VALDIERI - L’appello dei gestori del rifugio Valasco: ‘Non salite con le scarpe da passeggio’

Un invito alla prudenza rivolto agli escursionisti: ‘Abbiamo visto scendere valanghe spontanee e la gente far picnic poco prima nello stesso punto’

a.c. 08/03/2020 18:00

 
In queste ore convulse gli appelli alla responsabilità si susseguono, ma è bene ricordare che il contagio da coronavirus non è l’unica insidia da cui dobbiamo guardarci - sebbene sia senz’altro quella che pone la sfida più urgente.
 
Per chi sceglie di andare in montagna, magari con l’intento di lasciare a valle le preoccupazioni del momento, valgono come sempre alcune elementari regole di buonsenso, a cominciare da quelle che impongono di affrontare qualsiasi percorso in condizioni di sicurezza. Già nelle scorse ore i gestori del rifugio Valasco, nel territorio di Valdieri, avevano avvisato che per raggiungere l’area del Piano è necessario attraversare da Tetti Gaina un percorso interamente innevato.
 
“Occorrono pertanto racchette da neve, sci da scialpinismo oltre alla normale dotazione di sicurezza” avverte su Facebook la pagina ufficiale del rifugio, aggiungendo: “Prima di avventurarvi in escursioni o gite ricordate di consultare sempre il bollettino neve&valanghe dell'Aineva Piemonte”.
 
Purtroppo l’avviso sembra non aver sortito l’effetto desiderato, tant’è che i responsabili della struttura - che riaprirà a partire da sabato 14 marzo - sono tornati poche ore fa sull’argomento denunciando l’imprudenza di alcuni escursionisti: “Nonostante i consigli, abbiamo visto un sacco di gente con le scarpe da portici arrivare fino al rifugio Valasco. L'80 % era senza racchette da neve, penso la quasi totalità senza attrezzatura da autosoccorso in valanga con un grado 3 marcato. Abbiamo visto scendere valanghe spontanee (di piccole dimensioni) e la gente a far picnic poco prima nello stesso punto”.
 
Il (secondo) avviso ai camminatori si conclude con un ammonimento, che si spera non cadrà nel vuoto: “Se non volete essere infettati dal Coronavirus, cercate di farlo in modi più astuti, perché le conseguenze del Coronavirus non le conosciamo ma quelle dell'imprudenza in montagna sì”.

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