CUNEO - Viadotto Soleri, il ponte che ha resistito alle bombe degli alleati, ma non alla veemenza dei nazisti

Ripercorriamo attraverso il libro di Camillo Fresia 'L'immane sconquasso' i bombardamenti subiti dal Ponte Nuovo dal luglio del 1944 alla fine della guerra

Samuele Mattio 02/06/2021 07:56

“I segnali di allarme si susseguono, talvolta ad intervalli di pochi minuti l’uno dall’altro per tutta la giornata, mentre il formidabile scoppio delle bombe echeggia da ogni lato scuotendo le case dalle fondamenta; e quando siano, queste, nel raggio d’azione dello spostamento d’aria, ne hanno frantumati i vetri, se non altri ben più gravi guai alle persone e alle cose”. 
 
Camillo Fresia descrisse così, nel suo ‘Immane sconquasso’, i bombardamenti alleati sulla città di Cuneo nel luglio 1944. La penna elegante e per nulla affaticata dell’anziano cronista che all’epoca aveva 84 anni suonati, raccolse in un libro le ‘impressioni e le memorie’ di ciò che accadde sull’altipiano durante l’ultimo conflitto mondiale. È alla sua opera che ci rifacciamo per ricostruire i bombardamenti subiti dal viadotto Soleri durante la guerra, fino alla distruzione di due arcate che lo rese inutilizzabile fino al ’48, ma andiamo per ordine.
 
La storia del ponte iniziò il 22 settembre 1913, con la posa della prima pietra alla presenza del re Vittorio Emanuele III e del presidente del Consiglio Giovanni Giolitti. In ossequio allo spirito cuneese nel completare le grandi opere sarebbero occorsi ancora sette anni per vederlo finito: oltre alla disgrazia che costò la vita a nove operai nel 1930 (i morti sul lavoro totali furono undici), contribuiranno a posticiparne la realizzazione vari problemi tecnici, ritardi nell’installazione degli impianti e soprattutto il dirottamento dei fondi in vista della guerra d’Etiopia. 
 
Nell’ottobre 1933 s’inaugura il tracciato stradale, ma bisogna ancora attendere quattro anni, fino al 7 novembre 1937, per vedere aperta la parte ferroviaria che collega i binari alla nuova stazione di Cuneo. Soltanto pochi anni dopo, una volta iniziata la guerra, il ponte non diventerà altro che un obiettivo da abbattere. 
 
Saltando a piè pari le prime fasi del secondo conflitto mondiale e proviamo a ricostruire quanto avvenuto negli ultimi due anni di guerra, vale a dire da quando i bombardieri alleati iniziarono a sorvolare il corso della Stura per intercettare le linee di comunicazione dei tedeschi che occupavano il territorio - per completezza d'informazione ricordiamo che i primi bombardamenti avvennero nel giugno 1940, quando i caccia d'oltralpe sganciarono una quindicina di bombe su corso Nizza, ma rispetto a quel che avverrà quattro anni dopo fu davvero poca roba.
 
Il '44 era per il Cuneese un momento delicato, con la “guerra guerreggiata” che entrava di prepotenza tra le vie dell’altipiano. “Ci eravamo illusi si fosse per sempre allontanata da noi allorché, dopo breve battagliare, stipulammo con la contigua Francia l’armistizio” scrive Fresia.
 
I primi bombardamenti aerei del 24 e 25 luglio non interessarono l’allora “grande viadotto sulla Stura”, ma colpirono il ponte promiscuo tra Borgo San Dalmazzo e Roccavione, causando quattro morti e interrompendo il collegamento ferroviario tra Cuneo e Ventimiglia. 
 
Pochi giorni dopo, il 27 luglio, le bombe iniziarono ad avvicinarsi al capoluogo. Fresia la definisce una “giornata di violenta emozione” con la popolazione che, terrorizzata, si riversò in massa nella campagna circostante. “Il panico perdura tutto l’indomani, essendo più che mai frequenti i segnali d’allarme per il quasi continuo transito di folti strormi di bombardieri. La città è disertata - racconta il cronista - Viale Angeli, specie nel tratto superiore, è affollato tanto da non potervisi muovere”. A causa dell’imprecisione dei tiri, avvenuti al mattino e al pomeriggio, i ponti di Cuneo non riportarono danni degni di nota. 
 
Tre giorni dopo l’obiettivo è il ponte monumentale sulla Stura. I bombardieri iniziano a ronzare intorno all’infrastruttura destando grande preoccupazione. “Era prevedibile - scrive Fresia - che i belligeranti dell’una o dell’altra parte abbiano, prima o poi, interesse a farlo saltare per tagliare all’avversario una via di prim’ordine ferroviaria e carreggiabile”.  L’autore del libro è un testimone privilegiato perché, nonostante vivesse da tempo nella sua residenza di Torralba (agli Angeli), era proprietario di un appartamento nel palazzo Bisalta che s’affaccia su largo De Amicis, dal quale si accede al ponte. “A giustificare i timori ecco una bomba, diretta bensì al ponte, ma che, sganciata troppo presto o troppo tardi, piomba quasi nel centro del largo, scavandovi una profonda e ampia buca. Pochi metri più a levante e per il Bisalta sarebbe stata finita”. Per il palazzo i danni furono comunque ingenti: vetri esterni e interni rotti, persiane sfasciate, danni al mobilio. Molti inquilini decisero di cercarsi un’altra sistemazione, mentre chi già lo aveva fatto portò via quel che poteva. 
 
