BORGO SAN DALMAZZO - Con l'oro nel parallelo di Cortina Marta Bassino ha spezzato un digiuno lungo 24 anni

Era dal 1997 che un'azzurra non saliva sul gradino più alto del podio ai Mondiali: allora a trionfare furono Isolde Kostner e Deborah Compagnoni

foto Coni

a.d. 17/02/2021 09:18

Marta Bassino aveva meno di un anno quando nel febbraio del 1997 Isolde Kostner e Deborah Compagnoni regalavano all’Italia ben tre medaglie d’oro nei Mondiali di casa al Sestriere. Allora, nel cuore dell’epopea delle due atlete più vincenti della storia dello sci azzurro, era difficile da prevedere, ma in quel momento si stava aprendo un digiuno che sarebbe durato per ben ventiquattro anni. Per rivedere un’azzurra sul gradino più alto del podio ai Mondiali di sci alpino, infatti, è servito aspettare che il talento di Marta Bassino crescesse e sbocciasse. Nelle rassegne iridate successiva a quella del 1997 per le donne dello sci italiano sarebbero arrivati diversi podi, ma mai una medaglia d’oro: un’astinenza che si è fermata ieri, martedì 16 febbraio 2021, spezzata a Cortina dalla campionessa di Borgo San Dalmazzo. Campionessa, termine che si può utilizzare senza il timore di scivolare verso l’iperbole, per un’atleta che ha dimostrato di saper mantenere nervi saldi e livelli di prestazione altissimi anche nei momenti più decisivi, come le fasi finali di un parallelo Mondiale. 
 
Campionessa anche di stile e onestà, in quel suo riconoscere senza alcun problema, a fine gara, quel pizzico di fortuna che le ha dato una spinta verso la medaglia d’oro. Ma la fortuna, lo ha scritto lei stessa in un post pubblicato su Instagram, aiuta gli audaci, e di certo da sola non basta per ottenere i risultati straordinari che sta raccogliendo in questa stagione: sarebbe ingeneroso ridurre tutto a una mera questione di buona sorte. Quella buona sorte che non basterà domani, giovedì 18 febbraio, nel Gigante che vedrà Marta Bassino la favorite d’obbligo per una medaglia e che lei ha già messo nel mirino davanti ai microfoni subito dopo l’oro in parallelo, dimostrando la “fame” tipica dei fuoriclasse. Dei campioni, appunto.
 

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