"Siamo alla fine di agosto e le premesse per la vendemmia sono molto buone. Si comincia con i bianchi, ma stranamente le aziende di trasformazione non hanno ancora iniziato a ritirare le uve. E’ sconcertante come la maggioranza di queste aziende continui imperterrita a chiudere per ferie ad agosto, quando è evidente a tutti come il cambiamento climatico abbia anticipato i tempi di maturazione delle uve. Nei Sorì, il caldo delle ultime settimane ha determinato uno stress idrico e l’appassimento precoce delle uve, che vanno raccolte e lavorate al più presto, se non si vuole usarle come canditi nei panettoni". Così il presidente provinciale di Cia Agricoltori italiani di Cuneo, Claudio Conterno, insieme al produttore di Moscato Davide Paracchino battono sui tempi della vendemmia. "Ci vuole un cambio di passo – dice Conterno -, mi stupisco della poca attenzione a livello tecnico di quelle cantine che dimostrano di ignorare uno dei pochi punti cardine della viticoltura, e cioè che le uve vanno raccolte quando è il momento, non quando fa comodo al calendario delle ferie. Ad agosto le vigne non vanno in vacanza, tantomeno quando il clima è cambiato e fa molto più caldo". Sulle quotazioni parla Paracchino: "A pochi giorni dall’inizio della vendemmia, le aziende che hanno deciso di confermare i prezzi dell’anno scorso si contano sulle dita di una mano, tuttavia va riconosciuto il loro sforzo (anche se non sufficiente a ripagare le spese di produzione), a fronte di quelle che giocano palesemente sulla speculazione". Sempre sul Moscato, Paracchino sottolinea anche due questioni di fondo all’indirizzo politico: "Negli ultimi anni – osserva il produttore di Moscato -, abbiamo dovuto inserire in etichetta la tabella di smaltimento per rispetto dell’ecologia, le chilocalorie per la dieta… Il consumatore è informato su tutto, tranne che sulla provenienza dei mosti e sulla quantità esatta di uve moscato presente nelle bottiglie. E’ inammissibile che non venga tutelato il vero vino italiano e non si fermi la concorrenza sleale dei mosti provenienti da tutto il mondo che essendo lavorati in Italia, diventano vino italiano. Così come sui vini low-alcol c’è chi lavora sull’abbassamento della gradazione per rincorrere il mercato, quando già esiste il Moscato d’Asti Docg, il vino a bassa gradazione naturale che però le aziende colpevolmente non promuovono, causando un grave danno alla produzione e alla denominazione. Non si è voluto dare forza nemmeno all’Asti dry/secco, che aveva ottime potenzialità, purtroppo non condivise da tutti, mentre l’Asti rosè, a otto anni dalla proposta del Consorzio, non è ancora sul mercato a causa della burocrazia, della politica o di chi? E nel frattempo le aziende cavalcano l'onda di richiesta del mercato Rosé con vini aromatici, non Docg. Sono temi su cui il nostro settore si gioca la sopravvivenza, non possiamo rimanere a guardare". Tiene banco, intanto, anche la questione della distillazione: "Sulla diminuzione delle rese – sostiene Conterno -, è stata fatta una comunicazione sbagliata, che ha creato confusione. Troppi cavilli e ingarbugliamenti, bastava togliere i superi, non si è stati capaci di scelte radicali. Finirà che non solo non avremo ridotto la produzione, ma l’avremo aumentata rispetto al 2024. Se l’intenzione è di aprire alla distillazione a dicembre, la Politica ce lo dica, così evitiamo riunioni e gabole inutili. In ogni caso, un dato va tenuto assolutamente presente: sotto i 10 mila euro a ettaro di produzione lorda vendibile non si può fare viticoltura, i produttori devono saperlo". E i dazi americani sul vino? "È preoccupante non avere ancora certezze – commenta Conterno -, l’Europa ha lavorato male, ci sentiamo sacrificati ad altri settori, come la farmaceutica e l’automobilistica. Siamo nella condizione di non sapere se domani mattina varranno ancora le regole di oggi, è tutto detto".