SALUZZO - Saluzzo, Max Gazzé incanta il pubblico nella città natale di suo padre

Circa duemila persone per il concerto del cantautore romano nel nuovo polo culturale dell'ex Caserma Musso

Francesca Barbero 08/09/2022 17:42

"Una musica può fare cantare" e riempire il cortile del nuovo polo culturale "Il Quartiere", l'ex "Caserma Musso", di Saluzzo, in una calda sera di settembre, se la musica è quella di Max Gazzé. Ad aprire il concerto e scaldare il pubblico, la cantautrice romana Mille che, con la sua voce grintosa, la sua chitarra rosa e il suo look, ha saputo trasportare tutti nel suo immaginario d'altri tempi. Dopo di lei, è l'attesissimo Max Gazzé, con il suo basso, a prendere possesso del palco. Insieme a lui, accolti da un abbraccio di applausi, Cristiano Micalizzi alla batteria, Max Dedo al trombone, flicorno e chitarra acustica, Daniele Fiaschi alla chitarra elettrica e Clemente Ferrari al pianoforte e sintetizzatori. Il concerto inizia: risuonano nel buio le prime note di "Raduni Ovali" e quando i riflettori sul palco si accendono illuminano i musicisti e i tanti visi delle persone, circa duemila, che hanno riempito il cortile. Prima di continuare con il live, Gazzé racconta il suo legame con la città: "Per una serie di coincidenze, il 31 maggio 1929, un certo Enzo Gazzé nacque a Saluzzo. Era mio padre. Mio nonno era in missione, viaggiava molto per l'Italia ed è rimasto quattro anni qui. Oggi giravo per la città e ho visto dei posti meravigliosi, anche se in due ore di tempo non ho potuto vedere molto. Mi farebbe piacere, un giorno, venire a ricalcare i percorsi dove l''infante padre' ha vissuto per quattro anni". La musica ricomincia con una scaletta che accende il pubblico e ripercorre la carriera e i maggiori successi dell'artista con pezzi come "Vento d'estate", "Il solito sesso", "Cara Valentina", "Il timido ubriaco", "Annina", "La vita com'è" e "Considerando". O ancora "Mentre dormi", nella colonna sonora di "Basilicata coast to coast", film in cui Gazzé debutta come attore, e "Il farmacista", dove quel "si può fare" del ritornello è un riferimento alla battuta del dottor Frankestin di "Frankenstein Junior" di Mel Brooks. Tanti tra il pubblico i veri fan, quelli più devoti, che conoscono e cantano tutti i pezzi a memoria. Altri, pur apprezzando il cantautore, sono lì per godersi un ultimo concerto di fine estate dopo due anni di pandemia e restrizioni. Nelle prime file anche un tifoso che, ogni tanto, abbassa lo sguardo sul cellulare per monitorare i risultati di Napoli – Liverpool, per rialzarlo non appena inizia un pezzo che gli piace. È "Una musica può fare", ultima canzone della scaletta, a chiudere due ore di concerto. Un testo che parla del potere della musica, che può essere salvifico e liberatorio. E ieri sera bastava guardarsi intorno, guardare gli occhi incantati e ascoltare le voci di chi era tra il pubblico, nel cortile illuminato dai riflettori del palco, e dalla luna, per vedere quello che "una musica può fare".

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