Lascia il presidente del tribunale di Cuneo, il futuro è un’incognita: “Manca metà del personale”
Il bilancio di Paolo Demarchi dopo otto anni: “Le pendenze sono diminuite”. Il presidente della Corte d’Appello esclude la riapertura di Alba: “Non ci sono magistrati”Paolo Demarchi Albengo lascia senza rimpianti il vertice del palazzo di giustizia cuneese dopo otto anni, rivendicando, tra gli altri risultati raggiunti, la riorganizzazione degli archivi giudiziari, gli uffici di prossimità a Saluzzo e Villafalletto, il primo bilancio sociale del tribunale di Cuneo. In mezzo anche il “terremoto” del Covid, i cambiamenti provocati dalla riforma Cartabia e un depauperamento di risorse umane - tra i funzionari più ancora che tra i magistrati - che non si è mai arrestato. Anzi.
“Le pendenze sono diminuite dall’inizio dell’ottennio sia nel civile che nel penale” sottolinea il presidente uscente, che da oggi (venerdì 30 maggio) prende possesso del nuovo ufficio presso la prima sezione civile della Corte d’Appello di Trento. Merito di chi lavora, nonostante tutto, per coprire anche i buchi. Ormai si può parlare di emorragia, più che di semplici carenze: manca il 50% dell’organico amministrativo, poi - ricorda Demarchi - ci sono le 104 e i part time. Le scoperture sono a ogni livello: “Il dirigente amministrativo - il profilo più alto dell’amministrazione - manca da quattro anni, per cui oltre al presidente ho fatto anche questo. Non abbiamo un solo direttore sui sette previsti e nemmeno un autista”.
Non che sia un problema tutto cuneese, ma qui non vale il detto “mal comune mezzo gaudio”: in Piemonte, conferma il presidente della Corte d’Appello di Torino Edoardo Barelli Innocenti, si va da un minimo di scopertura del 20% al record di Alessandria, col 60% di dipendenti in meno del previsto. Il magistrato cita un caso paradossale: “Da un anno ho i tribunali di Cuneo, Asti e Alessandria senza autisti: ho chiesto di autorizzare una convenzione con gli NCC o i taxi”. Scelta dovuta, perché oltre ai giudici c’è da spostare i cancellieri, quando devono fare audizioni lontano dal tribunale: “Con l’ufficio economato ho tirato fuori un ‘gruzzoletto’ di 600 euro diviso fra i tre tribunali. Questo va avanti da un anno, perché aspettiamo dal 2022 un concorso per gli autisti che forse arriveranno l’anno prossimo”.
Con i dipendenti amministrativi, come detto, va perfino peggio. Il ministero della Giustizia ha suggerito di “pescare” dalle graduatorie dei concorsi degli altri enti: Torino e Cuneo l’hanno fatto, segnalando gli idonei, ma poi da Roma non è arrivata nessuna risposta. Chi può, fra l’altro, se ne va: l’Agenzia delle Entrate attira giovani funzionari, meglio pagati e muniti di maggiori rimborsi, per esempio sulle spese mediche. C’è l’Ufficio per il Processo, ma è un’altra soluzione tampone. Finanziato coi soldi del Pnrr, andrà a scadenza il prossimo anno: i dipendenti in teoria dovrebbero fare lavoro di ricerca per i giudici, nella pratica, specie nei tribunali più piccoli, finiscono per prendere il posto di cancellieri e assistenti.
Tra i magistrati il quadro è drammatico nell’ufficio di sorveglianza e nelle tre sedi dei giudici di pace: Cuneo ne ha due contro i sei previsti, a Saluzzo ce n’è uno su quattro, a Mondovì sono tre su cinque in pianta. “Il ministero è sordo alle nostre grida di dolore” lamenta il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cuneo Alessandro Ferrero, paventando gli effetti che novità dirompenti come la riforma dei giudici di pace (prevista dalla Cartabia, con un ampliamento delle competenze) o il gip collegiale potrebbero avere: “Attualmente la prima udienza dal giudice di pace di una causa civile viene fissata a un anno”.
Se lo Stato sulla giustizia sembra davvero “tirare i remi in barca”, dice l’avvocato, è inutile vagheggiare di riaprire i tribunali soppressi: “Il rischio è di creare un simulacro”. Per Barelli Innocenti, anzi, è una certezza: “In Piemonte c’erano 17 tribunali, gli studi dicono che per un equilibrio efficiente un tribunale dovrebbe essere formato da 30 o 40 magistrati. Ancora adesso, solo Alessandria arriva a 29: gli altri sono molto più piccoli. Cuneo è a 26, Ivrea 23, Novara e Vercelli 19. Riaprire Alba? Vorrebbe dire togliere personale ad Asti, dove sono già con l’acqua alla gola”.
Andrea Cascioli

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