LAGNASCO - Lavoro ‘clandestino’, assolto il titolare di un maneggio a Lagnasco

Gli ispettori del lavoro avevano riscontrato la presenza di un immigrato irregolare nel centro ippico e denunciato il responsabile: ‘Mai stato un mio dipendente’

a.c. 04/02/2020 17:40

 
Nessuna violazione di legge, solo un rapporto di buon vicinato con reciproci scambi di favori. Lo ha stabilito il giudice Lorenzo Labate assolvendo il 56enne M.T., titolare di un centro ippico a Lagnasco, dall’accusa di aver violato la normativa sull’immigrazione assumendo un lavoratore clandestino.
 
La denuncia era scattata a seguito di un controllo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro nel giugno 2017. M.T., figura nota dell’equitazione italiana sia per i suoi trascorsi sportivi che come istruttore, in quel momento era assente perché impegnato in una competizione. A badare alla sua scuderia, come in altre occasioni precedenti, provvedeva il suo vicino di casa di origini albanesi: “È mio amico da anni - ha spiegato l’imputato - e al pari di altri amici si limita ad aiutarmi coi cavalli, senza impegno, svolgendo piccole mansioni. Altrettanto ho fatto io per lui”.
 
Insieme a lui però era presente il cognato, che al momento del controllo era risultato privo di un titolo regolare di permanenza in Italia. “Affermava di non essersi mai occupato dei cavalli e di averne addirittura paura, ma era stato identificato proprio mentre era intento a dar da mangiare agli animali del maneggio” ha sottolineato nella requisitoria il pm Anna Maria Clemente. La difesa ha sostenuto che non vi fosse necessità di assumere lavoranti, dal momento che diversi proprietari provvedevano da soli alle esigenze dei propri cavalli. Un’ipotesi a cui non ha dato credito la rappresentante della Procura, chiedendo una condanna a nove mesi e 5mila euro di multa: “Che qualche proprietario si occupi dei cavalli è probabile ma è necessario un più ampio lavoro a monte per la tenuta di un numero così elevato di animali”.
 
L’avvocato Alessandra Piano ha sostenuto l’insussistenza delle accuse rivolte a M.T.: “Non poteva certo sapere se il cognato del suo amico fosse o meno in possesso di un permesso di soggiorno. Il reato contestato può essere punito solo se esiste il dolo”. Ad ogni modo, ha rimarcato il difensore, “questa persona si è recata una volta sola nel maneggio e ciò è dimostrato dalle testimonianze”.
 
Il giudice ha accolto le argomentazioni della difesa, assolvendo il titolare del centro ippico con formula piena.

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