BRA - A Cheese la consegna del Premio Resistenza Casearia

Un riconoscimento che celebra chi continua a produrre formaggi e alimenti rispettando naturalità, tradizione e benessere animale

19/09/2025 16:46

Il Premio Resistenza Casearia è il riconoscimento che, a partire dal 2009, Slow Food assegna a ogni edizione di Cheese a quei pastori, casari, studiosi e appassionati che rifiutano le scorciatoie dell’industria e che testardamente continuano a produrre formaggi e alimenti rispettando naturalità, tradizione e benessere animale. La passione e la dedizione che dimostrano nella loro ricerca della qualità mantiene vivo uno straordinario patrimonio di competenze e paesaggi tradizionali. Si tratta di produttori di piccola scala che, nonostante il duro lavoro, i rischi e l’isolamento che comportano le loro scelte, continuano a resistere. I vincitori sono stati selezionati sulla base del loro impegno non solo nella produzione di formaggi naturali a latte crudo, ma soprattutto nell’allevamento equo e rispettoso degli animali. Ecco i premiati. Un giovane casaro/pastore/allevatore che ha scelto di vivere in montagna e continuare a produrre e allevare, nel solco della tradizione Lara e Silvia Pennati - Piemonte MOTIVAZIONI DEL PREMIO Le giovani sorelle Lara e Silvia Pennati vivono a Formazza, il comune più a nord del Piemonte. Allevano 60 vacche Brune Alpine a 1300 metri di altitudine. Hanno una stalla modernissima, con robot e sensori che controllano costantemente la qualità del latte. Ma la maggior parte del tempo lo trascorrono al pascolo: si prendono cura di quasi cento ettari fra prati stabili e pascoli. Senza di loro queste terre sarebbero abbandonate. Producono eccellenti formaggi a latte crudo, come il Formazza, e poi una ricotta salata grande quanto un'anguria, la tradizionale mascherpa. Siamo orgogliosi che siano entrate nel Presidio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli. Le sorelle Lara e Silvia Pennati vivono a Formazza (Verbano-Cusio-Ossola), il comune più settentrionale del Piemonte, quaranta chilometri a nord di Domodossola. A circa 1300 metri allevano una sessantina di vacche di razza Bruna Alpina, producono formaggi, gestiscono circa cento ettari di prati e pascoli e fanno fieno. In una parola, si prendono cura di un territorio fragile, come molte delle aree interne italiane. La loro azienda, Formazza Agricola, è tra i produttori del Presidio Slow Food dei prati stabili e pascoli e i formaggi sono prodotti rigorosamente con latte crudo perché “permette di trasferire sapori e proprietà nutrizionali uniche dell’erba al prodotto finito”. La loro è una storia di passione, di tradizione e di innovazione. La stalla è modernissima, con robot e sensori che controllano costantemente la mungitura e qualità del latte, ma i formaggi vengono fatti senza starter industriali né conservanti e additivi: c’è il Formazza, pasta semicotta morbida ed elastica, il Walserino, stagionato su assi di abete rosso in grotta per almeno due mesi, il Sümmer, che come suggerisce il nome si produce solo in estate, e la Mascherpa, una ricotta salata e stagionata segnalata anche sull’Arca del Gusto di Slow Food. “Formazza per noi è casa – raccontano le sorelle Pennati –. Abbiamo sempre vissuto il mondo agricolo e avuto a che fare con gli animali. Siamo cocciute e ci sentiamo un po’ custodi di questo territorio: se non facessimo pascolo e sfalcio, in pochi anni il nostro paese diventerebbe un bosco, ci sarebbero più problemi di dissesto idrogeologico e un po’ per volta chiuderebbero tutti, dall’albergatore al panettiere”. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Michele Quaglia, direttore commerciale e brand di gruppo di Reale Mutua. 