PIASCO - Uno scrigno di tesori sconosciuti: il castello di Piasco

Palazzo Porporato, elegante espressione del barocco piemontese, è tuttora abitato dai discendenti della famiglia che lo costruì nel 1650

Andrea Cascioli 13/07/2025 18:00

Domina le alture di Piasco una fortezza maestosa che pochi, finora, hanno avuto la fortuna di vedere anche nei suoi ambienti interni. Parliamo di palazzo Porporato, elegante espressione della cultura barocca piemontese che risale, nel suo attuale aspetto, alla metà del secolo XVII. Il maniero originario fu costruito, poco dopo il Mille, per volere del vescovo Landolfo di Torino. Era formato da due torri e da un corpo centrale dove i feudatari potevano rifugiarsi nei momenti di tensione politica: i difensori potevano anche comunicare con un’altra torre ormai distrutta, al fondo del paese. Il castello passerà poi al capostipite dei marchesi del Vasto, Bonifacio, che acquisisce da Federico Barbarossa il titolo di signore della val Varaita. Il più antico maniero fu distrutto nel corso delle guerre del secolo XII: soltanto un torrione del “castello vecchio” rimase in piedi fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Agli albori del Seicento, con la fine del marchesato di Saluzzo e l’inizio della dominazione sabauda, è la volta dei marchesi Porporato: l’edificazione dell’attuale dimora incomincia nel 1640, con un progetto riferibile a Carlo di Castellamonte, ideatore dell’attuale piazza San Carlo e di numerosi altri interventi architettonici a Torino. Esiste una copia, firmata a matita da “Carlo di Castellamonte, architetto di Carlo Emanuele I”, che non consente un’attribuzione certa ma rimanda comunque al nuovo clima culturale creatosi a Torino con l’arrivo di Cristina di Francia. Il progetto era molto più ampio: si ipotizzava che la dimora avrebbe avuto due cortili, l’attuale e uno altrettanto vasto su una seconda ala che non venne poi realizzata, probabilmente a causa dei frequenti conflitti. A patrocinare la sua creazione fu Gaspare Porporato, il quale morì prima dell’ultimazione dei lavori intorno al 1650. Il castello-palazzo, rustico all’esterno perché non finito, è ricco ed elegante all’interno. Comprende tre piani, più due mezzani e un piano cantina ed è composto di tre corpi a “C”, che definiscono una corte-giardino. Una terrazza di ampio respiro, delimitata agli angoli da torri circolari, si apre sul paese di Piasco e sulla pianura.  Al pianterreno si susseguono “en enfilade”, secondo lo schema dell’epoca, la camera del biliardo, il salone centrale e la sala da pranzo. Sempre al pianterreno si trova la cosiddetta “camera del vescovo”, il cui nome è legato a monsignor Giuseppe Filippo Porporato, vescovo di Saluzzo per un quarantennio - tra il 1741 e il 1781 - alla cui azione si deve, tra l’altro, l’edificazione del campanile barocco del duomo. È probabile che a lui si debba la cappella situata nell’ala sud ovest del palazzo. Al piano nobile, oltre alla terrazza con colonne di ordine ionico, altri locali di grande rilievo artistico come il salone grande, la camera dei Goblain, la camera gialla e la camera dorata. Anch’essi si avvalgono di una disposizione “ad enfilade”, per esigenze di rispetto del cerimoniale, necessario ai fini di essere condotti al cospetto del signore. Si aprono sul cortile interno la stupenda biblioteca e la camera dei fiori. Un mistero circonda le decorazioni interne del palazzo, con affreschi sorprendenti che sono stati attribuiti a diversi autori piemontesi e liguri operanti nella seconda metà del Seicento. Intrigante è il rapporto con affreschi di Palazzo Reale a Torino e di Venaria Reale, risalenti al settimo e ottavo decennio del Seicento. L’intero edificio, frazionato in più proprietà, è tuttora abitato dai discendenti dell’ultima marchesa Porporato, sposa di Guido dei conti Biandrate di San Giorgio, ai quali passò in eredità il palazzo: la figlia del successore Luigi Biandrate, Lidia, è nonna dell’attuale proprietaria Ludovica Raggi De Marini. All’altra figlia, Luisa Biandrate, andò il castello di San Giorgio Canavese. Il palazzo è aperto al pubblico solo in occasioni eccezionali, ma ospita periodici eventi e concerti. L’Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi), della quale fanno parte anche altre nove residenze in provincia di Cuneo, sta valutando insieme ai proprietari la possibilità di rendere visitabile questo poco noto scrigno di tesori artistici della nostra provincia. Chi fosse interessato a visite nelle dimore Adsi può trovare informazioni sul sito o rivolgersi alla mail.

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