Non è esattamente il benvenuto che si sarebbe aspettato Domenico Boeri, capogruppo della lista Alba per Cirio, all’indomani dell’annunciato passaggio nelle file di Fratelli d’Italia. Ex presidente del Consiglio comunale nel mandato Bo, classe 1960, Boeri ha un’esperienza quasi trentennale nell’amministrazione albese dove è stato più volte consigliere, sempre con il centrodestra. Un profilo moderato (la prima elezione con l’Udc, poi sempre in lista civica), rivendicato anche nell’intervista a Giampaolo Testa su Targatocn con la quale ha annunciato lunedì la sua scelta di campo: “Sono sempre stato un uomo di destra, destra moderata intendo perché sono e resto convintamente antifascista non di maniera ma nella sostanza”. Una “professione di fede” che suscita il disappunto di Paolo Chiarenza, per decenni il massimo esponente del Movimento Sociale Italiano in provincia, poi in An e La Destra fino ad arrivare a FdI. “C’è qualcuno che lascia altre sponde politiche e aderisce a FdI - come succede ad Alba, per il solo fatto che “Forza Italia non esiste” - e si dichiara prontamente antifascista, senza avere l’ardire di dirsi anticomunista” lamenta il patriarca della destra identitaria, 87 anni compiuti a gennaio con gli auguri di chi, nel partito, gli è rimasto vicino nonostante i suoi dissidi con gli attuali vertici di FdI: su tutti, il sindaco di Valdieri Guido Giordana e la consigliera regionale Federica Barbero. “Lo diceva chiaramente ben 50 anni fa l’on. Giorgio Almirante, il fascismo è finito il 25 aprile 1945” osserva Chiarenza: “Da allora si è girata la pagina della Storia, non si può essere più né fascisti né, tantomeno, ha senso dichiararsi antifascisti. Accade invece che ancora dopo 80 anni c’è chi viene nello schieramento politico di Fratelli d’Italia dichiarandosi prima di tutto antifascista. Nessuno di noi di Destra che svolge attività politica parla di fascismo, nessuno di noi rinuncia al sistema della libertà e della democrazia né vuole un regime a partito unico”. I “nuovi venuti”, osserva, “non si rendono conto che l’antifascismo oggi praticato è uno strumento ideologico dei partiti di sinistra, è un quotidiano pretesto di assalto al governo di centrodestra. Ma detto questo, non rimane che domandare: quando ci dovessimo incontrare - e non ne abbiamo il desiderio - ci metteremo a polemizzare tra noi sul passato o ci prenderemo a male parole?”. Una domanda che rimane in sospeso, ma ripropone la difficoltà del partito ad amalgamare le sue componenti. A Cuneo, patria di Guido Crosetto, si nota forse meno che in altre parti del Piemonte, dove lo scarso feeling tra i dirigenti di estrazione moderata e gli ex aennini della “generazione Atreju” (come Andrea Delmastro e Augusta Montaruli a Roma, o Maurizio Marrone e Federico Riboldi in Regione) è già stato oggetto di puntute osservazioni. Nulla di nuovo per chi ricordi, ad esempio, le polemiche che seguirono alla candidatura dell’ex democristiano Giuseppe Menardi in quota ad An nel 2001, imposta dall’allora leader supremo Gianfranco Fini. Meloni non è Fini e certe fughe in avanti le sono estranee, un po’ per carattere, un po’ per il mutato spirito dei tempi. Resta da vedere se il successo nazionale, che finora è stato il vero “cemento” del suo partito, reggerà anche alle fessure locali.