È un medico saviglianese di 42 anni, Marco Sandrone, uno degli ultimi operatori umanitari stranieri che possano raccontare in diretta la tragedia di Gaza. Attivo in Medici senza Frontiere dal 2016, Sandrone è stato ad Haiti, Sierra Leone, Sudan, Etiopia e Congo oltre che sull’isola di Lesbo in Grecia, dove era responsabile di progetto nel più grande campo profughi d’Europa. Oggi ricopre lo stesso ruolo a Gaza, come vi abbiamo raccontato pochi giorni fa. Non più nella città, ormai invasa dall’esercito israeliano, ma a Deir Al Balah, dove anche medici e infermieri si sono rifugiati perché la situazione era diventata insostenibile: “I carri armati israeliani stanno avanzando nel cuore della città da più direzioni con colpi di artiglieria costante e continui bombardamenti” dice alla trasmissione Piazzapulita di La7, in collegamento con lo studio di Corrado Formigli. “Abbiamo deciso di chiudere la clinica: è stata una decisione difficile, sofferta. Siamo andati via con le lacrime agli occhi perché sappiamo che i bisogni a Gaza City sono immensi” aggiunge il capo progetto di Msf: “Però sappiamo che era diventato impossibile garantire la sicurezza del nostro staff, sia quello internazionale che soprattutto i colleghi palestinesi che rappresentano il 95% del personale delle nostre strutture mediche. Sono i veri eroi di questo dramma. Abbiamo dovuto chiudere e muoverci a sud come molta della popolazione, il nostro pensiero va a chi è intrappolato a Gaza: i più vulnerabili, i malati che sono ancora là”. Non c’era tempo, spiega, per organizzare un vero trasferimento. Tutto è stato impacchettato in fretta e furia, salvo quel che non si può trasportare: “Abbiamo fatto una donazione all’ospedale di al Shifa che è ancora attivo e in grado di operare, seppur manchi di tutto il materiale di prima necessità e soprattutto del carburante per far funzionare le macchine e le incubatrici: ha un’autonomia di pochi giorni”. Cibo e acqua mancano già da settimane, ora però mancano anche le cure mediche: “Perché gli ospedali stanno chiudendo uno dietro l’altro: cinquecentomila abitanti intrappolati sono senza cure mediche o lo saranno ben presto. Le immagini che ci arrivano ancora oggi dai pronto soccorsi sono terribili, non sono più in grado di gestire questi numeri perché stanno sfollando anche loro. Ci sono ad oggi centinaia di pazienti che si stanno muovendo con i propri mezzi, su carretti, pazienti che dovrebbero essere ancora in terapia intensiva che vengono portati al sud dove le strutture non sono in grado di accoglierli”. L’ospedale di Deir Al Balah, la cittadina in cui lo staff di Medici senza Frontiere si trova ora, è passato in poche settimane da una capacità di novanta letti a 150 letti: “Lo sforzo per rispondere al bisogno è enorme e i pazienti che arrivano hanno bisogno di trattamenti chirurgici d’urgenza: scappano dalla morte e arrivano in condizioni cliniche instabili. La situazione non è solo complicata, è disperata”. Gli aiuti? “Arrivano con il contagocce e non arrivano alla popolazione: la popolazione di Gaza ha ancora bisogno di cibo e acqua, il sistema medico ha bisogno di attrezzature che non ci sono ma soprattutto di un cessate il fuoco immediato”. Un appello si leva ai potenti della terra, gli unici in grado di fermare l’orrore: “Non sono sicuramente i medici o la società civile a poter fermare questo genocidio, sono esclusivamente i leader della comunità internazionale a poterlo fare. Mi chiedo dove sia il governo italiano in tutto questo: ho visto i video poco fa della premier Meloni, dice che si possono consegnare aiuti in poche ore. Dove sono questi aiuti?”. Cortei e manifestazioni però non sono inutili, sostiene Sandrone: “La società civile si sta mobilitando, la popolazione palestinese lo vede: sono orgoglioso di avere i miei colleghi che negli ultimi giorni, in questo dramma totale, si avvicinano per farmi vedere i video delle manifestazioni in Italia, dei porti bloccati. Perché i palestinesi ci stanno osservando: la popolazione di Gaza ci vede, ha bisogno di noi e noi non dimenticheremo che i veri responsabili sono i politici complici di questo genocidio”.