SAVIGLIANO - Una brutta esperienza al Pronto Soccorso di Savigliano: “C’è modo e modo di comunicare una diagnosi”

Il racconto di una lettrice che aveva accompagnato in ospedale un suo caro, paziente oncologico: “Il dottore è stato molto sbrigativo e scorbutico”

Redazione 19/09/2021 13:07

 
Riceviamo e pubblichiamo:
 
Il giorno 18/05/2021 alle 16,40 accompagno R. in Pronto Soccorso a Savigliano per difficoltà visiva, dolore oculare e emicrania. Tale sintomatologia è presente da diversi giorni. È stata trattata con antidolorifici prescritti dal medico di base con parziale beneficio. La sintomatologia sopra descritta rende difficoltoso camminare, vedere, riuscire a seguire un discorso, stare in luoghi con luci forti e dirette al viso.
 
Al pre-triage spiego il motivo dell'accesso e che l'invio è stato consigliato dai medici dell’IRCCS di Candiolo dai quali R. è seguito per un percorso diagnostico-terapeutico. Consegno inoltre tutta la documentazione sanitaria all'infermiera al pre-triage. Per la normativa Covid non mi è permesso l'accesso al Pronto soccorso anche se R. è chiaramente in difficoltà nel comunicare la sua storia sanitaria ed è in una condizione di fragilità.
 
L'accesso al Pronto soccorso ha seguito il percorso fast track (tale modalità prevede l'invio diretto al medico specialista quando vi è una problematica legata a uno specifico organo) e alle 18.20 R. esegue consulenza oculistica senza essere visitato dal medico di turno del Pronto soccorso.
 
Dall'esterno dei locali del Pronto soccorso insisto con l’infermiera del pre-triage e telefonicamente al numero che mi viene dato per poter parlare con il medico. Verso le 18,30 mi contatta la dottoressa R.I. che, recepite le informazioni sanitarie (già comunicate due ore prima all'infermiera del pre-triage), prende visione della documentazione che R. ha sempre avuto con sé (ma nessun operatore sanitario ha visionato) e richiede esami ematici, tac e prescrive antidolorifici. La TAC viene eseguita verso le 20.00 e si attende l'esito sin quasi alle 23.00.
 
Nel frattempo avviene il cambio del medico. Adesso di turno è il dottor G. La comunicazione dell'esito è avvenuta in maniera molto sbrigativa e con tono scorbutico: “Eh signor ... cosa vuole che le dica: in testa ha la stessa cosa che ha nella gamba”. Prescrive un altro antidolorifico e lo dimette senza contattarmi (ho sempre aspettato all'esterno dalle 16,40) anche se è palese la sua difficoltà nel camminare e nel vedere.
 
Pochi minuti prima che lo dimettessero ho telefonato al Pronto soccorso per sapere qualcosa e l'infermiere mi ha comunicato la dimissione di R. Ho fatto notare che R. fatica a camminare per la sintomatologia emergente, che ha poca forza e stabilità negli arti inferiori e che mi auguravo che non cadesse per non aggravare una situazione alquanto complessa.
 
Questa è stata la nostra esperienza. Ho cercato di tralasciare le emozioni di quelle ore. Ringrazio profondamente la dottoressa R.I. per la sua enorme professionalità e grande umanità. R. la ricordava per la competenza e per il tono di voce dolce e rassicurante.
 
Al dottor G. non ho molto da dire se non che le diagnosi mediche non sono mai belle notizie, ma le modalità comunicative fanno molta differenza nel vissuto e nella consapevolezza di chi le riceve... aiutano ad avere una dignità di vita.
 
 
Lettera firmata

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