CUNEO - Dentro l'Intima Materia di Clara Daniele e Michele Bruna

Dal 5 novembre palazzo Samone ospita le opere dei due artisti cuneesi, nate in uno spazio post industriale della provincia temporaneamente condiviso

Francesca Barbero 13/11/2022 20:04

“Intima Materia” nasce dall'incontro di due artisti cuneesi, Clara Daniele e Michele Bruna, avvenuto nel 2021 durante una residenza artistica in val Mongia. Centrali nella ricerca artistica di Clara, classe 1979, il tessuto e il mezzo fotografico, utilizzati per esplorare i concetti di tempo e memoria, morte e abbandono. La ricerca di Michele, classe 1990, si concentra sull'indagine della vita dell'opera d'arte e sulla sua transitorietà partendo da calchi realizzati con una carta fabbricata artigianalmente. Quasi tutte le opere in mostra hanno visto la luce in uno spazio post industriale che i due artisti hanno temporaneamente, e appositamente, condiviso. La mostra, a cura di Sandro Bozzolo, parte della rassegna “GrandArte 2022 - help | humanity.ecology.liberty.politics”, è stata inaugurata sabato 5 novembre a Palazzo Samone. È visitabile fino al 27 novembre il venerdì, sabato e domenica dalle 16 alle 19. Ingresso gratuito. Per informazioni: 3332568610 o info@grandarte.it.
 
La mostra "Intima materia" nasce dal vostro incontro artistico, e umano. Come vi siete conosciuti?
Clara: "Durante una residenza artistica in val Mongia conclusasi con la collettiva 'Terre e Trame di Mongia' nell'ex Confraternita di Santa Caterina, a Lisio. Con me e Michele hanno esposto Giacomo Laser e Martina Melilli. Curatore di quella residenza era il regista Sandro Bozzolo che abbiamo scelto anche come curatore di 'Intima Materia'".
Michele: "Sono stati quattro giorni bellissimi, alla scoperta del territorio e pieni di incontri con la gente del luogo. Conoscevo Clara solo di nome e la residenza è stata l'occasione per conoscerla meglio anche a livello umano".
 
Che cosa avevate esposto nella collettiva?
Michele: "Io ho esposto 'Ařbu 44º19'45''N7º58'13''E', un calco in polpa di carta della corteccia di un castagno malato. Un castagno, cavo, molto particolare perché al suo interno era cresciuto un nocciolo. Ho realizzato il suo calco, una maschera mortuaria che conserva la traccia fisica di quell'albero, una sindone esposta sopra l'altare della chiesa. Nel titolo c'è la posizione gps del castagno. Sono tornato a vederlo tempo dopo: era rinato e rigoglioso, nonostante dato per morto. Sarà esposto nella prima sala della mostra, che vuole essere un richiamo a quell'esperienza".
Clara: "Io lavoro con i tessuti e dalla residenza è nata l'installazione 'Sedimenti, di generazione in generazione'. Ho cucito insieme lenzuoli donati da donne del posto. Un lavoro sulle radici matrilineari, sulla storia e sulla condizione femminile, particolarmente opprimente e oppressiva in quelle zone. Ma è stato anche un lavoro su di me perché il mio processo creativo è sempre legato a un aspetto interiore, intimo, che poi può diventare universale. Ho creato una sorta di nido nella sacrestia della cappella, per affrontare il tema di gestazione e rinascita, partendo da sedimenti e radici molto profonde. Esporrò alcuni tessuti legati a quella installazione nella prima sala".
 
Il titolo della mostra è notevole. L'intimo è legato all'incorporeo, allo spirituale, all'anima. La materia è la sostanza, il corporeo, il concreto. Che si uniscono e diventano 'Intima Materia'
Michele: "É un titolo che allude ai nostri processi creativi e al fatto che entrambi lavoriamo sulla materia e sull'interiorità. Apparentemente io sono più legato alla materia. Il mio processo artistico riprende un processo che veniva utilizzato nelle cartiere industriali: faccio una polpa, da cui poi ricavo il foglio di carta che metto a asciugare, invece che sul feltro, direttamente sulla terra, sulla corteccia oppure, per 'Intima Materia', direttamente sulle lamiere. Ma il lavorare con la carta e la matrice, porta con sé anche un discorso molto più intimo legato alla traccia che rimane della matrice. La ricerca di Clara è invece apparentemente più legata all'interiorità ma anche lei sulla materia, i suoi tessuti, si concentra tantissimo. Quello che ci unisce in questa mostra è la ruggine".
Clara: "Quando ci siamo incontrati per parlare della mostra ho raccontato a Michele di aver iniziato a far arrugginire dei teli. E lui mi ha detto di aver iniziato a lavorare con la ruggine sulle lamiere. In quel momento è stato chiaro che il nostro lavoro si sarebbe concentrato sulla ruggine".
 
Cosa significa lavorare con e sulla ruggine?
Clara: "Il processo della ruggine è incontrollato, casuale. Nel nostro lavoro c'è una parte in cui noi guidiamo e controlliamo la materia ma una parte del lavoro è fatta proprio dalla materia stessa. Come se nel nostro spazio non fossimo due artisti ma tre. E il terzo è il tempo. Da una settimana all'altra lavoriamo su delle parti e, ogni volta che entriamo qui, vediamo i cambiamenti. Arrivare e vedere che un tessuto ha cambiato colore è bellissimo perché lui ha lavorato senza di te, ed è davvero come ci fosse un terzo artista. Ti devi interfacciare con quello che si crea nel tempo in cui tu non stai agendo sulla materia. L'opera va avanti lo stesso, senza di te: è bellissimo".
Michele: "La ruggine va a modificare intimamente le materie che usiamo. Nei miei calchi si espande in maniera incontrollata dall'interno. Io tendo a cercare il controllo sull'opera e il fatto che ci sia una variabile che non avevo previsto mi mette in difficoltà. Cerco di riottenere il controllo. Ma l'unico controllo che davvero ho e il decidere quali frammenti di carta lasciare attaccati alle lamiere. Non sono io a decidere e controllare l'ossidazione della materia. Posso provare con gli acidi, più violenti, o con metodi più naturali come acqua e sale ma i risultati sono sempre diversi per ogni lamiera. Devi fare i conti con i tempi della natura, i tempi di asciugatura della carta, i tempi di decomposizione del ferro".
 
