L’edificio dell’ex Policlinico di corso Dante ha una vicenda che corre su un filo lungo 30 anni. Con il passare del tempo gli amministratori, cittadini e la nostra comunità hanno, a poco a poco, smarrito il filo della motivazione che aveva fatto nascere l’edificio e che ne aveva segnato la storia, perdendone la memoria di
luogo destinato a curare ed alleviare almeno un poco le difficoltà del vivere quotidiano che anche a Cuneo non sono mai mancate. A causa di ciò, la storia dell’ ex Policlinico ha seguito invece un altro filo: quello dell’ abbandono, del degrado, della guerra fra poveri che si contendono un riparo per la notte, della natura che si riprende il suo spazio, popolato di piante e animali. Per anni la città ha invocato genericamente un rimedio purchessia a questa ferita del tessuto urbano, ritenendo che qualsiasi cosa sarebbe stata meglio della situazione che si era creata.
A quel punto c’erano le basi per risolvere il degrado con il cambio di destinazione e l’abbattimento dell’ex Policlinico, ma l’Amministrazione cittadina ha perso il filo, quello della gronda e quello dell’armonia archittettonica permettendo la costruzione di un edificio senza rispetto di ciò che lo circonda. E così, mentre a Cuneo scompare Roberto Albanese , l’uomo che ha passato la vita a riannodare i fili del passato e del presente storico ed archittetonico cittadino, mentre la nostra Amministrazione lo celebra, sarebbe lecito aspettarsi che armonizzasse il nuovo costruito con la sostenibilità energetica, con i legittimi interessi economici privati e, non ultimo, con il filo archittettonico-urbanistico che rende riconoscibile una città.