BORGO SAN DALMAZZO - A Borgo San Dalmazzo una mostra racconta oltre 40 storie di sportivi deportati nei campi di concentramento

Inaugurata oggi presso la biblioteca 'Anna Frank' l'esposizione 'Campioni nella Memoria', curata dall'Unione Nazionale Veterani dello Sport

Andrea Dalmasso 21/01/2020 19:19

Borgo San Dalmazzo ha ospitato uno dei quattro campi di concentramento che erano presenti in Italia, per questo noi abbiamo il dovere, più di altri, di tenere viva la memoria, non solamente in questo periodo, ma 365 giorni all’anno”. Con queste parole Roberta Robbione, vice sindaco di Borgo San Dalmazzo, ha aperto l’inaugurazione della mostra “Campioni nella Memoria - Storie di atleti deportati nei campi di concentramento”, allestita dall’Unione Nazionale Veterani dello Sport presso la Biblioteca “Anna Frank”, nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della Memoria. Più di quaranta storie, più di quaranta carriera spezzate, più di quaranta vite inghiottite dall’orrore dei campi di sterminio nazisti, raccolte in un’esposizione itinerante che dopo Borgo San Dalmazzo farà tappa anche a Boves, e che in passato ha già “viaggiato” anche oltre i confini italiani, ospitata anche da diversi ex campi di concentramento in Austria e Polonia.
 
Dopo la proiezione del filmato realizzato dal borgarino Lorenzo Fantoni in occasione della visita di Carlo Azeglio Ciampi nel 2003 e dell’inaugurazione del Memoriale della Deportazione nel 2006, è intervenuto anche il sindaco di Gian Paolo Beretta: “Abbiamo il dovere di portare avanti la memoria, affinché ciò che è stato non accada mai più. Ricordo che quando ero bambino alcuni anziani parlavano di quel che era stato il campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo, ma non c’era una vera e propria memoria collettiva, una consapevolezza concreta di ciò che era successo non molti anni prima nella nostra città. Con la realizzazione del Memoriale che abbiamo inaugurato nel 2006 e con iniziative come quella che inauguriamo oggi ci impegnamo a far sì che quei fatti non siano dimenticati”.
 
La mostra si compone di 48 pannelli che, come detto, riportano le storie di più di quaranta sportivi che hanno vissuto sulla loro pelle gli orrori della deportazione: alcuni perché ebrei, alcuni perché oppositori politici, alcuni semplicemente per aver “osato” superare gli atleti del regime nazista nelle rispettive discipline. Alcuni di loro hanno trovato la morte nei lager, altri sono riusciti a tornare, diventando testimoni di una pagina tra le più nere della storia dell’uomo.
 
Tra le storie raccontate quelle dell’allenatore di calcio ungherese Arpad Weisz, vincitore di tre scudetti in Italia con Bologna e Ambrosiana Inter, scopritore del mitico Giuseppe Meazza, morto ad Auschwitz nel 1944, ma anche quella del suo collega Cestmir Vycpalek, cecoslovacco, che dopo essere sopravvissuto alla deportazione a Dachau allenò anche la Juventus vincendo due scudetti. Ci sono poi le storie del calciatore Carlo Castellani, a cui è intitolato lo stadio di Empoli, del pugile di origini tunisine Victor “Young” Perez, dello schermidore ungherese Oskar Gerde, del pilota francese William Grover Williams, della nazionale olandese di ginnastica artistica, il cui tragico destino, dopo la fine del conflitto, rimase avvolto nel mistero per mezzo secolo. E poi ancora tanti altri ritratti, testimonianze di come la follia nazista inghiottì anche il mondo dello sport.
 
La mostra resterà visitabile fino al prossimo 5 febbraio negli orari di apertura della biblioteca.
 
 

Le date dell'evento:

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