CUNEO - Gli alpini di Cuneo ricordano fratel Luigi della Consolata, il “soldato di Dio”

Nato a Castellinaldo nel 1922, Andrea Bordino affrontò l’orrore della prigionia in Russia e dedicò il resto della vita ai sofferenti dell’istituto Cottolengo di Torino

25/09/2022 07:46

I rappresentanti della Sezione ANA di Cuneo, insieme ad una delegazione del 2° Alpini di San Rocco Castagnaretta ed alcuni Alpini del Memoriale hanno ricordato i 100 anni dalla nascita del Beato Andrea Bordino, artigliere alpino reduce dalla Russia. È stata inoltre commemorata la partenza della “Cuneense” per la campagna di Russia dai binari stazione Gesso.
 
L’alza bandiera, accompagnato dalle note dell’inno d’Italia ed il deposito di una corona presso, il monumento commemorativo dedicato alla “Cuneense” ha completato la celebrazione. Andrea Bordino, nato a Castellinaldo, nell’Albese, come la grande maggioranza dei suoi coetanei della classe 1922, viene chiamato al servizio militare nel gennaio 1942 insieme a tanti altri giovani, avviati nell’estate al fronte russo, con la Divisione Alpina “Cuneense”. Andrea è un giovane dal fisico atletico ed esuberante (anche per questo motivo sarà soprannominato “la roccia”) e trascorre la sua adolescenza tra la parrocchia ed il lavoro ed a 19 anni è già presidente dell’Azione Cattolica del suo paese. Arruolato insieme al fratello Risbaldo nell’artiglieria Alpina, effettua l’addestramento a Cuneo e parte per la campagna di Russia dalla stazione Cuneo Gesso.
 
Aggregato al “Gruppo Pinerolo” in qualità di magazziniere, Andrea ha l’incarico di distribuire vettovaglie, indumenti e coperte ai commilitoni. Il 16 dicembre 1942 i Russi sfondano il fronte del Don e, verso la metà di gennaio, durante il ripiegamento del Corpo Alpino, i militari devono arrangiarsi per sopravvivere, con il gelo che diventa il nemico principale: in una notte drammatica i due fratelli Bordino sono costretti a pernottare all’addiaccio avvolti in una coperta e si sentono perduti. Nonostante la spossatezza, il terrore del congelamento li tiene svegli. Andrea propone di recitare il rosario e aggiunge: “Se sopravviviamo a questa notte e ritorniamo in famiglia, promettiamo di costruire un pilone alla Consolata, davanti alla nostra casa di Castellinaldo”.
 
All’alba si ritrovano circondati di compagni morti, una stima di Risbaldo ne conta tra i 200 e i 300: i fratelli Bordino non scorderanno più quella notte. Successivamente sono fatti prigionieri e portati a Valujki, in attesa di essere trasferiti nei campi di concentramento: Andrea verrà inviato in Siberia nel famigerato Campo 99. Nonostante sia ridotto egli stesso ad una larva umana si prodiga, per quanto gli è possibile, a dare conforto discreto, cristiano ed umano ai morenti ed ai sofferenti. Continua in questa opera di carità anche quando viene trasferito in Uzbekistan, tra gli ammalati agonizzanti, isolati nelle baracche perché infetti. Rifiuta per due anni ogni vantaggio personale, confortato dalla presenza del fratello ritrovato. Con il cessare della guerra, i due fratelli rientrano in Italia nell’ottobre del 1945. Le terribili esperienze e l’aver visto morire tanti giovani compatrioti hanno segnato per sempre Andrea Bordino, tanto che una volta libero e riprese le forze sufficienti decide di dedicarsi alle persone colpite dalle malattie e dal dolore.
 
Tornato a casa mantiene la promessa di erigere un pilone dedicato alla Consolata ed il 23 luglio 1946 bussa alla porta della “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, cioè al Cottolengo di Torino. La sua vita ora sarà dedicata all’assistenza e alla cura dei tanti ricoverati dell’Istituto affetti dalle più diverse malattie, deformità e disabilità fisiche e psichiche ed assume il nome di Fratel Luigi della Consolata. Negli anni 1950/1951 frequenta un corso di scuola infermieristica con grande profitto ed inizia a lavorare nel settore ortopedico e chirurgico del Cottolengo: è pioniere tra i donatori di sangue e divide con gioia il suo tempo tra i sofferenti ed i disgraziati, mentre alla sera si dedica ai poveri che vengono dalla città e dintorni, lavando e curando piaghe di ogni tipo. Dal 1959 al 1967 riceve dai suoi confratelli e dal cardinale Pellegrino, arcivescovo di Torino, incarichi di responsabilità tra i fratelli cottolenghini e nella direzione dello stesso Cottolengo. Nel giugno 1975 si ammala di leucemia mieloide il cui esito è fatale. Fratel Luigi si affida alla Provvidenza con la preghiera cottolenghina “Deo Gratias” e per due anni gestisce la sua dolorosa malattia, finché il 25 agosto 1977 chiude santamente la sua vita, offrendo le sue cornee a due persone cieche. Erano gli unici organi rimasti sani.
 
Alla sua morte è partito un processo per la beatificazione coronato da molte testimonianze di episodi della vita donata agli altri, ai bisognosi e la Chiesa lo ha proclamato beato il 2 maggio del 2015. Nel centenario della sua nascita, tra le tante iniziative per ricordarlo, il Comitato del Memoriale della Divisione Alpina “Cuneense” ha deciso di allestire un angolo dedicato alla sua figura di soldato che le vicende della guerra hanno plasmato come un “soldato di Dio”.

c.s.

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