CUNEO - Vagando nel paesaggio metafisico di ombre e forme

Atmosfere sospese e un'immagine in copertina che arriva direttamente dalla luna nel libro del fotografo Fred Cigno

Francesca Barbero 24/12/2022 10:30

Un uomo e un cane che passeggiano in un quartiere di una città. Anzi, un fotografo e un cane di nome Ettore per la precisione. È primavera e la natura si risveglia ma non è una primavera come tutte le altre. Lo scenario che il lettore deve immaginarsi, e non farà certo fatica, è onirico: poche presenze umane che vagano, indossando la mascherina, con il loro amico a quattro zampe, compagno prezioso e invidiabile in un'epoca non così lontana, fatta di un tempo che scorre sospeso. Un cane nero e un fotografo, anche lui vestito di scuro, passeggiano. Il fotografo guarda il quartiere, l'effimera entità delle ombre che disegnano forme sugli edifici, forse la luna quando è notte, se stesso. Contempla quel piccolo mondo più lentamente e scatta, con uno sguardo nuovo. Ettore, ombra nera tra le ombre, è sempre lì, silenzioso, al suo fianco, fidato custode dell'oracolo dell'esistenza. Così chi scrive immagina il fotografo cuneese Fred Cigno, classe 1986, nelle sue passeggiate con il cane durante la pandemia, uscite in cui hanno preso vita un lavoro fotografico, già esposto a Lisbona, e dal 27 dicembre in mostra a Cuneo, nell'Atelier Pas de mots, e un libro.”Ombra-forma”, la prima parte del libro, è una raccolta di immagini che sono proiezioni dell'interiorità dell'autore mentre “Sospesi”, realizzato in casa insieme alla compagna Arianna durante il lockdown, è un lavoro che parla di rinnovamento e rinascita.
Per informazioni sul libro: www.fredcigno.com.
 
Il libro raccoglie una serie di fotografie scattate in pandemia quando portavi fuori il tuo cane, Ettore.
 
“Mi chiedo cosa pensasse Ettore per il fatto di essere nero e quindi di entrare a far parte delle ombre e scomparire. Mi piacerebbe chiederglielo per sentire cos'ha da dire. Il lavoro è nato nelle vicinanze di casa e del mio quartiere, in cui potevo muovermi in quei metri stabiliti dai decreti. Durante quelle passeggiate ho iniziato a vedere delle immagini e, pur avendo esaurito da tempo la mia ispirazione nella zona di Cuneo, ho iniziato a portare la macchina fotografica nelle mie uscite con Ettore e a scattare istintivamente, senza farci troppo caso. Dopo la stampa in camera oscura, riguardando le fotografie, ho pensato al libro”.
 
 
Ettore non compare mai.
 
“No, non compare mai. Nemmeno come ombra. C'è da dire che però era partecipe nel momento delle fotografie: non era facile scattare perché avevo il guinzaglio legato al braccio. La soluzione era lasciarlo libero oppure tendere il guinzaglio e fotografare facendo qualche acrobazia”.
 
 
"Un racconto di un periodo d'ombra", scrivi. Le ombre creano forme e danno vita a un paesaggio altro, parallelo e, allo stesso tempo, le forme, con il gioco dei contrasti, diventano ombre (penso all'immagine di uno storno morto ma potrei fare tanti altri esempi). Più si va avanti nello sfogliare il libro più si entra in un paesaggio metafisico.
 
"Sì, è assolutamente un paesaggio metafisico. E direi che è un paesaggio interno perché io ho guardato con la mia interiorità quello che avevo davanti agli occhi. Essendo un lavoro così soggettivo mi incuriosisce, e stranisce anche un po', sentire il parere degli altri e mi fa molto piacere avere nuovi punti di vista per capire se la mia visione è solamente solipsistica oppure se ha anche una ragion d'essere per quella degli altri”.
 
 
L'ombra è un segno di vita e di esistenza. Nessuno potrà mai staccarsi dalla propria ombra a parte Peter Pan, che è immortale. Secondo alcune interpretazioni, quando Peter cerca la propria ombra sta guardando la parte oscura di sé e cercando se stesso. Tu cosa cercavi con la tua macchina fotografica?
 
"Sicuramente stavo cercando delle risposte interiori anch'io. Risposte dettate dalla reazione avuta, come tanti in quel periodo, all'immaginario di una malattia che improvvisamente appare portando morte e a cui non si riesce a dare spiegazione. Era marzo 2020 e ricordo che prima di addormentarmi mi facevo tante domande. Ho iniziato a pensare alla morte in maniera diversa, a vederla e sentirla più vicina. Ho avuto il tempo di pensare a situazioni interiori e a temi che ritornano nel libro come, appunto, la morte, il rapporto con la natura, l'amore, la mancanza. O ancora la sospensione dovuta all'annullamento improvviso dell'idea del tempo, un tempo non più legato alle azioni che scandiscono le nostre giornate come rituali (dal fare colazione all'uscire di casa per andare al lavoro e così via) e di cui avevo una percezione nuova, più libera e sospesa”.
 