2) Una persona che si è impegnata per preservare prati stabili, pascoli e altri ecosistemi importanti per la salvaguardia della biodiversità Andrea Cippitelli - Lazio MOTIVAZIONI DEL PREMIO Nel Viterbese, in un territorio invaso dalla monocoltura del nocciolo, Silvia e Andrea hanno deciso di resistere, e di fare una scelta completamente diversa. Anno dopo anno, hanno rigenerato la fertilità del suolo e migliorato la biodiversità dei prati con il metodo del pascolo razionale. Nella loro fattoria allevano vacche di diverse razze (Pezzate Rosse, Maremmane, Chianine), pecore (di razza Massese e Appenninica) e suini. Tutti gli animali sono liberi di muoversi, mangiare, bere e dormire all'aperto, giorno e notte. Il loro metodi di allevamento non solo salvaguardano la natura, ma la migliorano, la rigenerano. Con il latte crudo, Silvia e Andrea producono ottimi formaggi. Siamo felici di averli con noi, fra i produttori del Presidio Slow Food dei prati stabili e pascoli e di consegnare loro questo premio. Fattoria Faraoni è il nome del progetto agricolo di Andrea Cippitelli e di Silvia Faraoni, che nel 2007 hanno deciso di rilevare la tenuta di Sutri, nelle campagne di Viterbo, e allevare vacche per produrre formaggi e carne. A una condizione: lasciare gli animali al pascolo, pur trovandosi ad appena trecento metri di altitudine. “Ci troviamo in un territorio fortemente interessato dalla coltivazione di nocciole – spiega Andrea – e l’avanzata dei noccioleti riduce la disponibilità dei terreni agricoli disponibili, oggi al 90% destinati a quella specifica coltura. Noi abbiamo deciso di resistere a questa tentazione: lo abbiamo fatto con lo sguardo rivolto al futuro, per lasciare alle prossime generazioni uno spiraglio, una possibilità agricola alternativa alla nocciola”. Anno dopo anno, Andrea e Silvia hanno ristabilito la fertilità del suolo, seminando essenze miglioratrici e piante come la gramigna, per dare struttura e solidità al terreno e risolvere i problemi idrogeologici. “In pochi anni, grazie a metodi tradizionali di semina e trasemina e con l’aggiunta del solo letame prodotto in azienda, abbiamo triplicato la produttività dei pascoli, gestiti secondo un approccio razionale” spiega Cippitelli. Oggi Fattoria Faraoni è tra i produttori del Presidio Slow Food dei prati stabili e pascoli. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Alessandro Stocchi, responsabile dell’Associazione Assaggiatori Parmigiano Reggiano. 3) Un allevatore o un'allevatrice che si è adoperato/a per la salvaguardia di una razza autoctona a rischio di estinzione Francesco D'Innocenzio - Puglia MOTIVAZIONI DEL PREMIO Francesco D’Innocenzio fa l’allevatore, come il padre e il nonno. E come il padre e il nonno alleva una razza molto particolare, la pecora Gentile di Puglia. Una razza rustica, che si è adattata perfettamente  al territorio pugliese di cui è originaria: l’antica Daunia e la Capitanata, nel Foggiano. Per secoli ha rappresentato il simbolo della pastorizia transumante e ha raggiunto la sua massima diffusione a partire dal 1400, quando la sua lana – una delle migliori al mondo –  era impiegata per creare tessuti raffinati e venduta in tutta Europa. 50 anni fa i capi di pecora Gentile di Puglia erano più di un milione, oggi sono poche migliaia e se questa razza non è scomparsa, il merito è di una manciata di allevatori lungimiranti. Il premio a Francesco D'Innocenzio, che rappresenta il Presidio Slow Food della razza Gentile di Puglia, è un riconoscimento della tenacia sua e di questo gruppo di allevatori. Francesco D’Innocenzio fa l’allevatore, come il nonno e il padre. La sua azienda, la Masseria Salecchia a Bovino, nel Foggiano, è specializzata nella pecore di razza Gentile di Puglia. Si tratta di un ovino noto e apprezzato già in epoca romana per la finezza della lana, che presenta un micronaggio (cioè la sottigliezza del filato) intorno ai 20 micron, come le lane più pregiate al mondo. Una cinquantina di anni fa gli esemplari di pecora Gentile di Puglia erano più di un milione e la transumanza era pratica diffusa. Oggi sono poche migliaia e se la razza non è del tutto scomparsa il merito è di una manciata di allevatori lungimiranti. “Mio padre, insieme ad altre quattro o cinque persone, pur vivendo negli anni del boom degli incroci con le razze estere, è rimasto fedele alla Gentile, di fatto conservandola” ricorda oggi Francesco, che è anche il referente dei produttori del Presidio Slow Food e della neocostituita cooperativa Allevatori di Gentile di Puglia, cui aderiscono diversi allevatori tra Puglia e Molise. La passione è una questione di famiglia: “Da piccolo, trascorrendo tutta l’estate in masseria, profumi e sensazioni mi sono rimasti dentro:vedevo trasformare il latte, sentivo l’odore della legna che bruciava e del latte che si scaldava”. La Gentile, oltre ad avere una triplice attitudine – lana, carne e latte – ha il grande valore aggiunto di essere una razza autoctona ben adattata all'ambiente: “Riesce a sfruttare prati e pascoli che altrimenti sarebbero inselvatichiti. Quando vengono a trovarmi gli amici mi chiedono come faccio a tenere i terreni così ben puliti: io, scherzando, rispondo che ho dei tosaerba ecologici”. