L’orgoglio del Santa Croce: “Non solo il migliore ospedale d’Italia, ma l’unico senza gettonisti”
Davanti alla platea del Rotary, il dg Tranchida presenta le eccellenze sanitarie: “Ai cuneesi dico di tirare fuori la testa dalla sabbia e difendere ciò che abbiamo”C’è stato un caso in cui i medici del Santa Croce e Carle hanno ridato la vista a un cieco, nel vero senso della parola. A una sessantenne con un tumore avanzato all’esofago, arrivata dalla Calabria, è stata restituita la speranza quando nessuno sembrava essere in grado di farlo. Poi c’è la vicenda di una signora venuta a trovare il figlio dalla Sardegna, per Natale: ha scoperto di avere un nodulo al seno, in poco più di un mese a Cuneo è stata operata. Problema risolto.
Sono solo alcune delle storie di eccellenza sanitaria raccontate dai primari e dal direttore generale Livio Tranchida alla platea del Rotary Club Cuneo 1925, nella sede di Confindustria. Tranchida riavvolge il nastro, torna all’epoca più fosca del recente passato: quando l’ospedale era rimasto senza una direzione, con 56 medici e 14 primari mancanti in organigramma. “Io sono arrivato come commissario, era la prima volta che questa azienda veniva commissariata in 706 anni di storia” ricorda il dg: “Oggi siamo l’unica azienda ospedaliera senza gettonisti in Italia. Questo è un elemento di garanzia nella continuità assistenziale: le persone che ti vedono oggi, ti vedono anche domani”.
L’unica Aso senza gettonisti è anche il miglior ospedale hub italiano, secondo la classifica stilata da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. E pensare che sono passati due anni appena: “Abbiamo riscoperto la nostra eccellenza, l’abbiamo tirata fuori dal tappeto” racconta l’ex dg di Amos. Lui, che si definisce con ironia “un cuneese del sud”, è solito ripetere una frase ai suoi collaboratori: “Dico sempre che se le cose non si possono fare a Cuneo, non si possono fare da nessuna parte”.
Sul palco lo affiancano, a turno, il neodirettore sanitario Lorenzo Angelone e i primari dei vari reparti, che spiegano il loro lavoro con numeri a volte sorprendenti. Il pronto soccorso, per esempio, conta 70mila accessi, come le Molinette e il Cardarelli: il 50% dei ricoverati viene mandato alla Medicina Interna, diretta da Luigi Fenoglio. Un reparto che ha vissuto una rivoluzione: “Al quinto piano del Santa Croce, in otto mesi, siamo riusciti a fare un reparto di medicina interna articolato su due aree, la maggiore e la minore intensità di cura”. Tutto questo dopo aver vissuto “anni difficili non solo per il Covid, non sempre c’era una visione moderna dell’ospedale”.
Un autentico “top player” approdato a Cuneo è il chirurgo oncoplastico Riccardo Bonomi, ora a capo della Senologia dopo 22 anni a Londra: “Mi ha colpito l’entusiasmo di Tranchida e Puppo per un progetto che mette la donna al centro di un processo di cura, a 360 gradi: medico, internistico, ginecologico, senologico, dietologico”. Con il Centro Salute Donna, sottolinea, “siamo riusciti a riservare posti per chi viene con un sospetto clinico e ad avere nello stesso giorno l’ecografia o la mammografia. Addirittura riusciamo a organizzare la biopsia, se serve”. Al fianco delle donne lavora anche il reparto di Ginecologia e Ostetricia di Andrea Puppo.
È lui a parlare di quella che definisce “una storia pazzesca”, accaduta a Pinerolo la scorsa estate. Una paziente andata incontro a un sanguinamento incontrollabile dopo il parto, proseguito anche dopo la rimozione dell’utero. “Mi ha chiamato il primario di Pinerolo, quasi in lacrime: non so cosa fare, questa donna sta morendo” ricorda Puppo. Poi è arrivata a Cuneo e si è salvata: “I nostri ematologi sono stati straordinari e hanno trovato il difetto originale, rarissimo. Per me è stata una grande emozione quando la paziente si è risvegliata dopo giorni di intubazione: era come se non fosse successo niente. Oggi sta benissimo ed è a casa con i suoi cinque figli. Credo che questo sia il nostro lavoro”. Per salvare questa paziente, ricorda Tranchida, è stato autorizzato l’uso un farmaco che costa un milione di euro.
