Sulle montagne una volta c’era vita: comunità, famiglie e scuole animavano le valli del Piemonte. Poi le città, con le loro opportunità lavorative e i servizi più efficienti, hanno chiamato molti di quegli abitanti, e le montagne hanno iniziato a spopolarsi. Ma ora sembra che ci sia un’inversione di tendenza che coinvolge anche il Cuneese e, più in generale, il Piemonte. Secondo il “Rapporto Montagne Italia 2025” realizzato dall’Unione nazionale Comuni Comunità Enti montani (UNCEM) con Fondazione Montagne Italia, le montagne italiane stanno tornando a essere attrattive. Nelle quasi 800 pagine del report, UNCEM analizza vari aspetti dei cambiamenti che hanno attraversato i luoghi di montagna in questi anni, dedicando un capitolo alla questione dello spopolamento. Per facilitare la comprensione del fenomeno, UNCEM divide il periodo dal 2009 al 2023 in tre diverse fasi, ognuna di cinque anni e individua delle tendenze. Il periodo tra il 2009 e il 2013 non è stato facile per gli italiani a causa della crisi finanziaria globale del 2009 e della crisi europea dei debiti sovrani del 2011-2012. In questi anni, le 387 comunità territoriali in cui sono divise le aree montane italiane sono state investite da un flusso di immigrazione composto soprattutto da popolazione straniera. È quella che UNCEM chiama la “stagione dell’accoglienza”, in cui l’ingresso di stranieri riesce in alcune aree a compensare il flusso in uscita dal territorio montano. Nella fase successiva, tra il 2014 e il 2018, il numero di persone straniere che si sposta verso le montagne diminuisce, ma al contempo scendono anche le persone italiane che abbandonano quei luoghi. Nel rapporto questo quinquennio prende il nome di “stagione del ripiegamento”. “L’etichetta del ripiegamento che abbiamo voluto affidare a questa seconda stagione intende sottolineare come essa registri il sostanziale affievolirsi, sino all’esaurimento, di un processo estremamente impattante e significativo”, si legge nel rapporto. E, infine, la fase più vicina all’oggi: la “stagione del risveglio”. Dal 2019 al 2023 l’Italia e il mondo intero hanno affrontato grandi cambiamenti: dalle conseguenze della pandemia da Covid-19 all’irrompere della guerra in Europa, senza dimenticare l’accelerazione della crisi climatica. Nella “stagione del risveglio” la montagna torna a essere attrattiva. “Dobbiamo registrare innanzitutto un saldo tra i movimenti della popolazione in ingresso e in uscita dalla montagna che torna a essere positivo e che assume dimensioni assai più significative di quanto non si sia registrato nei momenti migliori del passato”, si legge ancora nel report. Secondo UNCEM, in Italia quasi 100 mila persone in questi anni si sono spostate verso le montagne, anche se il fenomeno non coinvolge tutto il Paese allo stesso modo. Il “risveglio” è superiore tra le regioni del Nord e del Centro, in particolare in Emilia-Romagna (dove la popolazione montana in questi anni è aumentata del 46,7 per mille), in Toscana (+37 per mille), in Liguria (+32,16 per mille) e in Piemonte (+26,4 per mille). Il cambiamento coinvolge anche la provincia di Cuneo. In particolare, nella zona della valle Stura la popolazione che si è spostata in montagna è cresciuta tra il 10 e il 20 per mille e in valle Maira tra il 20 e il 33 per mille. Ancora superiore il saldo a nord della valle Maira, con un aumento che supera il 33 per mille. Per UNCEM la fase dal 2019 al 2023 è caratterizzata da alcuni elementi. Primo tra tutti il carattere di novità: “I segnali registrati rivelano un movimento sistematico che propone una inversione inedita nella storia economica e sociale della Repubblica e dell’intera storia unitaria del Paese”. In secondo luogo, l’asimmetria perché questo processo non avviene ovunque in Italia, ma riguarda solo le regioni del Nord e del Centro. E, infine, UNCEM sottolinea che questo trend è ancora fragile. Non bisogna dare per scontato che il ribaltamento di tendenza sia ormai un dato di fatto. “La presa di distanza dalla condizione metropolitana non è una scelta irreversibile; la difficoltà a costruire nuove economie può inceppare e far regredire progetti promettenti; le criticità organizzative e una insufficiente disponibilità delle organizzazioni a piegare le proprie regole e la propria tranquillità di routine burocratiche alle esigenze” del territorio possono creare nuovi ostacoli. Ma queste – si legge ancora nel report – “sono le sfide di una politica della montagna che può essere anche contenuta nei mezzi, ma non può essere modesta nelle ambizioni. Una sfida al cui esito positivo dobbiamo tutti lavorare”.