CUNEO - Matteo Romano si racconta: “Il ricordo più bello di Sanremo? L’autografo alla figlia di Laura Pausini”

Palchi, canzoni, assemblee d’istituto e festival nelle parole del giovane talento cuneese: “Non penso di essere cambiato, gli amici mi tengono con i piedi per terra”

Francesca Barbero 19/06/2022 16:18

Pubblicato in origine sul numero del 2 giugno del settimanale Cuneodice: ogni giovedì in edicola
 
Sabato 28 maggio il cantante Matteo Romano ha premiato i vincitori del Festival dello Studente al Parco Parri. Abbiamo fatto una chiacchierata con il giovane talento cuneese che, dopo il successo di “Concedimi”, il brano d’esordio con milioni di visualizzazioni su Tik Tok e sulle piattaforme digitali come Spotify, ha conquistato il terzo posto a Sanremo Giovani ed è volato al Festival di Sanremo.
 
Parlando di palchi, quello del Festival dello Studente è stato il tuo primo?
“Sicuramente è stato uno dei primi su cui sono salito e mi ha dato l’opportunità di mettermi un po’ più in gioco rispetto ad altri palchi come possono essere quelli su cui mi esibivo con la mia scuola di canto o in altre situazioni. Ed è stata la prima occasione che mi ha permesso di fare la musica che volevo fare, senza dover passare dalla scuola di canto”.
 
È un palco dove i ragazzi si mettono in gioco, spesso per la prima volta, grazie al quale nascono legami e amicizie. Ma è anche un palco professionale.
“Sì, ed è anche la prima volta in cui possiamo vedere un contesto dove non siamo solo noi ragazzi a organizzare le cose e dove ci sono tanti professionisti che lavorano per far funzionare un evento del genere, dai fonici agli addetti alle luci. È un primissimo approccio a quello che è il lavoro del musicista e credo sia un palco molto stimolante anche per questo motivo”.
 
Quando facevi il Liceo ti esibivi anche nelle assemblee di istituto.
“Sì, esatto, anche quello era un modo per esibirmi. Diciamo che era un mondo legato al Festival dello Studente perché alla fine eravamo lo stesso gruppo di ragazzi, la stessa band, che si esibiva prima nelle assemblee d’istituto e poi l’evento più importante di fine anno scolastico, che era appunto quello del Festival”.
 
Hai studiato al Liceo Classico “S. Pellico”. La tua materia preferita? Quella che odiavi?
“La mia materia preferita era inglese perché amo molto le lingue. Non c’è una materia che odiavo perché sono stato sempre abbastanza appassionato di quello che facevo, anche a scuola. Quella che mi piaceva di meno era fisica”.
 
Hai iniziato a comporre e scrivere le tue canzoni nel lockdown. “Concedimi”, il tuo primo brano, è nato in quel periodo.
“È stato tutto abbastanza naturale. Ho iniziato a scrivere perché sentivo il bisogno di esprimermi e parlare un po’ di me: la musica mi ha permesso di farlo. Il lockdown è stato un periodo complicato per tutti e io ho utilizzato la musica come mezzo di espressione”.
 
Due edizioni del Festival dello Studente, a causa della pandemia, sono state fatte online. I ragazzi realizzavano i video nelle loro stanze e poi li condividevano. Danza, musica, nemmeno il teatro si è fermato. Un modo di stare insieme a distanza. Ci sono delle analogie con la nascita di “Concedimi”, giusto?
“Sì, assolutamente. Per me il brano è stato anche un bel modo per condividere qualcosa di mio e renderlo poi universale perché è arrivato a tantissime persone. È stato proprio quello il bello. ‘Concedimi’ è nato insieme ai miei amici, mi sono fatto aiutare anche da tutti loro perché non avevo case discografiche alle spalle e mi sono dovuto arrangiare. Credo sia un po’ la stessa cosa che è successa con le edizioni online del Festival dello Studente, dove ognuno dava il suo contributo per realizzare qualcosa insieme. Si può dire che da quel punto di vista il periodo di lockdown è stato incoraggiante e stimolante”.
 
“Sarà bello, anche se non mi riconoscerà perché non era nemmeno nella mia scuola. È uno shock perché passi da gareggiare contro di lui al vederlo che ti premia”. “Lo ascolto, è un ragazzo fantastico che ha avuto tanta fortuna e tantissimo talento. È bello che ci premi lui domani”. “Lo ammiro molto perché ha creduto in quello che voleva fare e ci è riuscito”. “Non mi piace la musica che fa, non è il mio genere ma è figo che ci premi lui perché rappresenta un percorso di successo che un ragazzo può fare, un bel percorso. Aspettiamo di vedere cosa preparerà”. Sono solo alcuni dei pareri dei ragazzi raccolti su di te durante il Festival dello Studente.
“Wow, ti ringrazio. È strano sentire il punto di vista dei miei coetanei. Ed è bello vedere che ci sia così tanto supporto e una visione di me sempre positiva. Ho ricordi bellissimi di Cuneo e di tutte le persone che ho conosciuto e che ancora conosco adesso. È sempre bello tornare qui e vedere il clima che si crea”.
 
