Ha raggiunto martedì il Forte di Vinadio la scultura dell’orso polare firmata da Andrea Bertone, artista nato a Ceva nel 1980 e attuale vicesindaco di Farigliano. L’opera, presentata per la prima volta lo scorso giugno al Baladin Open Garden di Piozzo, affronta con forza e delicatezza insieme i temi dell’identità, degli affetti familiari e della responsabilità ambientale. “Questa scultura è nata da notti senza sonno”, ammette candidamente Bertone. “Avevo bisogno di dare forma a qualcosa che fosse forte ma affettuoso, fiero ma pieno di umanità”. Un’opera che è, prima di tutto, un intreccio di simboli personali: le unghie colorate dell’orso non sono un vezzo estetico, ma un modo per rendere visibili i legami che accompagnano l’artista nella vita quotidiana. Ogni colore custodisce un nome, un affetto: il verde è una dedica a se stesso; il viola a Marta, la sua compagna; il rosa e l’azzurro alle figlie Giada e Agnese. L’orso polare parla “di chi sono davvero, delle mie radici e delle persone che amo”, spiega l’artista. Tuttavia, sottolinea anche “ciò che potremmo perdere, se non apriamo gli occhi”. Il passaggio dal Baladin Open Garden al Forte di Vinadio si concretizza in un luogo già sensibile al dialogo artistico, che negli anni ha accolto le creazioni di autori significativi come Franco Sebastiano Alessandria. Il trasferimento della scultura arricchisce dunque un percorso culturale che intreccia natura, paesaggio e scultura contemporanea. Accanto al racconto biografico, questa porta con sé un messaggio ambientale netto. “L’orso è un animale dei ghiacci, e i ghiacci - lo sappiamo - si stanno sciogliendo. È anche un grido silenzioso contro il cambiamento climatico”, aggiunge Andrea Bertone. “La bellezza del nostro pianeta è fragile e ciò che ora ammiriamo potrebbe scomparire senza che ce ne accorgiamo”. L’installazione al Forte di Vinadio rappresenta un nuovo capitolo nel percorso dell’artista, noto per uno stile istintivo e imprevedibile, che fa dell’immediatezza del gesto e della libertà creativa la propria cifra distintiva. “Grazie a chi si fermerà a guardare quest’orso, anche solo per un momento - conclude -, perché anche un attimo può farci riflettere su ciò che non dobbiamo perdere”.