Referendum, l’appello di Landini ad Alba e Bra: “Non è un voto per la Cgil, ma per il lavoro”
Sul palco anche i lavoratori di Diageo e 112. Il sindacalista fa autocritica: “Se le persone hanno perso fiducia nella politica e nel sindacato chiediamoci come aiutarle”Poche polemiche, molte mani tese. E un appello anche agli avversari dei referendum dell’8 e 9 giugno: “Votate no, ma andate a votare”. Maurizio Landini sa che il vero nemico si chiama quorum. Una soglia che non viene raggiunta dal 2011, l’anno dei referendum sul nucleare e l’acqua pubblica. Anche perché ormai, vista la disaffezione degli elettori, per “uccidere” il voto popolare basta non parlarne: “Sto cercando qualcuno per un dibattito. - dice il segretario generale della Cgil, al pubblico che lo ascolta - Siccome non hanno argomenti non stanno dicendo perché si dovrebbe votare no, stanno dicendo di non andare a votare”.
La mattinata del sindacalista si apre ad Alba, con un volantinaggio e un comizio in piazza Cagnasso. Poi ci si sposta a Bra, in via Cavour. Insieme a lui salgono sul palco i lavoratori che raccontano le storie in controluce della “Baviera d’Italia”. Ilaria Marenco, operatrice Amos del numero unico di emergenza 112, denuncia un contratto multiservizi “inadatto a un servizio essenziale, con stipendi fermi a 1.500 euro dopo otto anni, turni h 24 e responsabilità enormi”. Laura Filangeri di Diageo parla della paura della crisi: “Sapere che a 53 anni ti ritrovi senza un posto di lavoro, separata e con una figlia a carico è stato devastante”. Walter Bongiovanni, lavoratore in somministrazione, parla della vita precaria di chi “viene usato finché serve e poi lasciato a casa, come un pacco postale”. A mettere sul tavolo il tema del caporalato è Hadam Belem, mediatore della Flai Cgil: “In provincia gli occupati in agricoltura sono circa 30mila, la maggior parte hanno una cosa in comune: lo sfruttamento”. Non è solo un problema degli stranieri: lo dicono i numeri della Caritas, letti da Nicola Cassano. “Nel 2024 - spiega - abbiamo erogato oltre 94mila euro per spese abitative: questo ci dice che oggi lavorare non basta più”.
Il lavoro povero, il lavoro sfruttato, il lavoro senza garanzie. È il tema di quattro dei cinque quesiti, cui si aggiunge quello per il dimezzamento dei tempi di concessione della cittadinanza. “La battaglia che stiamo facendo non è una battaglia di parte” dice Landini, che lascia spazio anche all’autocritica: “Se le persone hanno perso la fiducia verso le forze politiche e anche verso il sindacato non sono loro che non hanno capito. Dobbiamo porci il problema di come tornare ad essere i soggetti che non lasciano le persone sole a risolvere i problemi”. Parole che il segretario generale della Cgil rivolge alla platea smentendo ogni ambizione politica. Un sospetto legittimo, visto che in passato le “porte girevoli” tra il sindacato e il parlamento sono state una costante: “È una delle voci che sta circolando, che la Cgil starebbe facendo questo lavoro per candidare me alla Camera o al Senato. Questo è fatto per tentare di non discutere del problema vero che stiamo ponendo: non si va a votare neanche per la Cgil, ma per un cambiamento radicale”.
Nel mirino ci sono le “leggi balorde” approvate negli ultimi venticinque anni, sottolinea Landini, da tutti i governi: “È passata l’idea che l’economia aveva bisogno di flessibilità, che il mercato non doveva avere nessun vincolo sociale. Questo pensiero è diventato il pensiero dominante e ha riguardato trasversalmente tutto il mondo politico”. Il primo quesito chiede di abrogare le norme sui licenziamenti in vigore dal Jobs Act, per cui ora non è più previsto il reintegro neanche in caso di licenziamento ingiusto: “A quelli che oggi dicono che non bisognerebbe andare a votare chiedo di cosa abbiano paura. Parliamo di ripristinare l’articolo 18: oggi nello stesso luogo di lavoro c’è chi ha questa tutela e chi non ce l’ha. Più di 4 milioni di persone assunte dopo il 2015 non hanno questa tutela”.
Poi ci sono le altre rivendicazioni: l’eliminazione del limite al riconoscimento di indennità ai lavoratori licenziati nelle piccole imprese, l’obbligo di indicare una causale per il ricorso ai contratti a tempo indeterminato, il riconoscimento della responsabilità dell’appaltante in caso di incidenti nei quali incorrano dipendenti di aziende che operano in appalto e in subappalto. Landini ricorda che tutte le peggiori stragi sul lavoro degli ultimi anni hanno questo dato in comune: è il caso dell’investimento degli operai sui binari a Brandizzo, dove l’azienda lavorava in appalto per le ferrovie. Ma anche del crollo sul cantiere dell’Esselunga a Firenze, dell’esplosione nel deposito Eni a Calenzano, della morte di cinque operai, uccisi dalle esalazioni, a Casteldaccia in provincia di Palermo: la loro azienda aveva vinto un appalto per una municipalizzata.
“Non diciamo che tutti gli imprenditori sono cattivi, perché ci sono persone perbene. Ma un sistema di questa natura determina una concorrenza sleale anche tra le imprese, favorisce i banditi” dice Landini. Il quinto quesito è quello su cui più si è aperto lo scontro. La Cgil lo sintetizza così: “Si sta chiedendo di tornare alla legge del 1992, perché fino al 1992 gli anni per ottenere la cittadinanza erano cinque come in altre nazioni europee. Non si premia la persona di per sé ma chi lavora, rispetta le leggi, paga le tasse, ha imparato la lingua e si è integrato. A una persona più di questo cosa devi chiedere?”.
Andrea Cascioli

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