"Sanità, infrastrutture, nucleare: dal libro del cuneese Menardi si comprendono le cose"
Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni dell'ex consigliere provinciale cuneese Paolo ChiarenzaRiceviamo e pubblichiamo.
Egregio direttore,
per chi si occupa con passione di politica e si impegna sul territorio viene naturale studiare i problemi, approfondire gli argomenti, conoscere per comprendere meglio le cose di attualità. Personalmente ho seguito questa linea leggendo il libro “Bestiario” del cuneese ing. Giuseppe Menardi, con particolare attenzione ai settori della sanità, delle infrastrutture, dell’energia nucleare. Inoppugnabili considerazioni vanno rivolte alle liste di attesa degli ospedali, questione scoppiata in modo virulento nell’anno 2024. Il Servizio Sanitario Nazionale è in crisi da parecchi anni, da quando i medici sono stati considerati dipendenti pubblici: i medici di famiglia sono diventati medici dello Stato, da scegliersi obbligatoriamente negli appositi elenchi. Naturalmente, essi hanno ritmi e tempi confacenti al loro status di dipendenti pubbici. Stessa anomalia riguarda la situazione dei medici ospedalieri. Una certezza è acquisita: il medico è un dipendente dello Stato che, a differenza degli altri, non è soggetto alla esclusività del rapporto di lavoro. In questa situazione è evidente che le liste di attesa degli ospedali saranno inesorabilmente sempre super affollate e perciò i tempi di attesa lunghissimi. Il conto è semplice: se la domanda è estremamente maggiore dell’offerta, non è possibile ottenere risposta in tempi accettabili. Tutto ciò nel corso degli anni è diventato un gigantesco affare a cui la politica non ha saputo fornire regole. Sarebbe sufficiente applicare per i medici l’art. 98 della Costituzione, ovvero l’esclusività del rapporto di lavoro. Se sei un medico dello Stato, non puoi contestualmente essere un medico di cliniche private.
Per quanto riguarda le grandi infrastrutture, è bene sapere che con il governo Berlusconi nel 2001 l’Italia sembrava avviata verso un processo virtuoso di modernizzazione infrastrutturale. Gli investimenti al riguardo potevano essere il volano su cui puntare per riuscire a incamminare la nazione in una strada di crescita economica. L’equazione che ispirava l’attività del governo era: investimenti infrastrutturali = più denaro per le imprese e i lavoratori; meno costi per spostamenti di persone e cose, più efficienza ed efficacia del sistema di risposta alle richieste di natura socio-economica (apparato scolastico, sanitario, medicinali, alimentazione) = crescita economica e sociale complessiva.
Un simbolo del settore infrastrutture è stato il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Teniamo conto che fin dall’antichità romana si è parlato di collegare le due sponde della Calabria e della Sicilia. In epoca recente l’argomento è stato ripreso da Musssolini e rilanciato nel dopoguerra da Craxi, da Berlusconi, da Renzi, da Draghi e infine dal governo Meloni. È nelle grandi infrastrutture, è in questo segmento dell’economia che più si palesa l’arretratezza dell’Italia.
La politica energetica per il futuro ha bisogno di più pragmatismo e meno ideologia: ripensare la scelta del nucleare si può e si deve. L’energia è sempre di più il riferimento per giudicare quanto le nazioni siano libere nel mondo, perché la ricerca spasmodica dell’approvigionamento di fonti di energia condiziona la geopolitica planetaria. Ormai un po’ tutti hanno compreso che allo stato dell’arte l’unica fonte di energia pulita è l’atomo: oggi si lavora per avere un sistema di produzione energetica per fusione, che è privo di scorie atomiche. Il “bestiario” italiano comporta che siamo gli ultimi a tenere il territorio nazionale “nuclear-free zone”. Siamo circondati da reattori nucleari dislocati dalla Slovenia alla Francia. Siamo la nazione in Europa che paga più cara l’energia.
Queste mie note sintetiche le raccomando a chi ha voglia di riflettere su alcuni paradossi nazionali che vanno ribaltati.
Ringrazio per la pubblicazione, distinti saluti.
Paolo Chiarenza
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