FOSSANO - Domenica 3 dicembre Mellea di Fossano ricorda il partigiano Giovanni Battista Ramero

Aveva 19 anni quando fu ucciso per rappresaglia dai militi nazisti, il 9 settembre del 1943

30/11/2023 08:38

Si chiamava Giovanni Battista Ramero, aveva 19 anni ed era originario di Spinetta, primo di otto fratelli. Da pochi mesi era salito sui monti per dare il suo contributo per la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista. L’8 dicembre 1943 aveva partecipato ad un raid partigiano che si proponeva di requisire alcuni fusti di benzina che i tedeschi, alloggiati all’aeroporto di Levaldigi, avevano stoccato in un locale vicino alla chiesa di Mellea. Il colpo riuscì alla perfezione, ma Ramero, rimasto ferito, non riuscì a raggiungere con i suoi compagni la base del comando partigiano. Arrestato, divenne il “capro espiatorio”, evitando in pratica una rappresaglia sulla popolazione di Mellea che i tedeschi già avevano iniziato con un massiccio rastrellamento di melleesi presso l’aeroporto (al loro rilascio contribuì non poco l’intervento del vescovo Borra, giunto da Fossano in bicicletta), mentre donne, anziani e bambini si erano dispersi nei campi trascorrendo la notte all’addiaccio, nel timore che i tedeschi incendiassero il paese, com’era successo a Boves. Ramero morirà il giorno successivo, dopo sevizie e torture, “martoriato, trucidato, impiccato” recita la lapide affissa sul peso pubblico di Mellea. I tedeschi, che non erano riusciti, malgrado le torture, ad estorcergli un solo nome dei suoi compagni di lotta, si vendicarono lasciando per giorni e giorni il suo povero corpo impiccato al palo del peso, come crudele monito per tutti gli abitanti della frazione, e fu necessaria la mediazione del parroco don Nicola Bernardi per riuscire finalmente a calarlo a terra. La prima sepoltura avvenne proprio lì, nella nuda terra, alla base del palo a cui era stato impiccato e soltanto giorni dopo quattro partigiani (tra cui il gerbolese Giacomo Bollati) riuscirono ad esumare la sua salma di notte, metterlo in una cassa artigianale da loro stessi costruita e dargli nuova sepoltura, in forma anonima, vicino al cimitero, all’esterno. “Su questa tomba non mancò mai un fiore – ricordava Riccardo Bonavita – fino a che la salma del giovanissimo partigiano restò lì sepolta”, cioè fin dopo la Liberazione. Era una mamma di Mellea, Marianna Racca, che ogni mattina, andando alla prima messa, all’alba, passava a portare un fiore e una preghiera al “suo” Giovannino”, protetta dalla semioscurità e, soprattutto, dalla complicità di tutta la frazione. “Lo faccio al posto di sua mamma che è a Spinetta”, diceva, ben sapendo che quel suo gesto di pietà e di tenerezza materna era rischiosissimo: a Mellea tutti sapevano, ma nessuno tradì mai questa coraggiosa “mamma adottiva” del giovane partigiano.
 
Pochi giorni prima dell’80° anniversario della sua morte, domenica 3 dicembre, alle 9.45, Giovanni Ramero verrà ricordato con una messa di suffragio che sarà celebrata a Mellea da don Flavio Luciano, vicario per la Pastorale della Diocesi di Cuneo-Fossano.

c.s.

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