Sabato 24 maggio alle 17 la stagione Mondovì Musica renderà omaggio allo straordinario patrimonio musicale fiorito a Venezia a partire dalla fine del XV secolo, quando la Serenissima iniziò ad attirare grazie alla sua crescente ricchezza i musicisti e i compositori più importanti d’Europa, fino al Trattato di Campoformio, che nel 1797 pose bruscamente fine all’orgogliosa indipendenza della Repubblica di San Marco. Il concerto in programma in Sala Ghislieri traccerà un vivido spaccato del Barocco veneziano, uno stile quanto mai idiomatico che influenzò per almeno due secoli le principali nazioni europee, e vedrà grandi protagonisti il Liceo Pertini Vocal Ensemble, formazione corale composta dagli allievi ed ex allievi dell’omonimo liceo di Genova, il Coro di Voci Bianche del Sistema Scuole di Musica AMR e l’Orchestra Barocca dell’Academia Montis Regalis diretti da Luca Franco Ferrari, autorevole specialista del repertorio barocco.
Il programma si aprirà nel nome di Claudio Monteverdi, il grande compositore cremonese che nei primi anni del XVII secolo rivoluzionò il gusto musicale europeo con la seconda prattica, uno stile che enfatizza al massimo grado gli affetti espressi dai testi. Dopo la Sinfonia dall’Incoronazione di Poppea, ultimo capolavoro di Monteverdi, verrà eseguito “Hor cantiamo giocondi”, il coro con cui - dopo il consenso di Venere - gli amorini esultano per le nozze di Nerone e Poppea, al quale fa poi seguito il celebre duetto «Pur ti miro, pur ti godo».
Alla generazione successiva appartiene invece Pietro Antonio Cesti, autore della deliziosa Le disgrazie d’Amore, un’opera comica e morale, che può essere considerata una sorta di via di mezzo tra una farsa grossolana e una satira ricca di allusioni salaci, con la quale vengono messi in burla gli dèi pagani e gli sfrenati eccessi causati dalle passioni amorose.
La prima metà del XVIII secolo coincise con il massimo splendore del Barocco veneziano, che poté contare non solo sull’arte inimitabile di Antonio Vivaldi - di cui verranno eseguiti il coro «Mundi rector de caelo micanti» dell’oratorio militare Juditha triumphans e l’ouverture delle serenata La Sena festeggiante - ma anche su una composita galassia di compositori che talvolta faticarono a trovare il posto che meritavano nella splendida capitale lagunare e preferirono trovare miglior fortuna in altre città. Questo fu il caso, per esempio, di Antonio Caldara, che si affermò tra i compositori di maggior spicco a livello europeo prima a Roma e poi nella corte viennese di Carlo VI sia nell’ambito operistico sia in quello sacro, come si può notare dal bellissimo Lauda anima mea. Tra gli emigrati di talento si segnala anche Giovanni Porta, che - dopo essere stato scartato nella scelta del posto di maestro di cappella della Basilica di San Marco a vantaggio di Antonio Lotti - si trasferì in tarda età a Monaco di Baviera, dove ottenne il successo che meritava.
Tra i “profeti in patria” che rimasero a Venezia per tutta la vita (fatta eccezione per un breve soggiorno a Londra) vi fu Baldassare Galuppi, passato alla storia della musica con il soprannome di “Buranello” per essere nato a Burano, che fu la figura di maggiore spicco dell’ultima fase della magnifica parabola artistica della Repubblica di Venezia con le sue opere teatrali (diverse delle quali basate su libretti del grande commediografo Carlo Goldoni) e i suoi affascinanti lavori sacri, tra i quali merita di essere menzionato lo splendido Dixit Dominus.