I bombardamenti proseguirono ad agosto, e il due del mese il ponte monumentale venne raggiunto da una bomba che ne danneggiò il piano superiore, mentre la parte sottostante, ad uso ferroviario, rimase incolume. “Lo stesso giorno  - ci racconta Fresia - un velivolo bombardiere precipita sul greto di Stura e si sfascia causando la morte del personale di bordo. L’incidente è dovuto a un troppo stretto e rapido viraggio che causò lo sbandamento dell’apparecchio; ma il giornale del fascismo repubblicano volle attribuire il ‘bel colpo’ alla giustezza di tiro della contraerea tedesca cui rivolge altissime lodi”. 
 
Dall’8 al 18 di agosto gli sganciamenti continuarono, al mattino così come al pomeriggio. Allarmi praticamente a qualsiasi ora: “Scoppio di bombe, crepitìo di mitraglia, cannonate della contraerea”. In quei giorni ci furono diversi morti anche nei paesi del circondario, in particolare a Borgo San Dalmazzo. In frazione San Rocco Castagnaretta una casa venne colpita lungo la statale crollando sulla famiglia che vi abitava: tre morti.  
 
Il 19 il ritorno sul ponte monumentale, ma questa volta i danni sono limitati. A pagare conseguenze piuttosto gravi fu invece un mulino alle Basse di Stura. In quei giorni funesti morire era cosa da poco. Ii capostazione della tramvia di valle Stura - nei pressi di largo De Amicis - morì a causa dello spostamento d’aria causato da una bomba: finì sbattuto violentemente contro una parete. Altri danni riportò il palazzo Bisalta. 
 
Per i cuneesi una scelta sbagliata poteva significare vivere o morire. Restare in centro città, specie nella parte vecchia, dove nessuna bomba era ancora caduta o spostarsi nelle campagne tra le angherie dei nazifascisti? 
 
Difficile sintetizzare le fasi che seguirono in un solo articolo, ma la cronaca dell’estate è rappresentativa di quanto avvenne anche nei mesi successivi, quando gli obiettivi dei bombardamenti diventarono le ville signorili della campagna da villa Parea agli Angeli a villa Baudi di Selve a Confreria, confiscate dai tedeschi dall’oggi al domani per farne sede delle loro operazioni di comando, così come accadde a tante altre residenze di Oltrestura e Oltregesso. In quei mesi la tragedia dell’orfanotrofio di Centallo e l’eccidio della Candelora a San Benigno, solo per ricordare alcuni dei terribili fatti che sconvolsero il Cuneese in quel periodo. Nella primavera successiva, scrive Fresia: “Nella città capoluogo e nei pressi, sulle linee ferroviaria e tranviaria Cuneo-Torino , i bombardamenti, le sparatorie, i conflitti tra chi vuole interrompere le comunicazioni distruggendo i binari e chi vorrebbe mantenerle in efficienza per uso dei predatori tedeschi sono cose di tutti i giorni”. 
 
Nel mentre gli alleati avanzano risalendo verso lo stivale e i partigiani guadagnano terreno fino alla liberazione di Cuneo, avvenuta il 29 aprile 1945. Il giorno precedente il ‘nostro ponte’, che nonostante danni ingenti aveva retto ai bombardamenti alleati, dovette arrendersi alla razionale follia dei nazisti in fuga. Non era ancora spuntata l'alba quando la città fu scossa da un tremendo boato. In quel momento erano saltate in aria due arcate del “Ponte Nuovo” fino a quel momento, per dirla ancora con Fresia: “(…) oggetto di ben giusto vanto per i cuneesi che hanno udito i forestieri ammirati definirlo, per la sua originale struttura, più unico che raro in Europa”. 
 
I collegamenti via terra per l’oltrestura erano interrotti. I nazisti in ritirata, prima di dirigersi in direzione di Fossano - “dove continuarono con il loro sistema di terrore, di distruzione, di rapina e d’assassinio non a scopo di difesa, ma a semplice sfogo del congenito senso di crudeltà” - oltre al futuro viadotto Soleri, fecero saltare anche il ponte vecchio e quello a uso ferroviario. 
 
L’anno successivo - nell’agosto 1946 - iniziarono i lavori di ripristino, che una volta completati, vennero celebrati dall’inaugurazione avvenuta il 10 gennaio 1948, con la nuova intitolazione a Marcello Soleri. Camillo Fresia non fece in tempo a partecipare, morì il 17 settembre del ’46.
 

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