Uno dei casi in cui l’ospedale getta il cuore oltre l’ostacolo. È successo anche con una donna venuta dall’entroterra calabrese, con un tumore all’esofago. La famiglia era in condizioni di indigenza e nessuno sembrava in grado di occuparsi di lei. A Cuneo, invece, c’è chi lo ha fatto in più reparti, dalla Gastroenterologia all’Anatomia Patologica, fino all’operazione in Chirurgia Toracica: “Tutto l’ospedale si è messo in moto e la donna in questo momento è a casa” dice il responsabile Andrea Denegri. “È stato possibile - aggiunge - anche perché siamo riusciti a organizzarle il viaggio, più il pernottamento per il marito e il figlio. Tutto grazie alle associazioni: questo credo si possa fare solo a Cuneo”.
Tra gli ambiti in cui la medicina ha fatto più progressi c’è la Cardiologia. Fino a pochi decenni fa l’infarto non si trattava nemmeno: “Adesso immobilizziamo il paziente dopo poche ore e lo dimettiamo dopo tre o quattro giornate” conferma il primario cuneese Roberta Rossini. Il tempo è tutto, in questi casi: “Noi diciamo che ‘il tempo è muscolo’. La sfida è ridurre il tempo precoronarico, da quando insorgono i sintomi a quando apriamo la coronaria”. Agenas chiede agli ospedali di assicurare un tempo inferiore a 90 minuti per il trattamento del 70% dei pazienti: per Cuneo la sfida era migliorare una performance già buona, ed è riuscita.
Le “asticelle”, dunque. Nell’Ortopedia ne esiste una molto stringente, riguardo alla percentuale di over 65 con una frattura al femore che vengono operati entro 48 ore. Tranchida lo chiama “un dato ghigliottina”: “Molti degli ospedali eccellenti hanno valori disastrosi. Il San Raffaele il 30%, il Galeazzi 35%”. Cuneo? L’86%, da un dato di partenza al 56%: “In due anni di lavoro siamo riusciti a portare un miglioramento di oltre il 30%, migliore rispetto ai parametri chiesti da Agenas” conferma il direttore della struttura complessa Lucio Piovani.
Un altro reparto in cui il Santa Croce mette la freccia davanti a centri assai meno “periferici” è l’Oculistica: si sfiorano le 5mila operazioni di cataratta all’anno, più delle Molinette. “Storicamente Cuneo è stato un centro di riferimento per l’oculistica” dice Agostino Vaiano, che oggi ne ha la responsabilità. Tra i casi più incredibili, un anno fa, quello di un trentenne ridotto alla cecità dall’alcolismo e da una cardiopatia: “Era come se le cornee si fossero ‘squagliate’, gli occhi erano bucati. Ha avuto un trapianto d’urgenza. Dopo qualche mese siamo passati alla fase ricostruttiva, per la prima volta abbiamo impiantato una retina artificiale con l’iride”. Oggi è tornato a vedere, con quattro decimi.
Se ai chirurghi si chiede efficacia, a occuparsi dell’efficienza è un intero mondo di professionisti che non si vedono. Farmaciste, infermieri, tecnici, informatici, squadre di pulizia. Giuseppe Coletta, il primario di Anestesia, li chiama “il nono reparto”, una metafora con cui in Marina si designa chi lavora “sotto la linea di galleggiamento”. Sono loro a permettere a venti sale operatorie di funzionare in ogni momento, in un ospedale dove si effettuano 33mila interventi all’anno: “Nel 2024 abbiamo lavorato per 39mila ore”. Un minuto di sala operatoria, secondo la letteratura anglosassone, costa da 22 a 130 dollari: “Noi siamo tra i 24 e i 28 euro: siamo efficienti ma anche economici”.
“Cuneo non è proprio il centro del mondo: non siamo Milano col suo brand, o Torino” ricorda Tranchida. Eppure l’Italia è fatta di periferie e nelle periferie ci sono le eccellenze: “Dobbiamo semplicemente, ogni tanto, tirare fuori la testa dalla sabbia e dimostrare l’orgoglio di vivere in questa terra. A tutti noi dico: difendiamo ciò che abbiamo qui”. Nella sanità, e non solo.
Andrea Cascioli

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