Perché vi affascina la ruggine?
Clara: "Per me è una materia molto intima perché è legata al ferro che scorre nel nostro corpo, che poi è lo stesso che arriva dall'esplosione delle supernove (nel nostro microcosmo c'è il macrocosmo). Una materia che ha a che fare con il corpo, che è viva, che si ossida e cambia col passare del tempo. Adesso è così ma tra un anno sarà cambiata perché non è ferma, si muove e non puoi controllarla. E poi ha a che fare con la memoria. È qualcosa che cerchiamo sempre di evitare. Se ci pensi cerchiamo di avere l'antiruggine o l'acciaio inossidabile ma in realtà quello che mi interessa è esattamente il processo inverso: rendere evidente che la materia, come anche noi, piano piano si disgrega. È un processo terribile ma anche meraviglioso perché incontrollabile e, per me, ha un fascino incredibile".
Michele: "Da quando ho iniziato a lavorare con la carta sono affascinato dalla possibilità di farla interagire con materiali diversi, il ferro in questo caso, e con gli elementi. Sono partito dalla terra per poi passare all'acqua, all'aria. Manca nella mia ricerca, e prima o poi arriverà, il fuoco. Anche per me c'è il discorso legato alla morte, nel mio caso intesa come fine naturale del processo creativo".
 
Da come ne parlate sembra che entrare nel mondo della materia renda visibile la finitezza dell'essere umano, dell'artista.
Clara "Sì, per me totalmente".
Michele: "Si certo, è così assolutamente".
 
Lavorando insieme, avete contaminato le vostre ricerche e le vostre materie?
Clara: "Mi sono lasciata contaminare tanto. Michele un po' meno. Quando ha portato qui le lamiere su cui lavorava gli ho chiesto di poter appoggiare i miei tessuti bagnati. Il risultato, indipendentemente dal metodo utilizzato per creare la ruggine, sono tessuti dai disegni casuali, delle sindoni che fotografano il momento in cui il ferro della ruggine spurga. Alcune di quelle lamiere le ho riutilizzate per le mie 'Suture'".
Michele: "Alcune lamiere erano arrugginite dal tempo, altre no. Quindi ho creato la ruggine e accelerato il su processo di formazione sperimentando l'uso degli acidi, dell'acqua ossigenata, o di materiali più naturali come acqua e sale o urina. Quando sperimentavo l'uso degli acidi che, colando sulle lamiere poggiate per terra, producevano tantissima ruggine, beh Clara bagnava i suoi tessuti in tutta questa ruggine. Quello che per me era scarto, per lei diventava materia per creare. Io mi sono lasciato contaminare meno ma osservando il suo processo creativo, ho imparato a lavorare più lentamente".
 
Entrambi lavorate sullo scarto.
Michele: "Nel mio caso il recupero si lega al valorizzare la storia che quella materia ha già. Un materiale vecchio ha già un fascino insito al suo interno".
Clara: "Le cose scartate hanno una storia e sono vive. I miei tessuti hanno 50, 100, alcuni 150 anni, hanno attraversato il tempo e racchiudono nelle loro trame delle storie. Tutti i materiali per i miei lavori (a parte tessuti e lamiere recuperate da Michele) a partire dai busti per i calchi, li ho trovati qui in questo spazio in passato condiviso da altri artisti".
 
Dove io ho trovato la macchina da scrivere Rover 3000, arrugginita in alcune parti. Scriverò qui l'intervista, o almeno una parte, se ci riesco.
Clara: "Questo è bellissimo!".
Michele: "Sarebbe bello davvero".
 
Lavorate in modo molto gestuale. Clara strappa, tocca, accarezza. Tu graffi, ferisci, aggredisci la materia.
Michele: "Io arrivo da un percorso accademico legato alla pittura e all'Informale. Lavoro sui segni e sul gesto. Un gesto impreciso, imperfetto, che così deve essere. Spesso il gesto è casuale, legato a immagini della mia memoria. Quel gesto iniziale è il più difficile, poi è un continuo scambio con la materia, fatto di equilibrio o disequilibrio".
Clara: "Per me la dimensione tattile è fondamentale. Non solo i miei gesti ma anche il tocco di chi guarda le mie opere. In mostra i miei lavori si dovranno toccare. Toccare la materia è necessario per comprendere i miei lavori".
 
Nei vostri lavori si percepisce la dimensione sacrale. Parlate di sindone, termine che, inizialmente, indicava semplicemente il lenzuolo per avvolgere il cadavere.
Michele: "A me piace parlare, per i miei calchi, anche di maschera funeraria. Però è un termine legato solo al volto del defunto mentre nei miei lavori c'è un discorso legato al corpo intero. Per me la sindone è la traccia fisica che resta".
Clara: "Per me si tratta semplicemente del lenzuolo per avvolgere il morto ma è inevitabile pensare a Cristo. Le mie sono sindoni laiche ma è anche vero che hanno la loro sacralità perché la materia, per me, è profondamente legata al sacro".
 
 
Pubblicato in origine sul numero del 3 novembre del settimanale Cuneodice - ogni giovedì in edicola

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