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    CUNEO - Tuesday 25 November 2025, 07:00

    La violenza contro le donne riguarda tutti: ognuno deve lavorare per prevenirla e contrastarla

    Pensare che la Granda sia immune non solo è sbagliato, ma crea un senso di falsa sicurezza e rende più difficile riconoscere i segnali, chiedere aiuto e intervenire
    La violenza contro le donne riguarda tutti: ognuno deve lavorare per prevenirla e contrastarla

    Oltre il 31% delle donne italiane tra i 16 e i 75 anni ha subìto una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. L’11% è stata minacciata di essere colpita, il 10,5% è stata spinta o strattonata, il 5,6% è stata colpita con oggetti o presa a calci, pugni o morsi. Queste cifre emergono dalla relazione Istat “La violenza contro le donne, dentro e fuori la famiglia”, pubblicata il 21 novembre 2025. È la terza edizione di questa indagine (era già stata condotta nel 2006 e nel 2014), anche se si tratta solo dei primi risultati, che fotografano una parte della realtà – quella relativa alle donne italiane – perché la ricerca sulle donne straniere è ancora in corso.

    I nuovi dati confermano che il fenomeno coinvolge tutta l’Italia, riguarda tutte le età e tutti i titoli di studio. Secondo i dati Istat, le percentuali più alte di donne che hanno subìto violenza fisica o sessuale si riscontrano tra le studentesse (36,2%). Tra le laureate tra i 25 e i 34 anni la percentuale di violenza negli ultimi cinque anni arriva al 41,7%, tra le diplomate tra i 16 e i 24 anni raggiunge il 48%. Ma coinvolge anche chi non è laureata. Allo stesso modo, riguarda sia le dirigenti che le operaie, sia chi è in cerca di occupazione che le impiegate.

    “Ognuna di noi si potrebbe trovare ad avere una vicina di banco, di casa, una collega, un’amica, una parente che vive o ha vissuto questa situazione perché la violenza non è una cosa lontana, riguarda tutti, compreso il territorio di Cuneo”, spiega Michela Beccaria, operatrice antiviolenza della Cooperativa Sociale Fiordaliso, che da anni è attiva sul territorio nel contrasto e sensibilizzazione sul tema della violenza di genere. “Avere un livello di istruzione elevato, uno stipendio, essere inseriti da un punto di vista sociale e relazionale non protegge dall’esposizione a situazioni di violenza. Spesso si pensa che riguardi solo alcune culture, ma non è così. È un fenomeno trasversale che può colpire chiunque, anche se ci sono determinate condizioni sociali – come l’assenza di un lavoro o di una rete di supporto – che possono rendere ancora più difficile l’uscita da una situazione di violenza”.

    Come spiega l’operatrice antiviolenza, pensare che nel Cuneese non ci siano uomini che adottano comportamenti violenti nei confronti delle donne, oltre a essere errato, “crea un senso di falsa sicurezza e rende più difficile riconoscere i segnali, chiedere aiuto o intervenire”.

    Il fenomeno riguarda tutte e tutti, da Nord a Sud, dentro e fuori i confini italiani. Secondo i dati diffusi oggi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) insieme all’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile (UN Women) nel 2024 a livello mondiale in media ogni 10 minuti è stata uccisa una donna in ambito familiare o affettivo. Proprio perché la violenza maschile contro le donne è così diffusa e radicata è necessario lavorare sulla prevenzione del fenomeno. “Nelle scuole l’educazione affettiva è fondamentale perché è solo attraverso la conoscenza dei valori basati sul rispetto, sulla libertà dell’altro e sul consenso che si possono sradicare i comportamenti di tipo violento. Fin dai primi anni di vita è importante insegnare un nuovo modo di vivere nella società e in relazione con le altre persone”, aggiunge Beccaria.

    Oltre alla scuola, un ruolo fondamentale è svolto dalla famiglia e dal gruppo di pari. “Cresciamo esposti fin da piccoli a determinati ruoli e aspettative sociali, secondo cui gli uomini devono essere forti e non possono esprimere le proprie emozioni, mentre le donne devono prendersi cura degli altri. Su queste caratteristiche si sviluppa poi la disparità”. È in questi ambiti che è possibile creare la base su cui costruire relazioni sane, basate sul rispetto reciproco. È importante “insegnare ai bambini a riconoscere e nominare le emozioni, contrastare gli stereotipi, offrire un ascolto non giudicante a chi vive relazioni difficili”, spiega ancora Beccaria. Mentre il gruppo di pari può essere utile per riconoscere segnali e incoraggiare l’eventuale richiesta di aiuto, perché “cambiare le dinamiche nei gruppi significa agire sul terreno dove molti comportamenti violenti iniziano a essere appresi o tollerati”.

    Pensare che la violenza riguardi solo determinate classi sociali, culture, regioni, o solo le metropoli è un modo per non affrontare il problema, sottovalutando la gravità della situazione e lasciando che la società continui a non cambiare. In Italia nei primi nove mesi di quest’anno, secondo i dati del Servizio di analisi criminale del Ministero dell’Interno diffusi a ottobre, 60 donne sono state uccise in ambito familiare o affettivo. In media, circa una donna under 75 su tre ha subìto violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita, più di 3 milioni hanno subìto stalking. Di fronte a questi numeri, chi ha ancora il coraggio di pensare che la violenza non riguardi ciascuno e ciascuna di noi?

    Micol Maccario
    luogo CUNEO
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    Tag:
    25 novembre - Violenza contro le donne
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