CUNEO - "È ai margini che si definisce il destino del centro": a Cuneo si è aperto il Montagna Festival

Stamattina in municipio il convegno sulla "metromontagna": "Le risorse per la montagna ci sono, ma mancano enti e strutture adatti a gestirli"

a.d. 18/05/2023 15:39

“Costruire la Metro Montagna: visioni a confronto per costruire città metro montane del futuro”. Questo il titolo della tavola rotonda che stamattina, giovedì 18 maggio, ha aperto il programma del Cuneo Montagna Festival, che si svolgerà in vari punti della città fino a domenica 21. Il convegno, che si è svolto presso il salone d’onore del Municipio, è stato aperto dai saluti della “padrona di casa”, la sindaca Patrizia Manassero. “Dobbiamo riflettere sull’importanza del ruolo di coordinamento che devono assumere le città capoluogo e le città che stanno ai piedi delle valli nello sviluppo dei territori montani. Su questo ruolo incentriamo questo festival”, ha detto la prima cittadina.
 
Ad aprire il dibattito vero e proprio, moderato dal giornalista de La Stampa Carlo Giordano e anticipato dai saluti di Enrico Collidà (vicepresidente CRC), Luca Robaldo (presidente della Provincia) e Andrea Silvestri (direttore Università di Torino), è stato il presidente dell’Uncem Marco Bussone, che ha offerto un’interpretazione del concetto e del significato di “metromontagna”: “L’idea di metromontagna serve a superare l’isolamento dei nostri territori, a superare la convinzione delle città di poter bastare a se stesse. Fino ad un certo punto della storia è stato così, e con la sofferenza dei territori che perdevano abitanti si creavano polarizzazioni. In questa necessità di riequilibrare le situazioni si inserisce il dialogo. Nell’interazione e nello scambio continuo tra territori montani e aree urbane troviamo la forza per vedere un futuro e non morire. Se non lavoriamo insieme, insomma, siamo finiti”.
 
Poi l’intervento di Sara Tomatis, assessora del Comune di Cuneo con delega alla Metromontagna: “Una delega che nasce per creare delle relazioni e delle interazioni che vanno al di là delle semplici relazioni istituzionali, spesso inidonee per quelli che sono gli obiettivi attuali". Delega analoga, nel Comune di Torino, è detenuta da Gianna Pentenero, intervenuta a sua volta all’incontro odierno: “Bisogna iniziare ad acquisire un pensiero: la programmazione delle progettazioni importanti non deve partire dall’atteggiamento egoistico della realtà urbana, ma deve avere uno sguardo aperto”. Tema fondamentale, per la sopravvivenza delle aree montane, è chiaramente quello dei servizi: “Il sistema dell’istruzione in montagna deve continuare ad avere una presenza radicata: oggi i numeri sono impietosi, e si respirano anche in città. Dobbiamo ritrovare la presenza dei servizi fondamentali perchè la gente scelga di restare o tornare in montagna”, ha detto l’assessore torinese. 
 
Per la Regione era presente la dottoressa Stefania Crotta, dirigente del settore Ambiente, Energia e Territorio, che ha illustrato alcune delle misure messe in campo negli ultimi anni per contrastare lo spopolamento delle valli: dal bando residenzialità a quello per le botteghe dei servizi, passando per quello relativo alle Green communities che verrà lanciato a breve.
 
Esperienza di lungo corso nell’amministrazione delle aree montane quella di Silvano Dovetta, oggi sindaco di Venasca, consigliere provinciale con delega alla Montagna e presidente dell’Unione Montana Valle Varaita, che si è soffermato sul tema delle risorse economiche, con un punto di vista per certi versi fuori dal coro: “Non possiamo lamentarci dei fondi che arrivano alla montagna: ne arrivano tanti, forse troppi, ma vanno accompagnati. Abbiamo Comuni strutturati con una o due persone, li mettiamo in difficoltà se devono gestire situazioni come quelle legate al PNRR. Questa è la realtà che bisogna discutere. Invece di aiutare, li mettiamo in difficoltà. Poi c’è la questione della cassa, quando c’è da anticipare: quei fondi semplicemente non li abbiamo, non ce la facciamo. Ai tempi delle comunità montane c’era una struttura che poteva essere di aiuto, con dei dipendenti e determinate competenze: le unioni montane non possono farlo, non sono strutturate. Abbiamo fatto male alla montagna. Io sono stato in Comunità montana, oggi sono presidente di un’Unione: sono due realtà imparagonabili”.
 
Un altro tema di criticità, secondo il presidente della Provincia Luca Robaldo, è quello della frammentazione dei territori: “L’Emilia Romagna, cui va il nostro pensiero in questi difficili giorni, ha 330 comuni, ed è grande quasi come il Piemonte. Cuneo da sola ne ha 247. La frammentazione ha portato a concorrenza tra i territori. Se non iniziamo a dire queste cose noi amministratori continueremo a girare per le comunità ad ascoltare problemi senza le risorse per risolverli. Bisogna però agire: troppe volte ci ritroviamo, facciamo dibattiti, diciamo quel che si dovrebbe fare, e poi non lo facciamo".
 
Enti e strutture inadeguati a gestire i problemi e le sfide odierne, un tema ripreso anche dal sindaco di Saluzzo Mauro Calderoni: “Non riusciamo a gestire il sistema idrico, nè quello dei rifiuti, la sanità è sempre più lontana dai territori, siamo esclusi dai trasporti pubblici. Vanno messe in campo sperimentazioni non dico di ‘autogoverno’, ma di governo dei territori che ci permettano di crescere, attrarre risorse e creare sviluppo. Stiamo gestendo un piano strategico come il PNRR con gli enti più antistrategici che ci siano, i Comuni, il tutto dovendo rispettare il blocco delle assunzioni. Spero che da questo festival e da altri tavoli di confronto nasca forte una voglia di provare a riorganizzarsi”.
 
A chiudere gli interventi Barbara Greggio, assessora alla Montagna del Comune di Biella, e Roberto Colombero, presidente di Uncem Piemonte. “È ai margini che si definisce il destino del centro. - ha detto quest’ultimo - Il primo errore è che ci sono organizzazioni che non sono più contemporanee, non rispondono alle esigenze delle sfide che abbiamo davanti. Dobbiamo anche darci delle responsabilità: quando sono state abolite le comunità montane se fossimo scesi in piazza a protestare ci saremmo trovati in cinque”. Poi un riferimento all’importanza della collaborazione tra territori, a quelle relazioni e a quel dialogo più volte citati durante la mattinata: “La logica del campanile è sbagliata culturalmente, ancor più che dal punto di vista della gestione delle risorse economiche. Se non lo capiamo siamo destinati a rimanere ai margini, sia politicamente che a livello di flussi economici. Per poter governare certi processi sono fondamentali organizzazioni istituzionali diverse, ma il grande salto che dobbiamo fare è culturale”.

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