COSTIGLIOLE SALUZZO - "Benzina" di Daniel Daquino e il fascino delle stazioni di servizio

Una chiacchierata con il regista del corto che ha per protagonisti Carolina Crescentini e Riccardo De Filippis. Prodotto dalla torinese LUME, è il prequel del lungometraggio "Osmosi"

Fotografia: Davide Gallizio
Fotografia: Ivan Cazzola
Fotografia: Ivan Cazzola
Fotografia: Ivan Cazzola
Fotografia: Davide Gallizio
Fotografia: Ivan Cazzola
Fotografia: Ivan Cazzola

Francesca Barbero 25/01/2024 11:19

A chi non è mai successo di trovarsi a percorrere km lungo le nostre strade provinciali, di attraversare il paesaggio con lo sguardo rapito dai distributori di benzina, isole di svariate dimensioni disseminate dentro lo spazio, e di subire il loro particolare fascino? Daniel Daquino, educatore professionale nella comunità residenziale per disabili psichici “W.M. Meinardi” della cooperativa “Insieme a voi” di Busca, regista e batterista della band fossanese Cani Sciorrì, quel fascino l'ha subito al punto di ambientarci “Benzina”, il suo ultimo cortometraggio. Il corto, prequel del lungometraggio “Osmosi”, non è la prima prova da regista per Daniel, classe 1980, originario di Costigliole Saluzzo, già autore del film tributo alla Resistenza ”Neve Rosso Sangue”. In “Benzina”, prodotto dalla casa di produzione torinese LUME, i protagonisti sono Vincenzo, un uomo affetto dal disturbo ossessivo compulsivo che passa le sue giornate nella stazione di servizio in cui lavora, chiuso nel suo piccolo mondo fatto di ossessioni e rituali, e Caterina, una donna esuberante e sopra le righe che porterà una scossa nel mondo di Vincenzo. A interpretarli i due attori affermati Riccardo De Filippis (“Romanzo Criminale”) e Carolina Crescentini (“Mare fuori”). Nell'attesa che il corto, distribuito da Sayonara Film, una volta terminato il suo percorso nei festival arrivi nelle sale della provincia (al momento è stato selezionato  in concorso al RIFF di Roma e al The Next Generation  Short Film Festival di Bari e proiettato all'interno del programma del Torino Film Festival) abbiamo fatto una chiacchierata con il regista per parlare del film, del lavoro sul set, di solitudine e vuoto esistenziale...
 
Come, quando e perché è nata l'idea di “Benzina”?
“Nel 2021 stavo lavorando con Adriano Bassi e Lara Calligaro, della produzione torinese LUME, al progetto di un lungometraggio dal titolo “Osmosi”. Avevamo l'idea, i personaggi, l'ambientazione, il mood generale del film e iniziavamo a sviluppare una prima bozza di trattamento. Ad un certo punto ci siamo resi conto che sarebbe stato molto utile realizzare un teaser per far capire meglio che cosa avevamo in mente e, nello stesso tempo, potevamo testare la squadra di lavoro sia tecnica che artistica. Dal teaser siamo passati velocemente a pensare alla realizzazione di un cortometraggio ed ecco che nasce 'Benzina'. Vincenzo e Caterina sono due personaggi di 'Osmosi', ci piaceva presentarli e provare a lavorare su di loro. 'Benzina' è praticamente il primo incontro tra loro due e di conseguenza un vero e proprio prequel di 'Osmosi', progetto che ha già ottenuto il sostegno per lo sviluppo dalla Film Commission Torino Piemonte con il 'Piemonte Film Tv Development Fund': stiamo lavorando intensamente per farlo diventare realtà”.
 
