CUNEO - Enrico Costa si candida a Cuneo, ma con il “paracadute” a Milano (a scapito dell’ex sindaco)

L’ex berlusconiano, oggi vice di Calenda, scenderà in campo nel collegio uninominale. Una sfida impossibile, compensata però dalla candidatura blindata in Lombardia

Andrea Cascioli 20/08/2022 12:53

Solo quattro anni fa era uscito dalle elezioni come deputato del centrodestra, stravincendo nel collegio uninominale di Alba - ora soppresso per effetto del taglio dei parlamentari. Tra un mese sarà candidato a Cuneo per Azione e Italia Viva, dopo aver rischiato di trovarsi - da ex forzista - a rappresentare una coalizione di centrosinistra con Pd e alleati: ipotesi scongiurata solo dal “gran rifiuto” di Calenda.
 
Per Enrico Costa, ex ministro e oggi vicesegretario nazionale di Azione, la battaglia si prospetta improba. La lista formata dalla “strana coppia” Renzi-Calenda è stimata poco al di sotto del 5% nei sondaggi nazionali, mentre a Cuneo la corazzata di centrodestra viene da un 46,6% nel 2018 (il risultato con cui fu eletto il giovane leghista Flavio Gastaldi) ed è data in crescita ulteriore. Impossibile scalare una vetta così alta perfino tenendo conto dello storico supporto su cui può contare Costa - figlio d’arte del liberale Raffaele e già campione di preferenze alle regionali nei primi anni Duemila - e del radicamento di Azione nella Granda. Il partito di Carlo Calenda conta su un’estesa rete di sindaci e amministratori (tra cui ben quattro consiglieri nel capoluogo, più il deus ex machina della lista Centro per Cuneo Beppe Delfino). Molto meno diffusa la presenza dei renziani di Italia Viva, capitanati dalla sindaco di Verduno Marta Giovannini e dall’assessore scarnafigese Francesco Hellman.
 
Nessuno, quindi, ha avuto da obiettare sull’egemonia azionista (Giovannini sarà comunque in lizza sul proporzionale della Camera, alle spalle del capolista e compagno di partito Luigi Marattin). Dove invece la candidatura di Costa ha provocato parecchi mal di pancia è sotto la Madonnina. Già, perché mentre il leader Calenda si è piazzato sul plurinominale del Senato a Torino, il monregalese ha trovato il suo “paracadute” nei collegi di Milano (città e area metropolitana) e Monza e Brianza. Facendo imbufalire un altro ex forzista, Gabriele Albertini, che aspirava a guidare il polo centrista nella città di cui è stato sindaco dal 1997 al 2006. Ad Albertini non è bastata la sponsorizzazione di Maria Elena Boschi: anche nel risiko delle candidature tra calendiani e renziani, complicato da non poche incompatibilità personali, ad avere la meglio sulle ragioni dei territori è la ragion politica.

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