CUNEO - Come stanno i ghiacciai piemontesi? La relazione dell'Arpa

Tra i ghiacciai presi in analisi anche il Coolidge, alle pendici del Monviso

25/07/2022 16:03

Le Alpi occidentali, che includono i territori di Piemonte e Valle d’Aosta, conservano ad oggi circa 300 ghiacciai con una superficie complessiva di 160 km2. Sono per lo più di piccole o piccolissime dimensioni (circa l’80% ha una superficie inferiore a 0.5 km2) e molti di essi, in particolare in Piemonte, possono ormai essere considerati glacionevati, piuttosto che veri e propri ghiacciai.
 
Le variazioni morfologiche dei ghiacciai, portate anche dai cambiamenti climatici in atto, possono determinare importanti variazioni di pericolosità: la trasformazione di ghiacciai vallivi in ghiacciai sospesi determina un aumento della probabilità di innesco di crolli mentre l’aumento di acqua liquida causato dall’incremento delle temperature può favorire i fenomeni di collasso e di rotta glaciale.
 
I rischi di origine glaciale stanno incidendo, con frequenze più elevate rispetto al passato, anche sulla frequentazione dei ghiacciai soprattutto nel periodo estivo. L’aumento di incidenti sulle superfici glaciali deve considerare l’effetto congiunto di una maggiore frequentazione di alpinisti e delle pesanti modifiche morfologiche e strutturali. Negli ultimi anni l’accesso ai ghiacciai è più difficoltoso e le rocce instabili scoperte dal ghiaccio in arretramento sono spesso soggette a crolli. In molti casi gli itinerari classici alpinistici sono stati modificati per evitare le zone divenute più pericolose.
 
Al fine di verificare situazioni di potenziale rischio legato all’evoluzione dei ghiacciai nelle Alpi piemontesi Arpa Piemonte ha condotto un’analisi preliminare e speditiva dei principali ghiacciai.
 
Partendo dall’analisi storica dei principali eventi che hanno interessato gli alti versanti alpini con il coinvolgimento, talvolta, delle aree antropizzate a valle, e associando i dati disponibili sui catasti dei ghiacciai pubblicati dal Comitato Glaciologio Italiano (CGI), si sono identificate le principali masse glaciali da sottoporre ad una prima analisi.
 
I ghiacciai presi in considerazione in questa analisi preliminare sono 22: Sabbione Nord (Formazza, VB); Sabbione Sud (Formazza, VB); Aurona – Monte Leone (Varzo, VB); Piccolo Fillar (Macugnaga, VB); Belvedere - Monte Rosa (Macugnaga, VB); Signal (Macugnaga, VB); Locce Nord (Macugnaga, VB); Sesia-Vigne (Alagna Valsesia, VC); Piode (Alagna Valsesia, VC); Bors (Alagna Valsesia, VC); Roccia Viva (Locana, TO); Noaschetta Est (Noasca, TO); Noaschetta Ovest (Noasca, TO); Basei (Ceresole Reale, TO); Carro Ovest (Ceresole Reale, TO); Nel (Ceresole Reale, TO); Mulinet Sud (Groscavallo, TO); Sea (Groscavallo, TO); Ciamarella (Balme, TO); Bessanese (Balme, TO); Croce Rossa (Usseglio, TO); Coolidge (Crissolo, CN).
 
La scelta di questi ghiacciai è stata determinata dall’analisi storica dei principali eventi che hanno interessato in passato i versanti piemontesi ed è stata anche influenzata dalla frequentazione attuale da parte di alpinisti, sci-alpinisti ed escursionisti.
 
Dall’ analisi preliminare si è evidenziata una generale riduzione delle masse glaciali, con diminuzione sia degli spessori, sia della estensione che si traduce in un accentuato arretramento della fronte e nello smembramento dei corpi glaciali.
 
Le aree maggiormente glacializzate del Piemonte fanno riferimento alle aree più elevate, ossia quelle del Gran Paradiso, del Monte Rosa e dell’alta Val Formazza in Ossola. L’esposizione e la morfologia dei versanti sui quali questi ghiacciai insistono hanno un notevole effetto sull’aspetto attuale degli accumuli di ghiaccio. In particolare, ciò è ben evidente nella zona del Monte Rosa in cui si ha una netta differenza tra il bacino della Sesia (esposto a sud) e quello dell’Anza (esposto verso est e verso nord). I ghiacciai della Val Sesia sono di dimensioni ridotte e separati tra loro; mentre quelli della Valle Anzasca sono estesi su ampie porzioni di versante, spesso coalescenti e confluenti in lingue comuni. Tuttavia, anche il settore dell’Anza presenta una evoluzione di rapido declino che porta alla formazione di ghiacciai sospesi la cui stabilità è strettamente legata alla loro massa ed all’evoluzione del permafrost.
 
“I rischi legati ai ghiacciai sono complessi e difficilmente prevedibili - sottolinea Angelo Robotto, direttore generale di Arpa Piemonte - perché dipendono sia dai cambiamenti climatici, sia dal posizionamento specifico del ghiacciaio che ha caratteristiche proprie per esposizione, fondo, storia. Questa complessità richiede studi e valutazioni multidisciplinari, coinvolgendo esperti di diversi settori scientifici e specifici e su questo aspetto la recente firma di accordo con il CAI, Museo della Montagna e CNR-IRPI è sicuramente un tassello importante. Le alterazioni degli ambienti glaciali sono generalmente poco frequenti, ma quando si verificano spesso presentano intensità molto elevate, che potrebbero ulteriormente aumentare nel corso dei prossimi anni con l’aumento delle temperature”.
 
Nella relazione di approfondimento effettuata dal personale tecnico dell’Agenzia ci sono le schede descrittive specifiche dell’analisi preliminare dei 22 ghiacciai delle Alpi piemontesi studiati.
 
QUI la relazione completa.

c.s.

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