Il corto è ambientato in un distributore di benzina. Guardando il film mi sono venute in mente le atmosfere di certi quadri di Hopper e le sue stazioni di servizio in mezzo al nulla delle strade americane. Anche i distributori lungo le nostre provinciali ben incarnano la solitudine e il vuoto esistenziale...Cosa ti affascina di questo non luogo?
“Intanto grazie. Sapere che la visione di 'Benzina' ti ha fatto pensare ad Hopper mi rende davvero felice. Sono sempre stato affascinato da quel tipo di desolazione e malinconia e di conseguenza cerco di scavarci dentro per capire meglio cosa si nasconde dietro e provare a ipotizzare delle risposte. Un po' come quando guardi una foto di Gregory Crewdson e provi ad immaginare il prima e il dopo di quello scatto e ti senti addosso tutti i sentimenti dei soggetti ritratti. Hai colto nel segno anche quando parli dei distributori che incontriamo lungo le nostre provinciali: è stato proprio uno di questi che mi ha fatto immaginare Vincenzo e la vita all'interno del suo gabbiotto e da lì è partito tutto. Sono nato e cresciuto a Costigliole Saluzzo, quindi nel bel mezzo della desolazione provinciale e quelle sensazioni di solitudine e vuoto esistenziale di cui parli le conosco molto bene. L'idea frustrante di essere sempre troppo lontani da quel “centro” che tutti cercano di raggiungere per realizzarsi e sentirsi realizzati è forte, anche se in realtà, molto spesso, si trasforma in alibi per non cambiare mai, non mettersi realmente in gioco e restare immobili. Per fortuna la provincia non è solo questo: qualcuno reagisce, prova a coltivare nel deserto e ogni tanto nasce qualcosa di buono. Tornando alla tua domanda, volevo creare un non luogo ma anche un non tempo, volevo portare lo spettatore a pensare che quel distributore poteva essere ovunque e in un epoca storica non ben definita”.
 
Nel film il distributore diventa il luogo in cui si materializza lo stato mentale di Vincenzo, un uomo affetto dal disturbo ossessivo compulsivo; il luogo in cui le ossessioni e i rituali scandiscono il tempo del protagonista. Il gabbiotto in cui Vincenzo lascia passare le sue giornate è la proiezione di una prigione mentale fatta di controllo, simmetrie, ordine, numeri... Fuori da quello spazio il mondo esterno (vicinissimo e allo stesso tempo molto distante) scorre, veloce, nel traffico. Solo l'arrivo di Caterina -donna senza filtri, caotica e sopra le righe- porterà una scossa nel suo mondo. 
“Esattamente. Immaginavo Vincenzo chiuso in un piccolo mondo tutto suo, fatto di rituali e ossessioni, dove si sentisse al sicuro e al riparo da tutto quello che scorre fuori. Il disturbo ossessivo compulsivo rappresenta bene questo stato mentale. Rifugiarsi nelle stereotipie, simmetrie e ordine aiuta a stare tranquilli e a frenare le ansie, come se il ripetere le cose sempre nello stesso modo possa evitare che queste peggiorino. Il distributore di benzina era il luogo perfetto per rappresentare tutto questo. Un luogo di forte passaggio che però noti solo quando ti serve realmente e le azioni che vengono svolte sono sempre molto simili, monotone e costanti nel tempo. É stato piuttosto complicato trovare un distributore di benzina adatto: volevo fosse in mezzo al nulla e il gabbiotto doveva avere le dimensioni giuste per poter raccontare la nostra storia. Siamo stati fortunati e abbiamo trovato questo distributore DISCAR sulla strada per Chivasso (TO) a gestione famigliare. Sono stati molto disponibili lasciandoci lavorare con totale libertà: abbiamo smontato tutto l'interno del gabbiotto per creare da zero l'ambiente che volevamo: una parte ufficio con scaffali e scrivania e l'altra metà una specie di zona living, con divano, lavandino e frigorifero. Tutto in uno spazio grande come una vecchia roulotte e pieno zeppo di oggetti che potessero in qualche modo raccontare anche loro la storia di Vincenzo. Questo piccolo mondo si contrappone radicalmente a quello di Caterina. Il suo arrivo è come una violenta scossa di terremoto che accende un qualche cosa dentro il nostro Vincenzo”.
 
