CUNEO - Calcio: la regola che impone l'obbligo di schierare i giovani è giusta o no? La parola ai tecnici

Con un post provocatorio Cristiano Lucarelli, ex giocatore e adesso allenatore, ha riacceso un dibattito sempre vivo. Noi abbiamo chiesto un parere a Viassi, Caridi e Telesca

Gabriele Destefanis 15/09/2023 15:11

Con un post pubblicato sui social qualche giorno fa, l’allenatore della Ternana Cristiano Lucarelli ha sollevato una questione legata agli “under” di cui da tempo si discute, soprattutto nel calcio di provincia. Perché di calcio di provincia, appunto, si parla. Quello di serie D, Eccellenza e Promozione, dove per regolamento c’è l’obbligo delle squadre di schierare alcuni giovani. L’ex bomber, attaccante di razza che ha legato la sua storia calcistica soprattutto al Livorno, ma che ha vestito anche le maglie di Valencia, Torino, Shakhtar, Parma e Napoli, si è espresso in particolare sulla serie D: “È iniziato il campionato di serie D, anche quest’anno con l’OBBLIGO delle quattro quote...siccome quasi tutti le utilizzano sugli esterni ad occhio e croce in Italia nell’ultimo decennio o forse più avremmo dovuto sfornare almeno 1000 Paolo Maldini e 1000 Maicon…”.  
 
Una riflessione volutamente provocatoria con cui, per certi aspetti, è difficile essere in disaccordo e che può tranquillamente essere allargata ad Eccellenza e Promozione, e non solo alla D. Quanti giovani talenti sono riusciti ad emergere ed affermarsi grazie a questa regola? E chi ce l’ha fatta, non avrebbe sfondato lo stesso? Quanti, viceversa, sono spariti dopo gli anni da “under”? Domande lecite, che è giusto porsi per analizzare la questione e per capire quanto effettivamente questa regola faccia bene agli stessi giovani, che spesso vengono corteggiati e inseguiti quando sono in età, per poi venire quasi dimenticati successivamente. 
 
Oggi le rose delle squadre di D, Eccellenza e Promozione sono piene di ragazzini tra i 17 e i 20 anni. I “vecchi” si devono contendere gli altri posti disponibili o andare a trovare spazio in categorie inferiori, i direttori sportivi fanno a gara per accaparrarsi i migliori giovani in circolazione e gli allenatori ogni domenica devono scervellarsi per fare la formazione. La maggior parte, come sottolineato da Lucarelli, decide di sistemare gli “under” come esterni bassi, per avere più esperienza e qualità in zone nevralgiche del campo. Molti scelgono di giocarsi la carta del portiere giovane, altri buttano nella mischia i fuoriquota anche in ruoli delicati. Scelte: a volte volute, a volte obbligate dalla qualità dei giocatori che si hanno in casa. In serie D sono quattro i giovani che devono essere in campo: un 2003, due 2004 e un 2005. Scendendo in Eccellenza e in Promozione, almeno in Piemonte (la Lnd impone un 2003 e un 2004 e lascia la scelta di allargare i fuoriquota ai singoli Comitati) 3: un 2003, un 2004 e un 2005.
 
In questo dibattito, abbiamo coinvolto alcuni allenatori che ogni domenica devono “ricordarsi” di questa regola quando compilano la formazione da mandare in campo. Fabrizio Viassi, ex Fossano, oggi all’Alba Calcio, è forse il più indicato per dire la sua sull’argomento, visto che allena da molto tempo in serie D e che i giovani li ha sempre lanciati, a prescindere dalle regole imposte: "Lucarelli per certi versi ha ragione – esordisce il tecnico -: spesso gli ‘under’ si fanno giocare da esterni bassi. Ma ci sono anche diversi casi in cui questo non accade: io, per esempio, nella mia carriera ho giocato anche con dei centrali giovani, come capitato a Fossano con Scotto, o come centravanti, vedi Galvagno, sempre a Fossano. Questo è il primo anno nel quale impiego come ‘under’ due terzini, ma perché sono bravi. Diciamo che la tendenza generale è quella, ma non è una verità assoluta”. La provocazione sull’utilità della regola, però, è raccolta dall’allenatore dell’Alba: “È ovvio che se non ci fosse l’obbligatorietà, molte squadre non farebbero giocare i giovani. Per questo dico che con determinati allenatori, è una regola che non è utile, perché se uno è bravo, anche se è giovane, gioca. Io faccio così. Altri miei colleghi magari non la pensano allo stesso modo: è ovvio che poi il giovane bisogna accettare che faccia degli errori. Ma c’è anche un rovescio della medaglia, perché grazie a questa regola alcuni giovani possono avere una occasione e dimostrare il loro valore. C’è anche da dire che a volte non si capisce come società di Lega Pro non vedano la qualità di certi giovani, come era capitato per Boloca, che finiscono a giocare in D”.
 
Scendendo di una categoria, è decisamente più tranchant Antonio Caridi, allenatore della Pro Dronero: “Credo che sia una regola che ai nostri livelli non ha senso. In serie D magari può ancora servire perché arrivano giocatori dalle squadre Primavera che hanno poi delle opportunità di emergere, ma in Eccellenza e Promozione la maggior parte, dopo la parentesi da ‘under’, finisce a giocare in categorie inferiori o addirittura smette. Se ne risente la qualità generale?  Vale lo stesso discorso: se prendi i giovani dalle formazioni Primavera no, ma quando sei costretto a far giocare ragazzi che altrimenti non ci starebbero, ovvio che il livello si abbassa. Io resto sempre convinto che se uno è bravo, gioca, giovane o non giovane. Io stesso ho vissuto questo: da ragazzino giocavo in Promozione, a Roccella; due anni dopo, a 20 anni, ero in serie D, ad Acri. E a quei tempi non c’era nessun obbligo”. Il tecnico dei Draghi è molto pratico anche per quanto concerne la questione del ruolo: “Siamo sempre lì: se il giovane è bravo, lo puoi mettere in qualunque zona del campo, viceversa se non hai giocatori ‘under’ all’altezza è più facile farli giocare sugli esterni”.  
 
Salvatore Telesca, allenatore del Saluzzo (che sarà avversario proprio della Pro Dronero di Caridi domenica), cambia la prospettiva nell’affrontare la questione: “Faccio una domanda: quanti settori giovanili ci sono che lavorano in un certo modo e che danno la possibilità ai ragazzi di dimostrare di essere all’altezza a determinati livelli? Ci sono giovani che hanno avuto cultura calcistica da allenatori che hanno insegnato loro tanto e che non hanno quindi problemi a stare in campo come dei vecchi. Il mio giovane Allasina, un 2004, è così, per fare un esempio. Certo, questa regola a volte può risultare un problema per qualcuno, ma per le società c’è anche un vantaggio economico, perché i vecchi costano di più. Per quanto mi riguarda, potrebbe anche non esistere, visto che a volte ho in campo quattro o cinque ‘under’. Il ruolo? Ho la fortuna di essere in una società con un settore giovanile importante, quindi posso scegliere tra giovani di qualità e non guardare in quale zona del campo impiegarli”. La conclusione, comunque, è sempre la stessa: “Regola o non regola, il giovane se è bravo deve giocare”. 

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