fedelissimo di Draga. Nel 2012 l'ex boss slavo, ormai sessantenne, ottiene la semilibertà ma nel 2014 viene arrestato per traffico di droga. Il sodalizio criminale era celato dietro un’impresa alla luce del sole, una finta società logistica utilizzata come base d’appoggio e continuare a gestire i giri illeciti. Il coordinatore della società? Sempre lui, il ‘Draga’. Oggi è detenuto presso il carcere di Opera.

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