C'è un altro elemento che scandisce il tempo di Vincenzo: la musica. Quali brani rompono il silenzio del gabbiotto della stazione di benzina? A un certo punto, vicino alle sue musicassette, si vede la copertina di un disco dei Cani Sciorrì, la band di cui sei batterista.
“Per me la musica nel cinema è fondamentale. Scrivo le scene pensando già alla canzone o al tipo di atmosfera che vorrei utilizzare. In 'Benzina' la musica che ascoltiamo è la musica che ascolta Vincenzo riprodotta da un vecchio mangiacassette e sono 5 brani. Apriamo con 'Gasoline Horseys' degli Sparklehorse e a metà incalza 'Disorder' dei Joy Division. Volevo assolutamente questi due brani, per me erano fondamentali e non smetterò mai di ringraziare LUME per avermi accontentato, facendo un grandissimo sforzo per ottenerli. Gli altri 3 brani sono brani di cari amici: la delicata 'I miss u' del cantautore Bob Corn, l'ipnotica 'Bag full of leaves' dei torinesi Starving Pets e in chiusura la sferragliante 'This is not a light' dei grandissimi Movie Star Junkies. Con l'occasione voglio ringraziare tutti loro che mi han concesso l'utilizzo delle canzoni permettendomi così di dare al film le atmosfere che avevo in testa. Bello che hai notato la copertina dei Cani Sciorri, ho sparpagliato la scenografia di oggetti e cose autobiografiche, mi divertiva farlo. Il mio cuore, diciamo 'artistico' è diviso in due: da una parte c'è il cinema e dall'altra ci sono i Cani Sciorri, dovevo assolutamente rendere omaggio anche a loro”.
 
Non è la tua prima prova come regista perché, oltre ad essere autore di diversi videoclip musicali, avevi già diretto il cortometraggio 'Neve Rosso Sangue'. Però è la prima volta che lavori con una vera casa di produzione. Per i non addetti ai lavori, che cosa significa?
“Diciamo che è un mondo totalmente diverso. In 'Neve Rosso Sangue' ho dovuto pensare praticamente a tutti gli aspetti del film dalla scrittura alla produzione. Ovviamente mi hanno aiutato, c'era già Maurizio Fedele, conosciuto proprio per realizzare quel film, che ora lavora con LUME. Se ci penso oggi era una bella follia da mettere in piedi: film in costume, giravamo a 1400m s.l.m., in  mezzo alla neve, con armi ed esplosioni, moltissimi attori coinvolti. Ci credevamo e siamo riusciti a realizzare un piccolo colossal. È stato molto faticoso, ma davvero entusiasmante e rifarei tutto quanto. Lavorare con LUME invece è stato completamente diverso. Mi hanno permesso di lavorare con totale libertà pensando esclusivamente alla regia e ottenere al meglio quello che volevo mettere in scena senza dovermi preoccupare di aspetti più produttivi. Ho imparato davvero tantissimo perché intorno mi hanno costruito una squadra incredibile, fatta di persone talentuose e di grandi professionisti del settore. É bellissimo, è proprio su un set come questo che vedi nascere la magia del cinema: sogni, pensi, racconti e spieghi per mesi e settimane cosa hai in testa e poi, piano piano, vedi che tutto si concretizza davanti ai tuoi occhi esattamente come lo immaginavi. Pazzesco”.
 
Ad interpretare Vincenzo e Caterina sono due attori affermati: Riccardo De Filippis e Carolina Crescentini. Com'è stato lavorare con loro? Qualche curiosità o aneddoto particolare che puoi raccontarci? 
“Nel momento zero in cui ho immaginato Vincenzo ho pensato a Riccardo. Lo conoscevo per 'Romanzo Criminale – La serie', ma lo avevo visto in un cortometraggio qualche anno fa e mi aveva colpito e affondato. Stessa cosa per il ruolo di Caterina, Carolina era perfetta. Entrambi attori affermati e mi
sembrava un sogno irraggiungibile poter lavorare con loro. LUME ha contattato i rispettivi agenti e poi ho parlato con loro al telefono e in videochiamata: abbiamo capito subito che c'era sintonia e che potevamo farlo. Sul set questa sintonia si è materializzata e il gioco era fatto. Riccardo è stato bravissimo ad entrare nella parte di Vincenzo, taciturno e ossessivo, aggiungendo piccoli dettagli e movimenti che hanno dato grandissima credibilità al personaggio. Carolina è stata davvero quello scossone che le chiedevo per la scena: una bomba di energia che a dato a Caterina una forza pazzesca, ma anche una grande dolcezza. Con entrambi è nata una bella amicizia e ci sentiamo spesso: con Riccardo sono bastate un paio di birre insieme alla sera dopo le riprese per capire che eravamo sulla stessa frequenza e pareva di conoscerci da sempre. Con Carolina invece abbiamo parlato un sacco di musica, abbiamo un sacco di ascolti in comune ed una grande voglia di ascoltare cose nuove poi, è una super fan dei Radiohead, direi che non serve aggiungere altro! La cosa che però è molto importante è la volontà di continuare a lavorare insieme per dare ancora vita a Vincenzo e Caterina realizzando 'Osmosi'”.

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