 
Tornando a Peter Pan, ti leggerò un estratto dalla commedia di Barrie. I atto, nella stanza dei bambini Peter cerca la propria ombra. Quando la trova Wendy si sveglia e finge di cucirla per riattaccarla. A quel punto, Peter e l'ombra si ricongiungono e “l'ombra si sveglia ed è contenta di essere di nuovo con lui tanto quanto Peter di averla. Danzano insieme”
 
“Non avevo pensato a Peter Pan. Nella danza che ho visto io mi ha interessato il moto ciclico delle ombre che si muovono e si spostano sui muri. Una danza di ombre e forme che per me rappresenta tutti i cicli che esistono, da quello del sonno a quello del sole, da quello delle stagioni a quello della vita, che, proprio come le ombre, si ripetono rinnovandosi e ruotando in una danza”.
 
 
Parlerei anche di danza della luna. E non solo per la fotografia in copertina disegnata dalla luce lunare. La mia prima impressione, sfogliando il libro, è stata quella di vagare su una superficie malinconica, silenziosa e dall'atmosfera sospesa, proprio come la luna. O la sua idea romantica.
 
"Quella notte ero in salotto e stavo lavorando in camera oscura. A un certo punto sono andato in cucina per bere qualcosa e mi sono accorto di un fascio di luna che entrava in casa, proprio vicino al tavolo. Vedendo questa scena sono tornato in salotto a prendere dei petali secchi e li ho posti sopra la carta fotosensibile, coprendoli con un'altra carta nera. Sono ritornato in cucina e, a quel punto, sotto la luce lunare ho tolto la carta nera svelando quella fotosensibile. Ho contato per alcuni secondi facendo un'unica prova: l'immagine in copertina, una stampa a contatto, è il risultato di quell'esposizione. Credo tu sia riuscita a cogliere bene il fattore lunare e riguardando le fotografie dopo il tuo spunto ho ritrovato una luce di quel tipo, data da una stampa dai contrasti non così forti, in tutte le immagini. Impressioni come la tua sono importanti perché aprono porte ancora socchiuse nell'indagare la mia interiorità. È un lavoro nato come raccolta e non come progetto definito a tavolino, ed è molto libero di evolversi”.
 
 
Edifici, elementi urbani e corpi diventano superfici in cui le ombre degli alberi si specchiano. E sono proprio le ombre degli alberi quelle che predominano. La ricerca di una dimensione naturale è legata al periodo della pandemia, in cui quell'aspetto mancava, o no?
 
"Sono sempre stato affascinato dalle ombre, forme ripulite dalla terza dimensione e proiettate sulle pareti. In generale, la proiezione delle piante sulle superfici mi ha sempre attirato. Un fascino inconscio forse dovuto al fatto di essere cresciuto nella natura, a Monserrato. E poi credo ci sia un collegamento con il mio periodo universitario, quando frequentavo l'Accademia di Belle Arti, ed ero interessato alla pittura informale e all'arte povera, e quindi al lavorare con la natura e quel tipo di immaginario".
 
 
Hai parlato di informale. Quanto è gestuale la tua fotografia?
 
"É abbastanza immediata e gestuale: non sono così analitico nel fotografare e non seguo troppe regole nel creare un'inquadratura perché per me l'importante è quello che vedo nel momento dello scatto. Sono abbastanza veloce nella visualizzazione pur utilizzando delle macchine analogiche lente come la mia 6x7. Quindi direi che è un gesto molto informale".
 
 
Perché scatti in analogico?
 
"Più che un feticcio, l'analogico per me è una necessità di procedimento, azione e lavorazione. Con il digitale non otterrei una stampa come quella che riesco ad avere in camera oscura e poi ho bisogno di questo procedimento materico che si collega a tutto ciò che mi interessava dell'arte, cioè la materia. Un procedimento molto più lungo, più chimico, antico e ancestrale, legato alle basi della fotografia".
 
 
La presenza umana è minima. Quando non si tratta di corpi che diventano superfici per le trame d'ombra, si avverte in elementi come il lenzuolo di un letto disfatto, i panni stesi ad asciugare, le sedie...
 
"Sì è una presenza che diventa evanescente. C'erano pochi esseri umani in giro e io non ho voluto includerli nell'inquadratura ma la loro presenza torna, evocata da alcuni elementi, in tutte le fotografie. In quel momento però non me ne accorgevo. O forse non volevo accorgermene”.
 
“Solo, con la mia ombra/ in cerca di te,/per addolcire una lacrima,/nella mia notte:/com'è lontano il cielo!”. È una poesia di Carmelo Bene, scritta nell'adolescenza. Le tue fotografie me l'hanno ricordata.
 
Silenzio (n.d.r.)
 
 
Direi che ti è piaciuta.
 
“É una poesia bellissima e credo che si leghi molto a quello che ho voluto scrivere con la luce per il discorso dell'immaginazione, l'immaginazione pura che ti fa tornare come Peter Pan e volare su quell'isola. Tutti possono uscire, anche solo per un attimo, da schemi precostituiti, immaginare e vedere meglio”.
 
 

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