Nel giorno in cui il mondo celebra la Giornata Mondiale della Biodiversità, Pollenzo ha dato vita alla prima edizione dei Dialoghi di Pollenzo, una nuova piattaforma culturale e scientifica ideata dall’Università di Scienze Gastronomiche insieme alla Fondazione Patto con il Mare per la Terra. Un evento che intende affermarsi come appuntamento annuale, punto di incontro tra saperi umanistici, scientifici, istituzionali, imprenditoriali.
“Pollenzo come laboratorio di pensiero”
Ad aprire i lavori è stato il Rettore Nicola Perullo, che ha evidenziato come l’università debba essere “luogo di relazioni e rigenerazione, dove si riflette insieme a partire dai processi del cibo, per pensare una visione ecologica della conoscenza e della società”. Perullo ha ribadito l’importanza di tenere viva la tensione etica e politica dell’accademia: “La biodiversità non è solo un concetto biologico, è un principio politico e pedagogico”.
Carlo Petrini, presidente dell’ateneo, ha offerto una riflessione critica sullo scenario attuale: “La narrazione dominante continua a presentare la sostenibilità come un ostacolo all’economia. Ma non è più tempo di compromessi: o rigeneriamo il nostro rapporto con l’ambiente, o la crisi diventerà irreversibile. Dobbiamo formare studenti che diventino attivatori di questo cambiamento”.
Roberto Danovaro, presidente della Fondazione Patto con il Mare per la Terra, ha posto l’accento sulla concretezza economica e strategica della biodiversità: “Restaurare gli ecosistemi è una delle azioni più remunerative che possiamo intraprendere. Per ogni euro investito, il ritorno può arrivare fino a quaranta. Ma serve un cambio di paradigma. Le aziende lo stanno capendo: dal carbon offset stiamo passando al biodiversity offset”.
A portare la voce delle istituzioni europee è stato l’europarlamentare Dario Nardella, membro della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale: “Pollenzo rappresenta un nuovo umanesimo, dove l’uomo fa un passo di lato per mettere al centro la terra. L’ecologia integrale è il cuore di una visione politica e culturale nuova. Il Green Deal e il regolamento sul ripristino della natura sono strumenti fondamentali, ma ancora ostaggio di scontri ideologici. Dobbiamo superare questa polarizzazione e lavorare su valori comuni”.
Nardella ha inoltre sottolineato il ruolo strategico dell’agricoltura per la biodiversità e la necessità di rinnovare profondamente il settore: “Non c’è tutela della natura senza il ruolo attivo dell’uomo. L’agricoltura, se innovata e resa attrattiva per i giovani, può diventare leva di sostenibilità. L’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie sono alleate, se ben regolate. L’agricoltore del futuro potrebbe essere un perito informatico o uno scienziato”.
Nel chiudere il suo intervento, Nardella ha lanciato un appello a partire dalla quotidianità: “Cominciamo dalle mense scolastiche. Ogni giorno, in Europa, milioni di pasti rappresentano l’unico pasto completo per molti bambini. È lì che possiamo insegnare concretamente”.
Voci scientifiche e accademiche: dalla terra al mare, dalle città all’acqua invisibile
Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia e membro storico del Club di Roma, ha ricordato che “Non c’è sostenibilità senza biodiversità. E non c’è giustizia ecologica senza conoscenza. Siamo nel pieno di una crisi sistemica, culturale, cognitiva. Serve un patto tra scienza e società, una convergenza permanente, come gli Stati Generali della Sostenibilità”.
Francesca Greco, Marie Curie Fellow all’Università di Bergamo, ha sollevato un tema spesso trascurato: il rischio del bluewashing: “L’acqua è diventata oggetto di speculazione semantica. Stanno per arrivare sul mercato le compensazioni idriche, vendute come la nuova soluzione ecologica. Senza strumenti analitici rigorosi, come l’impronta idrica, rischiamo di cadere in una nuova illusione comunicativa. La trasparenza sull’uso dell’acqua sarà uno dei fronti decisivi della sostenibilità”.
