VALGRANA - In valle Grana preoccupazione per il ritorno della Piralide del Bosso, un lepidottero che distrugge le siepi

A rischio il prezioso “Martel”, elemento del patrimonio botanico e legno ricercato per lavori di falegnameria

Roberto Ribero 15/07/2022 10:14

Una nuvola di farfalle sotto i lampioni, capaci di infilarsi ovunque ci sia uno spazio luminoso, contando migliaia di esemplari: potrebbe sembrare un fenomeno venato di romanticismo, bucolico e di pregio, invece è un’invasione tutt’altro che positiva.
 
Si tratta dello sviluppo della Piralide del Bosso (Cydalima perspectalis), capace negli ultimi anni di mettere a dura prova la pianta, utilizzata per le siepi ornamentali in ambienti urbani, ma presente in natura in quantità abbondanti in valle Grana.
 
La specie, arrivata in Piemonte ormai una decina di anni fa, è proliferata in modo importante nei comuni di Monterosso Grana, Pradleves e nella parte bassa di
Castelmagno, grazie soprattutto alla presenza massiccia del bosso, che qui trova condizioni ideali per la propria crescita. In particolare nella gola che unisce Pradleves a Campomolino, le scoscese pareti rocciose sono abitate in gran parte da questa pianta ed attualmente mostrano innumerevoli macchie secche, testimonianza della malattia dell’albero. La zona peraltro è stata inserite in un SIC, affidato all’ente parco che gestisce le aree protette delle Alpi Marittime. La si-
tuazione è ormai tristemente nota ai cittadini della valle, ma anche agli escursionisti che frequentano la zona, con gli ormai celebri “vermi”, la piralide in forma di larva, che scendono dalle piante con lunghi fili trasparenti; questo dopo essersi cibati in grande quantità di gemme e foglie.

Se è vero che spesso il bosso ha saputo ripartire a nuova vita non appena la farfalla gli ha lasciato spazio, appare improbabile che la stessa situazione possa ripetersi se il perdurare dell’attacco si protrae per più anni. Oltre ad essere un attore primario e protagonista all’interno del patrimonio botanico della valle Grana il bosso (bouis o martel in parlata locale) è da sempre un legno ricercato per i lavori di falegnameria vista la sua durezza e resistenza; uno dei suoi impieghi principali è legato alla realizzazione dei manici per coltelli a serramanico.
 
Nonostante alcuni sforzi fatti in passato, non è stata trovata al momento una soluzione definitiva per il problema, né a livello chimico, né a livello di lotta
biologica, in quanto l’unico vero predatore della piralide pare essere la Vespa Velutina, estremamente nociva e dannosa per le api. Nella lotta in regime di prodotti
autorizzati in agricoltura biologica solamente il bacillus thuringensis riesce a contenere la diffusione delle larve.
 
Più efficace appare invece la lotta chimica, con l’impiego di metossifenozide, spinosad e chlorantraniliprole, con quest’ultimo che appare preferibile perché più
selettivo. In una normale stagione possono avvenire fino a tre schiuse di uova, quindi l’ondata degli scorsi giorni potrebbe non essere l’ultima, con una nuova fase
di picco prevedibile per settembre.
 
La piralide è comparsa in Italia, con diffusione a partire del Piemonte fin dal 2012, mentre è comparsa in Europa per la prima volta nel 2006, in Germania attraverso l’introduzione di materiale vivaistico proveniente dalla Cina e non sottoposto ad alcun tipo di controllo. Da qui nell’arco di pochi anni, dopo
aver creato danni in alcuni casi irreparabili, ha iniziato progressivamente la propria diffusione, ormai arrivata a coprire l’intero vecchio continente e danneggiando in egual misura sia i giardini, in cui il bosso viene coltivato e gestito con scopo ornamentali, sia le piante presenti in natura.

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