Il vero significato del Festival dello Studente è di spronare i ragazzi a superare timidezze e paure mettendosi in gioco sul palco. Il tuo esempio e il tuo successo musicale saranno uno stimolo per molti ragazzi.
“Sarebbe bellissimo, lo spero davvero. Tutto quello che faccio, lo faccio sempre mosso dalla passione e dalla voglia di fare musica. Spero che arrivi questo messaggio: se c’è la volontà di fare qualcosa di bello e di inseguire i propri sogni, da qualche parte si arriva comunque”.
 
Passiamo ad un altro palco, quello del Festival di Sanremo. Come è stato salire su un palco che è un’istituzione, che ha visto passare la storia della musica italiana e che è un’importante vetrina per tutti gli artisti?
“È stata un’emozione veramente forte. Sentivo la responsabilità di rappresentare la musica italiana di adesso e di essere un rappresentante della mia generazione, tenendo conto di tutta la storia della musica e degli artisti che sono saliti su quel palco. In realtà questo è stato un grande stimolo perché volevo portare il meglio di me ma soprattutto il meglio di noi giovani. Ed è stata un’emozione forte anche per questo motivo”.
 
A Sanremo hai dimostrato di avere una capacità notevole di stare sul palco. Quando ti esibisci hai una luce negli occhi che riesce a trasmettere un’emozione percepibile anche da uno schermo televisivo. Non è da tutti.
“Grazie per avermelo detto, in realtà me lo dicono spesso. Mi colpisce sempre, perché metto sempre me stesso, al cento per cento, in ogni esibizione che faccio. Molto spesso credo di dover fare più di quello che in realtà serve: penso di dovermi muovere, fare, riempire gli spazi quando in realtà spesso mi dicono che basta il mio sguardo perché riesco a trasmettere delle emozioni anche solo con i miei occhi. È una cosa bellissima e vorrei riuscire ogni tanto a superare le insicurezze e arrivare al punto di dire ‘ok, ora sto fermo e non faccio nulla perché voglio dare le giuste emozioni’. Ma è anche giusto che sia un percorso e che ci si arrivi piano piano”.
 
Hai un ricordo particolarmente significativo di Sanremo?
“Ho un ricordo magnifico dell’incontro con Laura Pausini. Mi stavo preparando per fare la prima esibizione e lei è venuta a bussarmi in camerino e a salutarmi perché sua figlia è una mia fan. Io ero sconvolto da questa cosa. Laura è stata veramente carina, abbiamo parlato e ho fatto l’autografo a sua figlia”.
 
Hai fatto amicizia con gli altri artisti?
“Ho avuto modo di conoscere tutti gli altri artisti ed erano veramente tutti molto concentrati e professionali, ma anche molto umani, ed è bello da vedere. Ho parlato po’ di più con Noemi, Mahmood e AKA 7even. Tutte persone super alla mano e carinissime”.
 
A Sanremo succede di tutto. Quanto è impegnativa quella settimana?
“Sanremo è un frullatore, nel vero senso della parola. È solo una settimana ma passa talmente veloce che, in realtà, è ancora più complicato gestire tutto quello che viene dopo. Un turbine continuo, un insieme di esibizioni ed esperienze che ti segnano veramente”.
 
Cosa è cambiato dopo Sanremo?
“Sono cambiati il contesto e la prospettiva di quello che voglio fare. Io non penso di essere cambiato troppo dopo Sanremo, grazie anche ai miei amici che sono sempre gli stessi e che mi tengono con i piedi per terra. Ma è cambiato tutto ciò che avevo intorno, il modo in cui le persone mi parlano e mi vedono. Ed è cambiato in positivo quello che faccio e dove vado: sto vivendo il mio sogno al cento per cento”.
 
“Sento, odio, scrivo, amo”, canti in “Apatico”, il tuo ultimo singolo, una dichiarazione sul significato delle tue canzoni. Dove le scrivi? C’è un luogo che ti ispira particolarmente?
“Sì, in quelle parole c’è proprio il fatto che io cerco sempre di parlare di me, delle mie emozioni, di quello che vivo e di come mi sento. Sicuramente quel luogo è la mia camera, sia a Milano sia a Cuneo, dove mi piace essere da solo con il mio pianoforte in una dimensione di intimità”.
 
“Che dici guardiamo un film?”, sempre in “Apatico”. Qual è il tuo film preferito?
“In realtà non ho un film preferito. Sono indeciso, anche perché non ho una cultura cinematografica troppo vasta. Però c’è un film che mi piace moltissimo: ‘The Truman Show’”.
 
“E ti ricordi quella volta insieme in macchina. La mia canzone preferita forse sai ancora qual è”, per citare “Testa e Croce”, brano che a Sanremo Giovani ti ha portato fortuna. Qual è questa canzone? Quali sono gli artisti che ami particolarmente?
“La mia canzone preferita è ‘Growing Pains’ di Alessia Cara. Per quanto riguarda gli artisti, per citare dei colossi del cantautorato italiano direi Franco Battiato, Lucio Dalla e Luigi Tenco. Invece tra i più moderni amo Tate McRae, Olivia Rodrigo, Levante e Madame”.
 
È iniziato il tour, come sta andando? Il 16 luglio sarai al Festival Onde Sonore di Tarantasca.
“Sta andando molto bene ed è pazzesco perché finalmente posso confrontarmi con un pubblico che è lì davanti a me e che non mi guarda da uno schermo del cellulare o del televisore di casa. È davvero bello poter ricevere quel tipo di affetto e di calore e non vedo l’ora di venire nelle mie zone. Sarà una figata”.

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