Davide Geneletti, docente all’Università di Trento, ha approfondito il tema degli ecosistemi urbani: “Le città sono responsabili della maggior parte delle emissioni globali. Ma possono anche diventare parte della soluzione. Il verde urbano deve essere progettato in modo sistemico, accessibile, equo. Altrimenti rischiamo una ‘gentrificazione ecologica’, dove la natura diventa privilegio di pochi”.
Nunziacarla Spanò, docente all’Università di Messina, ha riportato l’attenzione sul mare: “Il Mediterraneo è un hotspot di biodiversità e un bacino vulnerabile. Eppure, continua a essere assente nei dibattiti istituzionali. Dobbiamo superare l’antropocentrismo, riconoscere diritti all’ambiente e includere la biodiversità marina nella valutazione d’impatto ambientale in modo strutturale”.
Alessandro Chiarucci, docente all’Università di Bologna, ha chiuso i lavori con una riflessione simbolica e concreta: “Abbiamo bisogno di nuove arche della biodiversità per l’Antropocene. Luoghi dove conservare oggi frammenti di natura, per offrire futuro domani. Ogni specie salvata è una parola in più che lasciamo a chi verrà. E questo è un dovere, non un’opzione”.
Imprese per la biodiversità: la tavola rotonda del pomeriggio
La giornata si è conclusa con una tavola rotonda dedicata al ruolo del mondo imprenditoriale nella tutela della biodiversità, dal titolo “Imprese per la biodiversità: opportunità e convenienza nel coniugare lo sviluppo alla gestione sostenibile della natura”. Un confronto aperto tra imprenditori, rappresentanti di ONG e istituzioni, moderato con l’intento di generare connessioni concrete tra valori ambientali ed esigenze economiche.
Michele Andriani, presidente e AD di Andriani S.p.A., ha raccontato l’evoluzione del suo gruppo industriale in chiave green - che da tempo ha scelto di valorizzare numerose varietà di legumi italiani, inserendole nella propria produzione - e sottolineando l’importanza dell’investimento in ricerca e formazione: “Abbiamo bisogno di talenti che sappiano tenere insieme scienza, etica e visione d’impresa. La transizione ecologica richiede competenze nuove, e le università possono essere partner fondamentali per costruirle”.
Corrado Paternò Castello, fondatore di Boniviri, ha portato l’esperienza di una startup impegnata nella valorizzazione dell’agricoltura etica e sostenibile: “La biodiversità ha un valore misurabile, anche economico. Serve però una maggiore trasparenza nei criteri ESG e una forte alleanza tra piccoli produttori e reti distributive per far emergere chi davvero fa innovazione ambientale”.
Antonella Beltrame, presidente di Cortilia, ha posto l’attenzione sul cambiamento culturale necessario per ripensare l’agricoltura: “Servono modelli di ruolo positivi, che rendano l’agricoltura una scelta desiderabile per i giovani. È un settore che deve tornare a essere percepito come innovativo, centrale e strategico. E serve anche una normativa che premi chi sceglie la sostenibilità”.
Barbara Nappini, presidente di Slow Food, è intervenuta con una riflessione sul concetto di “cura”: “Siamo chiamati a custodire ciò che resta, e farlo con responsabilità e attenzione. La biodiversità non è solo un patrimonio da difendere, ma una grammatica della vita su cui riscrivere il nostro modo di produrre, nutrirci, abitare il mondo”.
Infine, Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, ha richiamato il ruolo delle associazioni nel tradurre i dati della scienza in azione politica e sociale: “La nostra sfida è essere ponti tra conoscenza e cittadinanza. Siamo in un tempo in cui molti si sentono impotenti davanti alla crisi ecologica. Ma è proprio ora che dobbiamo mostrare che un altro modello è possibile, concreto, accessibile”.
A chiudere i lavori, l’intervento appassionato del professor Silvestro Greco, ordinario di Ecologia presso l’UNISG: “Dobbiamo scegliere da che parte stare. Oggi non basta denunciare, serve partecipare, agire, decidere. Non possiamo accettare che l’economia continui a prevalere sulla politica, che la voce dei territori venga schiacciata dal potere delle multinazionali. A Pollenzo insegniamo a non dire bugie: ai nostri studenti vogliamo lasciare il coraggio di pensare e la libertà di cambiare”.