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Paola Dellamonica, responsabile marketing e comunicazione di Pastificio Di Martino. 4) Un produttore straniero, un migrante, che pratica in Italia l'arte casearia o l'allevamento Pavel Sabau, Azienda Òlzeri – Piemonte MOTIVAZIONI DEL PREMIO Il Bettelmatt è un formaggio iconico, straordinario per la qualità, per i luoghi in cui si produce, nelle valli del nord del Piemonte, e per le persone che ne tramandano la tecnica di lavorazione. Tra queste, c'è la famiglia Òlzeri, che qualche anno fa ha aperto le porte a Pavel Sabau. Pavel è arrivato dalla Romania, ha fatto l'operaio in varie parti d'Italia e poi è approdato nel piccolo paese di Baceno, sulle Alpi. Cercava lavoro e ha trovato un mestiere, un'arte. E' diventato un casaro bravissimo e oggi le forme di Bettelmatt prodotte con il latte crudo delle vacche che pascolano sull'alpe Sangiatto, a oltre 2000 metri, sono le sue. Il figlio ventenne lavora con lui e cura la stagionatura dei formaggi. Lo premiamo perché ha dedicato il suo impegno e le sue energie, senza riserve, a un formaggio che esprime un’identità culturale alpina forte, che è diventata anche la sua. Pavel Sabau ha 49 anni, è nato in Romania e da dieci anni fa il casaro per l’azienda La Torre Òlzeri Adolfo & C,: d’estate, agli oltre duemila metri dell’alpe Sangiatto, nel territorio comunale di Baceno (Verbano-Cusio-Ossola) produce il Bettelmatt, una toma d’alta montagna a latte crudo, prodotta esclusivamente in alpeggio e con il latte di una sola mungitura: se ne ottengono quindici o sedici forme al giorno. “Ho lasciato la Romania a 14 anni – racconta Pavel, che ormai in azienda tutti chiamano affettuosamente Paolo, a indicare quanto ormai sia uno di famiglia – e prima di arrivare in Piemonte ho vissuto a Roma, in Sicilia, ad Ancona, facevo l’operaio”. Il mestiere del casaro l’ha imparato a Baceno, dove è arrivato perché un amico gli aveva detto che c’era bisogno di un operaio per mungere le vacche e gestire il bestiame di un’azienda agricola. “Quando ha iniziato a collaborare con noi abbiamo notato che era molto dinamico” spiega Luca Òlzeri, il titolare dell’azienda, insieme al fratello Fausto e ai genitori Adolfo e Fiorella. “I primi anni stava da noi soltanto d’inverno: pensavo che d’estate tornasse a casa dalla sua famiglia. Quando ho scoperto che andava a lavorare in Francia, gli ho proposto di restare qua tutto l’anno”. Pavel nel tempo è diventato un casaro bravissimo e oggi vive a Baceno con la sua famiglia. I due figli maschi sono diventati suoi colleghi: uno gli dà una mano d’estate in alpeggio, l’altro collabora con l’agriturismo. “Qui mi trovo bene e il lavoro mi piace. Faccio una cosa bella, anche se richiede un po' di sacrifici: d’estate si inizia alle 5 e si finisce la sera tardi”. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Simone Bigotti, amministratore delegato di BBBell. 5) Una donna casara/pastora/allevatrice che svolge un ruolo cruciale nella conservazione dei saperi e delle tradizioni - Premio intitolato ad Agitu Ideo Gudeta Carmelina Colantuono – Molise MOTIVAZIONI DEL PREMIO Carmelina Colantuono è una pastora transumante: ogni anno, alla fine della primavera, parte da San Marco in Lamis, sul Gargano, e porta le sue 350 vacche, in gran parte di razza Podolica, sulle montagne del Molise, alla ricerca di pascoli. Percorre 180 km di tratturi, gli antichi sentieri della transumanza, larghi più di 100 metri. Carmelina custodisce questo rito antico, che nel 2019 è stato dichiarato Patrimonio Immateriale dell'Umanità dall'UNESCO. Ma lo porta avanti con spirito moderno: oggi con lei camminano sul tratturo tante persone che vogliono scoprire un territorio, un mestiere, un modo di