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    CUNEO - Monday 18 August 2025, 11:27

    Più avvocati che idraulici: in un anno la Granda ha perso più di mille artigiani

    I dati contenuti in uno studio condotto a livello nazionale dalla Cgia di Mestre: "In dieci anni quasi un artigiano su quattro ha gettato la spugna". Il Piemonte tra le regioni peggiori
    Più avvocati che idraulici: in un anno la Granda ha perso più di mille artigiani

    Negli ultimi dieci anni il numero degli artigiani presenti in Italia ha subito un crollo verticale di quasi 400 mila unità: se nel 2014 se ne contavano 1,77 milioni, l’anno scorso la platea è scesa a 1,37 milioni (-22%). I numeri emergono da uno studio pubblicato dalla Cgia di Mestre, elaborato sulla base di dati INPS. “Possiamo affermare con grande preoccupazione che in due lustri quasi un artigiano su quattro ha gettato la spugna”, si legge nel rapporto. Anche nell’ultimo anno la contrazione è stata importante: tra il 2024 e il 2023 il numero è sceso di 72 mila unità (-5%). La riduzione ha interessato tutte le regioni d’Italia, nessuna esclusa.

    I numeri peggiori sono quelli delle Marche, passati dai 68.941 imprenditori artigiani del 2014 ai 49.572 del 2024, con una variazione negativa del 28,1% (-6,7% tra il 2023 e il 2024). Tra le regioni peggiori il Piemonte, quartultimo: 168.461 gli imprenditori artigiani attivi nel 2014, 131.892 quelli del 2023, 124.643 quelli del 2024, con variazioni negative del 26% sul decennio e del 5,5% nell’ultimo anno. 

    Per quanto riguarda i dati a livello provinciale, la variazione peggiore nell’ultimo anno è stata quella di Ancona, passata dai 13.356 imprenditori artigiani attivi nel 2023 ai 12.102 del 2024 (-9,4%). Cuneo fa registrare una riduzione del 5,1% (da 22.699 a 21.541): la provincia peggiore in Piemonte è Alessandria (-6,1%), poi Torino (-5,7%), Biella e Novara (-5,5%), Asti (-5,2%), Vercelli (-5%) e Verbano Cusio Ossola (-4,7%).

     

    Riparazioni a rischio?

    Il rischio, sostiene la Cgia di Mestre, è che nel giro di qualche anno trovare un professionista per interventi di riparazione o di manutenzione possa diventare un’impresa: “Già oggi quando si rompe una tapparella, il rubinetto del bagno perde acqua o dobbiamo sostituire l’antenna della tv trovare un professionista del settore è molto difficile, figuriamoci fra qualche anno. A seguito del progressivo invecchiamento della popolazione artigiana e la corrispondente contrazione dei giovani che si avvicinano a questi mestieri, anche a seguito del calo demografico, è molto probabile che entro un decennio reperire sul mercato un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione o manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo sarà un’operazione difficilissima”.

    Negli ultimi decenni - prosegue lo studio - “tante professioni ad alta intensità manuale hanno subito una svalutazione culturale; questo processo ha allontanato molti ragazzi dal mondo dell’artigianato”. Il tratto del cambiamento avvenuto, ad esempio, è riscontrabile dal risultato che emerge dalla comparazione tra il numero di avvocati e di idraulici presenti nel nostro Paese. Se i primi sono poco più di 233 mila unità, si stima che i secondi siano “solo” 165mila . “È evidente che la mancanza di tante figure professionali di natura tecnica siano imputabili a tante criticità. A nostro avviso le principali sono: lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale; la mancata programmazione formativa verificatasi in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare ed elevare la qualità dell’orientamento scolastico che, purtroppo, è rimasto ancorato a vecchie logiche novecentesche. Ovvero, chi al termine delle scuole medie inferiori ha dimostrato buone capacità di apprendimento è ‘consigliato’ dal corpo docente a iscriversi a un liceo. Chi, invece, fatica a stare sui libri viene ‘invitato’ a intraprendere un percorso di natura tecnica o, meglio ancora, professionale; creando, di fatto, studenti di serie a, di serie b e, in molti casi, anche di serie c”.

     

    Cause e possibili soluzioni

    Quali le cause di questa progressiva “desertificazione”? “L’invecchiamento progressivo della popolazione artigiana, provocato in particolar modo anche da un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata nei decenni scorsi dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni in particolare dal commercio elettronico, il peso della burocrazia, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali e locali hanno costretto molti artigiani ad alzare bandiera bianca. Una parte della ‘responsabilità’, comunque, è ascrivibile anche ai consumatori che in questi ultimi tempi hanno cambiato radicalmente il modo di fare gli acquisti, sposando la cultura dell’usa e getta, preferendo il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio. La calzatura, il vestito o il mobile fatto su misura sono ormai un vecchio ricordo; il prodotto realizzato a mano è stato scalzato dall’acquisto scelto sul catalogo online o preso dallo scaffale di un grande magazzino". 

    Per la Cgia di Mestre va rimessa al centro l’istruzione professionale: “Negli ultimi 45 anni c’è stata una svalutazione culturale spaventosa del lavoro manuale. L’artigianato è stato ‘dipinto’ come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese”.

    Tra le soluzioni proposte anche un “Reddito di gestione” delle botteghe artigiane: “I piccoli negozi e le botteghe artigiane giocano un ruolo fondamentale nei centri storici, nelle piccole comunità e nei borghi, contribuendo all'identità culturale, all'economia locale e al mantenimento del patrimonio storico. Queste attività, spesso situate in edifici storici, arricchiscono l'ambiente urbano con la loro presenza e le loro creazioni, attirando turisti e residenti interessati alla tradizione e all'artigianato di qualità. Va ricordato, infine, che la decisa riduzione del numero degli abitanti che da qualche decennio sta interessando molte aree del Paese ha causato una forte contrazione del numero dei negozi/botteghe artigiane. Un fenomeno molto complesso che ha deteriorato il tessuto urbano e la qualità della vita di molti contesti territoriali. Per questo sarebbe opportuno introdurre per legge un ‘reddito di gestione delle botteghe commerciali e artigiane’ per chi (giovane o meno) gestisce o apre una attività, compatibile con la residenzialità, nei centri minori (fino a 10 mila abitanti)”.

     

    Chi va in controtendenza

    Non tutti i settori artigiani, però, hanno subito la crisi. Quelli del benessere e dell’informatica, per esempio, presentano dati in controtendenza. Nel primo si continua a registrare un costante aumento degli acconciatori, degli estetisti e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i videomaker e gli esperti in social media. Va altrettanto bene anche il comparto dell’alimentare, con risultati significativamente positivi per le gelaterie, le gastronomie e le pizzerie per asporto ubicate, in particolare, nelle città ad alta vocazione turistica.

    QUI lo studio pubblicato dalla Cgia di Mestre.

    a.d.
    luogo CUNEO
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    Tag:
    artigiani - Mestre - Cgia
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