Cuneo è la provincia piemontese con la minore percentuale di giovani laureati
La Granda tra le peggiori a livello nazionale: solo un residente su cinque, nella fascia 25-39 anni, ha un titolo di studio terziario. L'indagine della Fondazione OpenpolisCuneo è la provincia piemontese con la minore percentuale di giovani laureati. Il dato emerge dall’indagine condotta dalla Fondazione Openpolis, pubblicata nei giorni scorsi. Il rapporto evidenza come l’Italia sia agli ultimi posti tra i Paesi Ue rispetto al numero dei giovani laureati (fascia 25-34 anni), con una quota del 31,6%, rispetto a una media europea del 44%: peggio solo la Romania (23,2%), nella classifica guidata da Irlanda (65,2%), Lussemburgo (63,8%) e Cipro (60,1%). “Tra le cause di questa tendenza, le disparità sociali e l’origine familiare assumono un’importanza fondamentale. A questo si aggiungono i profondi divari territoriali”, si legge nella relazione.
E proprio il divario territoriale, presumibilmente, è uno dei fattori che pongono la Granda al fondo della classifica per quanto riguarda il Piemonte: la lontananza dai grandi centri e dalle principali Università, unita alle croniche mancanze infrastrutturali, rappresentano senz’altro un limite per gli studenti cuneesi. Secondo Openpolis è laureato appena il 20,3% dei residenti in provincia di Cuneo nella fascia 25-39 anni, contro il 24,7% del 2018. La percentuale più alta è quella di Torino (36,4%), seguita da Biella (34,4%), Verbano Cusio Ossola (27,4%), Novara (27,3%), Alessandria (25,1%), Vercelli (24,1%) e Asti (23,7%).
Cuneo registra anche il calo maggiore rispetto al 2018, quando la percentuale di giovani laureati era del 24,7% (-4,4%). In calo anche Vercelli (-3,4%) e Novara (-0,4%), mentre il dato è in aumento in tutte le altre province piemontesi.
La Granda presenta il dato peggiore non solo a livello regionale, ma anche considerando l’intero nord Italia, e in generale uno dei più bassi a livello nazionale. La provincia di Siracusa è quella con meno laureati sotto i 40 anni. In questa zona della Sicilia infatti il 15,2% dei residenti tra 25 e 39 anni ha un titolo di studio terziario. Poco sopra l’area di Foggia (15,8%). A seguire, Brindisi (18,5%), Reggio Calabria (18,6%) e Benevento (18,9%) mostrano una quota di laureati leggermente superiore, anche se restano sotto la soglia di un laureato ogni cinque residenti con meno di 40 anni. La Granda raggiunge per un soffio questa soglia insieme a Imperia (20,1%), Sud Sardegna (20,1%), Crotone (20,2%) e Barletta-Andria-Trani (20,7%), pur restando molto lontana dalla media nazionale pari al 30,9% nel 2024.
In generale, un dato così basso per il nostro Paese porta una riflessione sulle radici di questa tendenza e sulle possibili soluzioni. Una recente ricerca per l’ufficio valutazione di impatto del Senato ha analizzato il collegamento tra origine sociale e accesso all’istruzione superiore, anche alla luce della letteratura esistente. La tendenza rilevata in quasi tutti i sistemi educativi è che gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati hanno una probabilità significativamente inferiore di iscriversi all’università rispetto ai loro coetanei più abbienti. “Si tratta di un tipico ambito in cui emerge la trappola della povertà educativa, dal momento che sono proprio i figli di chi vive una situazione di svantaggio ad avere meno possibilità di sottrarsi da tale condizione in futuro. Questa tendenza di fondo è visibile anche per il caso italiano ed è stata evidenziata in numerosi studi”, si legge nell’indagine pubblicata da Openpolis.
Nel caso italiano, sono diversi i segnali che uno svantaggio socio-economico-culturale potrebbe essere alla base di questa tendenza. Numerose indagini, anche recenti, hanno evidenziato proprio questo aspetto: “Nel luglio 2024, l’indagine di Istat sui livelli di istruzione e i ritorni occupazionali, ha mostrato come siano soprattutto i figli dei laureati a proseguire gli studi. Quando i genitori non hanno il diploma, quasi un giovane su quattro (23,9%) abbandona precocemente gli studi e solo il 12% raggiunge la laurea o un altro titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, la percentuale di abbandoni precoci della scuola scende all’1,6%, mentre quasi il 70% arriva a laurearsi. In modo del tutto analogo, una precedente analisi dei ricercatori di Inapp, basata sulla coorte generazionale 1977-1986, aveva evidenziato come, tra i figli di genitori con la laurea, il 75% avesse la probabilità di laurearsi a sua volta. Dato che scendeva al 48% tra chi aveva alle spalle una famiglia dove il titolo di studio massimo era il diploma e al 12% se i genitori avevano la licenza media. Ne consegue che anche le aspettative e le aspirazioni di ragazze e ragazzi possono essere fortemente influenzate dalla condizione di partenza”.
QUI l’indagine pubblicata dalla Fondazione Openpolis.

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