relazionarsi con gli animali. È una donna tenace, proprio come la nostra cara Agitu Ideo Gudeta, a cui dedichiamo questo premio. Carmelina Colantuono è una pastora transumante: ogni anno, alla fine della primavera, parte da San Marco in Lamis (Foggia) per portare le sue vacche, tra i trecento e i trecentocinquanta esemplari di razza Podolica e qualche Pezzata rossa, al pascolo in altura in Molise, nella zona tra Frosolone e Carpinone (Isernia), la cosiddetta Montagnola molisana. Lo facevano i suoi nonni, e anche prima: “Rappresento la quinta generazione della mia famiglia – racconta Carmelina –. Attraversiamo a piedi più di venti comuni lungo i famosi tratturi, i sentieri larghi 111 metri, e dormiamo all’addiaccio. Lo facciamo perché i nostri animali vivono secondo natura: non abbiamo stalle, perciò quando fa caldo ci spostiamo verso la montagna, a quote che superano i 1300 metri, e quando arriva l’autunno scendiamo in pianura”. La transumanza richiede quattro o cinque giorni, con tratte di quaranta, cinquanta o persino sessanta chilometri al giorno. Quel che può sembrare una pratica bizzarra e fuori dal tempo, è una realtà importante anche per la salvaguardia dei tratturi e dei sentieri, che altrimenti verrebbero abbandonati. E sebbene nel 2019 la transumanza sia stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco, le difficoltà per Carmelina e le sue vacche sono sempre di più: “Da alcuni anni, prima per il Covid, poi per la brucellosi e ora per la Blue Tongue, non abbiamo più avuto le autorizzazioni per movimentare gli animali – spiega – e così abbiamo dovuto portare gli animali sui camion. Non ho mai pensato di interrompere la tradizione della transumanza, spero soltanto che le leggi non ci facciano cambiare idea: molte norme, negli ultimi tempi sembrano andare nella direzione di distruggere le piccole aziende, anziché incentivarle e sostenerle”. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Lucia Fracassi, direttrice generale eViso. 6) Un anziano casaro/pastore/allevatore, custode di un sapere antico e punto di riferimento per le nuove generazioni Antonio Crudo – Calabria MOTIVAZIONI DEL PREMIO Antonio Crudo è un anziano pastore e casaro dell’Altipiano Vibonese, in Calabria, zona di origine di un pecorino antichissimo, citato già nel 1600. Ha trasmesso il suo sapere al figlio Gabriele che continua a fare formaggio in una terra difficile, dove oltre alle sfide comuni a tutti i piccoli produttori che allevano e lavorano il latte crudo, ci sono i rischi e i pericoli legati alla volontà di tenere, sempre e comunque, la schiena dritta. Antonio continua a lavorare ogni giorno: anche in questo momento sta facendo il formaggio, con il latte crudo delle sue pecore di razza comisana, sarda e malvizza, allevate allo stato brado per buona parte dell’anno. Antonio Crudo è un anziano pastore dell’Altipiano Vibonese, in Calabria, a circa 700 metri di altitudine, e produce un pecorino a latte crudo antico, che è Presidio Slow Food. La sua lunga esperienza nell’allevamento e nella caseificazione è stata tramandata al figlio Gabriele, che prosegue una tradizione iniziata dai nonni. “Sono l’unico figlio che ha proseguito questo lavoro – spiega –. Perché lo faccio? Perché papà mi ha insegnato e trasmesso la passione per gli animali, per la terra, per la lavorazione dei formaggi. Appena me ne vado anche solo per poco tempo, tutto questo mi manca: qua ci sono nato e cresciuto, per questo cerco di curare i miei luoghi. Ci metto passione e volontà, affinché migliorino sempre di più”. Il Presidio Slow Food del pecorino a latte crudo dell’Altopiano Vibonese si produce tra novembre e maggio lavorando il latte di pecore di razza Comisana, Sarda e in alcuni casi di Malvizza. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Carlo Sambarino, responsabile territoriale retail Piemonte Sud di BPER Banca. 