CUNEO - Dadone (M5S): “Questa crisi non l’abbiamo innescata noi”. La dem Gribaudo: “Sgomento”

Il ministro spezza il silenzio dopo i dubbi di questi giorni e ribadisce la fiducia a Conte. La deputata borgarina affila le armi: “Il Pd è pronto per le elezioni”

Andrea Cascioli 21/07/2022 19:40

Fabiana Dadone rompe il silenzio quando il dado è ormai tratto. Lo fa con un lungo intervento sulla sua pagina di Facebook, dopo giorni di incertezza durante i quali si era parlato di una presa di distanza - sua e degli altri ministri pentastellati Stefano Patuanelli e Federico d’Incà - rispetto alla decisione di Conte di staccare la spina al governo Draghi.
 
Si era mormorato che la 38enne carrucese, parlamentare dal 2013 e reduce da due esperienze di governo consecutive, fosse tutt’altro che intenzionata a rompere qualora il capo politico del movimento avesse imposto le dimissioni ai propri ministri. Addirittura si era parlato di un avvicinamento ai transfughi di Di Maio. Non più tardi di tre settimane fa, del resto, ai microfoni di Sky Tg24 la titolare del dicastero delle Politiche giovanili aveva escluso l’ipotesi dell’appoggio esterno, indicando nella permanenza al governo la scelta giusta a fronte di “questa spinta, compresa quella mediatica, a segnalare l’attenzione di come sarebbe per noi più utile uscire dal governo”. Quanta acqua è passata sotto i ponti in appena venti giorni, come spesso accade in presenza di accelerazioni politiche.
 
“Sono stata in silenzio per diversi giorni perché crisi come questa non si affrontano a mezzo stampa, informando e disinformando secondo le esigenze, ma confrontandosi nel merito con i propri compagni di viaggio” precisa oggi Dadone. Denuncia di aver subito insieme agli altri Cinque Stelle “le offese e i vecchi giochi di palazzo: da una parte chi avvelenava i pozzi e dall’altra chi ci dipingeva come irresponsabili”. Rivendica l’opposizione alla norma sull’inceneritore di Roma nel decreto Aiuti, pietra dello scandalo su cui è franato il governo, una norma “che nulla aveva a che fare con gli aiuti alle famiglie e alle imprese”.
 
Poi la rinnovata dichiarazione di fedeltà all’ex premier e ai vertici pentastellati: “Ho detto chiaramente al mio gruppo parlamentare che se ci siamo fidati per ben due volte del presidente Conte, in un momento storico peggiore, non potevamo non fidarci ora della sua sensibilità etica e politica. È vero, non siamo stati ascoltati e siamo stati addirittura bullizzati a più riprese anche da chi pensavamo più vicino degli altri”. Dadone però non ci sta a prendersi della “sfascista”: “A chi ci etichetta come populisti solo perché abbiamo a cuore le persone, rispondo che dal 2013 siamo stati gli unici in grado di comprendere gli italiani. Questa crisi non l’abbiamo innescata noi così come non l'abbiamo conclusa, di questa crisi abbiamo semplicemente preso atto perché al netto di una narrazione che ci dipinge come pretestuosi noi siamo stati onesti, chiari e diretti dall'inizio alla fine”.
 
Di tutt’altro tenore è il commento di un’altra deputata cuneese, la democratica Chiara Gribaudo. Da parte sua c’è “sgomento” per una crisi che definisce incomprensibile: “Una scelta scellerata, mossa soprattutto da calcoli elettorali, che rischia di interrompere l’agenda sociale che con grande difficoltà stavamo costruendo insieme al presidente Draghi”. Significativo però che la parlamentare borgarina, voce della sinistra interna al Pd ma poco in sintonia con i grillini, non nomini mai nel suo intervento il Movimento 5 Stelle. Si mira al bersaglio grosso, ovvero agli avversari di centrodestra: “Se a destra pensano di avere già la partita in pugno si sbagliano di grosso. Una scelta così irresponsabile come quella di ieri peserà molto sulle prossime elezioni, sono convinta che gli italiani sceglieranno guardando con grande attenzione ai comportamenti di chi ha sfiduciato Mario Draghi e poi ipocritamente lo ha applaudito in aula”.
 
Certo, il voto in parlamento, con i democratici allineati al draghismo più ortodosso e i pentastellati artefici dello strappo definitivo, non può non pesare. In queste ore il “campo largo” che Letta aveva vagheggiato prima e dopo le elezioni amministrative sembra una chimera. “Le responsabilità sono molto chiare, e sono di coloro che non hanno partecipato al voto di ieri in Senato” ha detto chiaro e tondo il segretario, dando a intendere che un’alleanza giallorossa per le elezioni è da escludere. Ma il voto incombe e il Pd ha ben poche frecce al suo arco per provare a fermare l’avanzata di Meloni con Salvini e il “ritrovato” Berlusconi. Gribaudo dal canto suo ostenta sicurezza: “Il Partito Democratico è pronto per le elezioni. Affronteremo questa campagna con chiarezza. Adesso, come cittadina, come politica, come donna, ho solo un'ossessione: fare di tutto per impedire a forze illiberali, impreparate e con legami non chiari con la Russia di tornare a governare l’Italia”.

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