CUNEO - Quella volta che Lou Reed voleva venire a suonare al Nuvolari

Un viaggio nella storia del locale che ha accompagnato le estati cuneesi per 27 anni. Tanti gli ospiti, dai Litfiba ai CCCP, ma a volte le città amano il silenzio e i loro abitanti preferiscono dormire

Lou Reed

Francesca Barbero 31/03/2022 14:32

La musica non c'è. Non quella del "Nuvo" e del suo festival, un rituale atteso che ha accompagnato le estati cuneesi per 27 anni. È il risveglio dal sogno: non esiste più quel palco calcato da band affermate e gruppi emergenti. È morto quel Genius Loci che dava vita a una dimensione intima e altra, avvicinando artisti e pubblico. È morto il Nuvolari, senza nemmeno il suono di una marcia funebre.
 
A volte le città amano il silenzio e i loro abitanti preferiscono dormire. Se a Cuneo esisteva un festival di tale portata, il merito è del suo creatore, Alberto Castoldi, che ne ricorda la genesi come fosse ieri. Ne parla con una nota di tristezza e con la consapevolezza di chi ha dato vita a un gioiello prezioso per la città. Dagli inizi in cui, nel 1985, giovane consigliere comunale, creò la Consulta Giovani e Movimenti 87, un festival di tre giorni al Parco della Resistenza in cui suonarono Cccp, Litfiba e altri gruppi della new wave italiana. Passando per la creazione del Circolo Culturale Nuvolari, in via Sette Assedi 4, nella città vecchia, all'epoca zona degradata con pochissimi residenti e molti spazi liberi.
 
"Un piccolo spazio, dove si entrava solo con la tessera, in cui trovare musica jazz, cinema e live di band emergenti", uno spazio visibile nel videoclip ufficiale di "Lieve" dei Marlene Kuntz. È lo stesso Cristiano Godano, tra i fondatori del circolo, a parlarne nel libro "Nuotando nell'aria". E ancora l'esperienza, tra il '92 e il '93, della Bertello di Borgo San Dalmazzo "perché il circolo ebbe un successo enorme e i suoi locali erano troppo piccoli": 15 giorni di musica, dove suonarono anche Mau Mau e Africa Unite agli esordi, e una mostra su Dylan Dog. Fino all'arrivo dell'accordo con l'amministrazione, che colse l'opportunità di risolvere alcuni problemi legati al centro sociale Kerosene sul lungostura. Nel '93 nasceva così la cooperativa, con i ragazzi dell'esperienza del primo circolo, a cui venne affidata la gestione dell'ex tiro a volo dismesso dal '68, spazio che il Comune voleva recuperare. Una discarica a cielo aperto sulle rive del Gesso: carcasse di smantellamenti comunali, come le gabbie dell'ex zoo, elettrodomestici abbandonati e tantissimi cadaveri di piccioni.
 
Del progetto architettonico si occupò Mauro Baracco, oggi docente di architettura a Melbourne, che pensò a un progetto di edilizia povera in lamiere e tubi d'acciaio: un ingresso in pallet con una passeggiata che simulava i portici, "i pali della Stella" con lampade e materiali di recupero, il bar centrale che controllava i 6000 m² dell'area e i bagni. E ancora "La collina verde", opera d'arte povera che Alberto Trapani, artista che vive in Svizzera, creò con gli elettrodomestici recuperati. E il primo palco senza copertura, che arrivò soltanto l'anno dopo con gli incassi risparmiati perchè i fondi erano pochi. A riportare in vita l'ex tiro a volo, pulendo, costruendo e piantando alberi, furono i ragazzi della cooperativa. Furono poi realizzate la pizzeria, l'area sportiva e  il baretto. Il resto è storia di uno spazio giovanile, fatto di arte, sport e, soprattutto, musica, che nel mondo dell'underground, ebbe un'eco che risuonava a livello italiano e mondiale.
 
"Gli Anthony & The Johnson suonarono per la prima volta in Italia al Nuvolari. Erano prodotti da Lou Reed e Anthony gli parlò del Nuvolari come di un posto figo dove si stava bene. Ci fu una telefonata dell'agenzia italiana che lo gestiva perchè voleva venire a suonare qui. Ma mancavano i fondi e non ce l'abbiamo fatta" ricorda Castoldi. Ed è anche la storia di una realtà culturalmente rivoluzionaria e dell'idea di uno "stare insieme in modo più intelligente" che riconosceva alla musica un valore artistico e culturale, non di semplice intrattenimento. Un'idea nata per superare la logica delle birrerie e delle discoteche, del costo dei biglietti differenziato in dame e cavalieri e della selezione all'ingresso.
 
"Al Nuvolari, per la prima volta, poteva entrare chiunque, senza obbligo di consumazione e selezione in base agli abiti. Nei primi libricini specificavamo di non portare i tacchi, non era necessario essere in tiro. Un cambiamento culturale pazzesco che ci portò la fama di luogo trasgressivo, critiche dietro cui si celava lo sconvolgimento di un sistema". Un concetto rimarcato, da Castoldi, nel nome stesso di Nuvolari Libera Tribù: "Un luogo legato all'esperienza del primo circolo, in cui le persone potevano stare insieme liberamente e  sentirsi parte di una comunità, come in una crew". E la crew dei nuvolariani ha dimostrato, nell'amarcord di condivisioni e commenti sulla pagina Facebook, che la musica non c'è ma continua a risuonare nell'anima. Perchè nei cuori, di chi quella stagione l'ha vissuta, il "Nuvo" non morirà mai.

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