7) Una persona o una associazione che abbia saputo valorizzare la lana, tramite tecniche tradizionali o innovative Cristina Ferrarini – Veneto MOTIVAZIONI DEL PREMIO Cristina Ferrarini è un po’ allevatrice e un po’ artigiana. In Lessinia, alleva una trentina di pecore e 25 alpaca e, con la loro lana pregiata, realizza filati, feltro, matasse, e li colora con tinture naturali. Per lei l’allevamento è prendersi cura: degli animali e dei pascoli, ma anche salvare dall'estinzione una razza; per questo fa parte del Presidio della pecora Brogna. La sua bottega-laboratorio è un luogo vivo, dove il sapere antico incontra la sperimentazione e la creatività. Prima di intraprendere questo percorso faceva tutt’altro nella vita: ha imparato questo lavoro da zero, guidata da una grande passione. Nell’azienda agricola nata dalla sua intuizione oggi lavorano anche il marito Andrea e i figli Michele ed Elisa. Cristina Ferrarini è un po’ allevatrice e un po’ artigiana. In Lessinia, alleva una trentina di pecore di razza Brogna e circa 25 alpaca e con la loro pregiata lana realizza filati, coperte e sciarpe, accessori in feltro e matasse. Le sue sono lavorazioni artigianali, impreziosite dalle tinture naturali, che intrecciano tradizione e innovazione. Attraverso l’Associazione per la tutela della pecora Brogna che è anche un Presidio Slow Food, di cui fanno parte allevatori di piccola scala tra le province di Verona e di Vicenza, è impegnata a contrastare l’abbandono della razza ovina, cercando di sviluppare una filiera non soltanto alimentare ma imperniata soprattutto sul riutilizzo della lana. “C’è tanta correlazione tra quel che succede in stalla e ciò che poi si fa in laboratorio” spiega Cristina. Quest’anno l’associazione, di cui è vicepresidente, ha raccolto circa 2700 chili di lana da dieci allevatori: “L’abbiamo dovuta mandare a Biella per il lavaggio, una cosa che un singolo allevatore non avrebbe potuto fare. Ecco perché essere un gruppo è importante”. La lana, una volta lavata, viene acquistata da Cristina che in laboratorio la lavora per farne filati da vendere sul mercato dell’hobbistica tessile, agli appassionati della maglia e dell’uncinetto: la sua bottega-laboratorio è un luogo vivo, dove il sapere antico incontra la sperimentazione creativa. Nell’azienda agricola a conduzione familiare nata dalla sua intuizione oggi lavorano anche i suoi figli Michele ed Elisa, oltre al marito Andrea. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Daniela Balestra, vice presidente vicaria di Confartigianato Cuneo. 8) Un attivista o una attivista che abbia condotto battaglie importanti per i valori della resistenza casearia Nicolas Floret – Francia MOTIVAZIONI DEL PREMIO Nicolas Floret è il fondatore e presidente dell'Association Fromages Naturels de France, creata nel novembre 2019 per difendere i formaggi francesi tradizionali e a latte crudo. Una comunità che comprende anche 6 Presìdi. Quando Cheese si avvicina, Nicolas, insieme ad altri produttori, organizza una vera e propria carovana che attraversa tutta la Francia per incontrare casari e pastori, raccogliere i loro formaggi e portarli a Bra, in uno stand collettivo che è un concentrato di energia, intelligenza e allegria. E noi vogliamo premiare questa energia, questa voglia di conoscere e di stare insieme.  Vogliamo dare questo premio ai nostri amici francesi, anche in memoria di un grande, straordinario pastore, Luc Falcott, produttore del Presidio della Brousse du Rove, che è mancato qualche giorno fa. Nicolas Floret è il fondatore e presidente dell’Association Fromages Naturels de France, creata nel novembre 2019 con l’obiettivo di mettere in rete i Presìdi Slow Food e, più in generale, difendere formaggi francesi tradizionali e il latte crudo. Per la terza volta Nicolas e gli altri produttori hanno organizzato una vera e propria carovana che ha attraversato tutta la Francia per incontrare casari e pastori, raccogliere i loro formaggi e portarli a Cheese, in uno stand collettivo. L’obiettivo della carovana è visitare aziende e pascoli, mettere in rete i produttori dei Presìdi francesi, perché possano scambiarsi idee sui problemi, le soluzioni, le principali sfide del futuro: dai cambiamenti climatici alla creazione di nuovi futuri Presìdi Slow Food, dall’impegno per il benessere degli animali all’uso di fermenti naturali. Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Rolando Bossi, amministratore delegato di Radeberger Gruppe Italia e creatore di QBA Quality Beer Academy.

c.s.

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