Giulia Marro in visita al Cpr di Torino: "Macchina di propaganda sulla pelle delle persone straniere"
Con lei anche la collega Martina Amisano: "Per noi la soluzione resta una sola: chiudere al più presto queste strutture, in tutta Italia"Riceviamo e pubblichiamo.
Avevamo promesso di verificare con costanza le condizioni del Centro per la Permanenza e il Rimpatrio di Torino e lo stiamo facendo: questa mattina abbiamo svolto una nuova ispezione, trovandoci nuovamente di fronte alla desolazione delle gabbie di corso Brunelleschi e alla disperazione di persone che non sanno come sono finite lì dentro e per quanto sono destinate a rimanerci.
La situazione kafkiana che si trovano ad affrontare le persone straniere illegalizzate dalle norme sull'immigrazione vigenti in Italia è ben esemplificata dalla vicenda di un ragazzo gambiano di 22 anni, che abbiamo incontrato questa mattina. Nonostante abbia una richiesta d'asilo pendente - e dunque sia destinato, per legge, ad uscire dal CPR - il giovane resta trattenuto in attesa della prossima udienza. Ma non è tutto: il ragazzo, che presenta problemi di salute e lamenta la carenza delle cure, è stato denunciato dagli agenti che operano nel Centro per resistenza a pubblico ufficiale, un reato che a fronte del DL Sicurezza voluto dal Governo Meloni può portare ad una condanna fino a 7 anni di carcere. Il giudice chiamato a pronunciarsi sulla denuncia ha disposto l'obbligo di firma come misura cautelare: la situazione è quindi quella di un ragazzo giovanissimo trattenuto in CPR per l'espulsione nonostante abbia una richiesta d'asilo pendente, per il quale si celebrerà un processo per resistenza a pubblico ufficiale che rischia di portarlo in carcere per anni e che è tenuto all'obbligo di firma mentre già si trova nella custodia dello Stato in Corso Brunelleschi. A quale perversa logica risponde tutto questo? Come è possibile che le istituzioni - dalle forze di pubblica sicurezza alla magistratura - dedichino a questo le loro energie, che dovrebbero essere investite per il bene comune?
Molto preoccupanti sono poi le condizioni di salute mentale delle persone trattenute: ricordiamo che per entrare tutti devono avere una certificazione di idoneità dell'ASL, ma le situazioni di disagio mentale sono talmente evidenti che gli stessi medici interni del CPR o i giudici spesso dispongono accertamenti ulteriori rispetto al referto di ingresso, per non parlare del consumo di psicofarmaci che resta elevato. Chi soffre di disturbi di salute mentale è una persona vulnerabile che all'interno del CPR non deve mettere piede, secondo le stesse direttive ministeriali: invece, come sempre, ci siamo trovate di fronte persone con significativi disturbi, che uniti alla disperazione per la insensatezza della reclusione conducono spesso ad atti di autolesionismo - numerosi anche nel mese di agosto.
Al momento le persone trattenute sono 68, distribuite nelle tre aree aperte (su sei complessive). Dalla riapertura di fine marzo ad oggi sono transitate nel Centro 354 persone, di cui ne sono state rimpatriate 38, vale a dire il 10% dei trattenuti e meno di un terzo dei rimpatri complessivi effettuati dalla Questura di Torino, come comunicati ieri in una nota stampa. Per tutti gli altri il CPR resta un trauma inutilmente inflitto dallo Stato italiano alle persone straniere, molte delle quali permangono nel CPR nonostante sia già perfettamente noto alle autorità che sarà impossibile il rimpatrio vista l'assenza di accordi con i paesi di origine. Per noi la soluzione resta una sola: chiudere al più presto queste strutture, in tutta Italia.
Martina Amisano e Giulia Marro
Gruppo consiliare AVS - Sinistra Italiana Europa Verde Possibile Reti Civiche

Giulia Marro - cpr