CUNEO - 'Io c'ero quando Gino Bartali vinse il Tour e salvò l'Italia dalla rivoluzione'

Tra gli ospiti più applauditi alla presentazione della Cuneo-Pinerolo Vittorio Seghezzi: classe 1924, è l'ultimo superstite della tappa che nel 1949 consacrò il mito di Fausto Coppi

Andrea Dalmasso 06/04/2019 00:12

Nato nel 1924, lucidità e spirito da far invidia a tanti giovani. Vittorio Seghezzi, bergamasco di Romano Lombardo, è stato tra gli ospiti più applauditi durante la presentazione della Cuneo-Pinerolo, dodicesima tappa del Giro d'Italia 2019, presso l'auditorium “Varco” di Cuneo. Seghezzi era alla partenza della Cuneo-Pinerolo il 10 giugno del 1949, il giorno in cui Fausto Coppi da campione si trasformò in mito: quel giorno il “Campionissimo” realizzò un capolavoro sportivo di proporzioni epocali arrivando al traguardo con 12 minuti di vantaggio su Gino Bartali e 19 su Alfredo Martini, dopo una fuga i limiti dell'umano lunga 192 km. Vittorio Seghezzi è l'unico corridore ancora in vita tra quelli che quel mattino partirono da Cuneo.
 
Ricorda quel giorno con sorprendente lucidità, il novantacinquenne lombardo, che lungo le prime rampe del colle della Maddalena era già in fuga insieme a Bartali, Coppi e alla maglia rosa Adolfo Leoni. Fu lì che il “Campionissimo” si alzò sui pedali e se ne andò verso la leggenda. Racconta Seghezzi: “Quando lo vidi alzarsi sui pedali gli dissi: 'Ma dove vai? Resta qui, che da solo farai più fatica!'. Mi rispose: 'Vado'. La realtà è che quando Fausto partiva non potevi fare altro che salutarlo. Era un Dio, lo è stato anche per me”. I ricordi che legano l'ex ciclista lombardo a Coppi sono molti: “Lui si sposò a Sestri, io a Loano, in Liguria spesso ci allenavamo insieme. Ero più in confidenza con lui rispetto a quanto non lo fossi con Bartali. La sua morte prematura mi fece molto male. Mi rende triste in generale pensare che i miei compagni di quegli anni sono tutti morti”.
 
Seghezzi, che oggi vive a Castelletto Ticino sul lago Maggiore, ha però ricordi legati anche a Gino Bartali, di cui era gregario al Tour del '48: “L'Italia era sull'orlo di una rivoluzione dopo l'attentato a Palmiro Togliatti, ricordo benissimo quando i Ministri (Giuseppe Pella e Pietro Campilli, ndr) vennero a raccomandarsi con Gino: una sua vittoria avrebbe potuto “salvare” il paese. Eravamo a Cannes quando ci giunse la notizia dell'attentato. Io ero pronto a combattere, avevo ancora in casa le armi di quando ero partigiano. Ma Gino vinse il Tour e in Italia le acque si calmarono. Tengo molto a ricordare quei giorni”. I ricordi di Seghezzi vanno anche più indietro negli anni, vanno a quella Resistenza alla quale, come già anticipato, partecipò attivamente da partigiano - così come altri ciclisti, come lo stesso Bartali e come Settimio Simonini - tesserato per il Comitato di Liberazione Nazionale: “Facevo la staffetta, trasportavo corrispondenza in bicicletta. Non sono un eroe, ma sono contento di aver contribuito a salvare qualche vita”.
 
I ricordi di Seghezzi sono nitidi, dettagliati. Come si arriva così a 95 anni? Il lombardo non ha dubbi: “I segreti sono tre: non fumare, mangiare solo il necessario e fare l'amore solo con la propria moglie!”. Quando gli si chiede un commento sul ciclismo moderno, invece, taglia corto: “No comment”.  
 
Sul palco dell'auditorium cuneese Seghezzi, tra ricordi e riflessioni, ha divertito e fatto riflettere il pubblico, “duettando” anche con Mario Cipollini, “bacchettato” simpaticamente per la sua fama da donnaiolo. L'ex gregario di Gino Bartali sarà a Cuneo il prossimo 23 maggio per la partenza della Cuneo-Pinerolo, a settant'anni da quel giorno in cui si ritrovò ad essere testimone oculare di una pagina storica del ciclismo italiano e mondiale.


Notizie interessanti:

Vedi altro