CUNEO - Riccardo Piatti al Country di Cuneo: “Chi sarà il prossimo a battere Sinner e Alcaraz? Lo sto cercando..."

Il noto allenatore di tennis è intervenuto presso il circolo cuneese per raccontare la sua esperienza e il suo percorso

Piero Coletta 20/06/2025 12:41

Ha allenato tennisti come Omar Camporese e Renzo Furlan, ma anche fuoriclasse del calibro di Ivan Ljubičić — ex numero 3 al mondo e vincitore del prestigioso Masters 1000 di Indian Wells, il cosiddetto “quinto Slam” — , Novak Djokovic, detentore di 24 titoli dello Slam, Richard Gasquet e Milos Raonic. E soprattutto Jannik Sinner, seguito da Piatti dal 2013 fino al 2022, protagonista insieme a lui di quello che è stato definito il “miracolo delle Pleiadi” assieme a Carlo Bucciero. La cornice del Country Club di Cuneo ha fatto da sfondo ieri a due momenti intensi e diversi, in un evento promosso e organizzato da Gino S.p.A.: il primo ha visto gli appassionati della racchetta vivere l’emozione di essere allenati per un giorno proprio da Piatti, che ha anche scherzato con i partecipanti, regalando un tocco di leggerezza a una giornata di sport e passione. “Mi avevano detto che erano una decina di bambini… Spuntavano dietro ai cespugli (ride)”. Un bel segnale per il movimento tennistico cuneese, questo entusiasmo. 
 
La seconda parte è stata improntata invece al confronto all’interno della sala principale del noto club cuneese, dove l’allenatore ha raccontato aneddoti e segreti del suo sport, così affascinante e allo stesso tempo molto complicato. All’evento erano presenti l’assessore allo Sport del Comune di Cuneo Valter Fantino, Stefania Canale (Dealer Operator BMW e MINI del Gruppo Gino), il vicepresidente del circolo Francesco Villani e Moreno Baccanelli. L’incontro è stato moderato dal presidente del Country Alberto Maniscalco. 
 
Dal tennis giocato al racconto, a prendere la parola dopo i consueti ringraziamenti è stato Piatti. “Io faccio quello che mi piace fare, insegnare a giocare a tennis. Poi ho avuto anche la fortuna di trovare nel mio percorso delle persone con delle qualità per poter diventare dei campioni. Le mie due passioni sono quelle di allenare e di cercare e crescere nuovi campioni. Nel nostro modo di allenare noi non cerchiamo di cambiare i colpi, noi cerchiamo di ordinare i colpi e i vostri giochi. Se si inizia correttamente il gioco del tennis diventa uno sport semplice, non complicato. Lo diventa quando si deve fare l’agonismo, quella è la parte più difficile”. Ha proseguito poi riflettendo sulle qualità umane e professionali che hanno accomunato lui e i giocatori che ha seguito. “In quarant’anni ho avuto la fortuna di allenare giocatori con tanta ambizione e dedizione, molto rigorosi. Io mi definisco mono pensiero, penso sempre a cosa fare per poter fare meglio. Ho avuto questa fortuna, che combaciava con la tipologia di ragazzi. Per arrivare ad un certo livello il rigore è tra le cose più importanti. Anche fuori dallo sport ho trovato persone che ragionano più o meno come me”. 
 
Piatti ha ripercorso le tappe salienti della sua lunga attività da allenatore, segnata dall’incontro con atleti ambiziosi e rigorosi, partendo addirittura dalle Pleiadi: “Ho lavorato per quattro-cinque anni nella Federazione Italiana Tennis, ero anche nel settore tecnico. Poi nell’88 sono andato via e sono venuti con me dei ragazzi: Caratti, Modergnan e Brandi. Mi sono imputato e hanno ottenuto grandi risultati. Da lì è scattata la mia passione, mi sono detto che se riuscivo a formare dei professionisti potevo fare di più. Fortuna ha voluto che un ragazzo della Croazia è arrivato alle Pleiadi. Ivan Ljubičić è diventato numero tre al mondo. In quel periodo è arrivato poi un ragazzo, Nole Djokovic. L’ho allenato per un anno, ma essendo già con Ljubičić, che era nei primi dieci, non potevo seguirlo appieno. Lui poi ha vinto 24 Slam. Ho dovuto decidere con il cuore di andare con Ivan. Un mio amico ogni tanto mi dice 'col cuore a volte si sbaglia', ma io preferisco lavorare con il cuore. Andando avanti mi rendevo conto che l’idea di costruire un futuro numero uno al momento ce l’avevo. Anche lì, arrivò Jannik quando aveva tredici anni con un progetto. Un progetto che si è svolto tranquillamente per vari motivi”. 
 
Qui Piatti torna a parlare della fine del rapporto con l’atleta altoatesino: “Lui è arrivato nono al mondo, poi mi sono separato felicemente. Ora conduco una vita normale, perché allenare dei giocatori vuol dire seguire la loro vita. Ora vivo la mia, ma penso così come tante altre persone, che per avere dei successi bisogna sempre lavorare con elementi validi e competenti. Ora ho anche un centro, adesso azienda e per la quale ho un general manager. Il mio istinto però è sempre quello di trovare giocatori. Ora l’idea è questa: tra dieci anni chi sarà quello che batterà Alcaraz o Sinner? Quindi c’è questa tipologia di ricerca che mando avanti, mi piace pensarla così”. 
 
Secondo Piatti però, l’esplosione del tennis in Italia non è eccezionale, ma è la normalità: “Secondo me è una cosa normale, finalmente siamo diventati uno sport normale. Perché con tutti i circoli, gli appassionati e i maestri alla fine ci sono i risultati. Al Roland Garros avevo fatto notare la grande quantità di numeri uno tra Spagna, Germania, Austria, Svizzera, Svezia, Serbia e ora anche l’Italia. Così ho chiesto cosa stava facendo la Francia. Non possiamo pensare che i campioni nascano. Sicuramente le persone con attitudine nascono, ma siamo stati noi a perderle. Adesso la federazione non perde più i pezzi che i circoli producevano. Ora siamo la normalità, con l’eccezione di Sinner che è numero uno. Certamente se ci sono delle buone basi è più facile che questi campioni crescano”. 

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