Radicali e Possibile in visita al carcere di Cuneo: "Introdurre nuovi reati non produce più sicurezza"
Nella delegazione i segretari nazionali Filippo Blengino e Francesca Druetti e la consigliera regionale Giulia Marro: "Grave la mancanza di un mediatore culturale"Stamattina, lunedì 29 dicembre, una delegazione dei Radicali Italiani e di Possibile ha visitato il carcere di Cuneo, per verificare le condizioni di vita dei detenuti, ma anche del personale di Polizia Penitenziaria operante all’interno della struttura.
Era presente anche Francesca Druetti, segretaria nazionale di Possibile, che ha commentato così nel punto stampa organizzato all’uscita della casa circondariale del Cerialdo: “Spesso si sente dire che le carceri sono un po' lo specchio di come la società tratta i propri cittadini: è una frase che può sembrare vuota, fino a che non si entra veramente nelle carceri e finché non si guardano veramente i dati. Anche parti politiche, come quella al Governo del nostro paese, che parlano spesso a sproposito di sicurezza, dovrebbero rendersi conto che avere tantissimi reati che tengono tantissime persone in carcere rendendole sovraffollate, rendendole inadatte alla funzione che costituzionalmente hanno, non produce assolutamente più sicurezza, ma al contrario, tendono a far uscire le persone dalle prigioni in condizioni peggiori di come sono entrate, spesso con un salto nel buio dal punto di vista lavorativo, documentario e del futuro”.
Faceva parte della delegazione anche Filippo Blengino, cuneese, giovane segretario nazionale dei Radicali, partito che ha nell’attenzione al mondo carcerario uno dei suoi cardini storici: “Il carcere di Cuneo è una struttura che è in linea rispetto ad altre carceri che abbiamo visitato. Ci sono punti di forza, punti di debolezza. Noi, come amiamo dire, visitiamo non solo i detenuti, ma anche i detenenti. C'è un problema che riguarda i detenenti, quindi una carenza cronica di personale che è storica in questo istituto: Polizia penitenziaria, educatori. L'assenza totale di un mediatore culturale è vergognosa. Dove c'è una popolazione straniera così importante è utile non solo per integrare chi vive il carcere, ma per mediare anche le diverse culture. Noi vediamo una popolazione che è sempre più giovane, ma che soprattutto arriva in carcere a causa di politiche criminogene. Da quando è in carica il Governo Meloni sono stati introdotti centinaia di nuovi reati. L'altra questione è che la maggior parte dei detenuti che sono nel carcere di Cuneo sono reclusi per reati legati alle sostanze stupefacenti e reati contro il patrimonio, persone che stanno poco tempo in carcere: non c'è possibilità di un'attivazione vera di percorsi di reintegrazione, anche perché manca il lavoro. Noi siamo sicuri che questo carcere non ha nulla a che fare con il concetto costituzionale di reinserimento sociale”.
Nell’ultimo anno Blengino e i Radicali hanno visitato una quarantina di carceri in tutta Italia: “Ovunque il tasso di sovraffollamento è invivibile, sia per per i detenuti che per i detenenti”. Tra le possibili soluzioni, secondo il segretario nazionale del partito, “la depenalizzazione di molti reati”: “Serve smettere con il penalismo cronico, con la voglia costante di creare nuove fattispecie penali che non producono nulla in termini di sicurezza, ma producono tanto in termini di violazioni di diritti umani”.
Presente alla visita odierna anche Giulia Marro, consigliera regionale di Alleanza Verdi e Sinistra: “È un modo per far conoscere la realtà all'interno del carcere a persone che non hanno la possibilità di entrarci: per dare voce ai detenuti e alle detenute, ma anche alla Polizia penitenziaria. Qui i numeri sono un po' migliori rispetto a qualche anno fa, però c'è sempre una carenza di organico. Il 2025 è stato un anno in cui si sono messi a posto alcuni pezzi, ma c'è ancora molto da fare, a partire dalla mancanza di attività culturali. Qui ci sono circa 400 detenuti: solo una ventina lavorano all’esterno, altri novanta dentro il carcere. Pensare a tutti quelli che non fanno nulla spiega il malessere che si crea e la difficoltà di chi lavora nella struttura. Anche gli educatori sono pochissimi rispetto al numero di detenuti”.
Il tema della carenza di personale, malgrado le recenti assunzioni, resta centrale: “Ci sono state assunzioni, è vero, ma spesso si tratta di agenti che hanno qualche mese di esperienza: vengono mandati qui, vengono formati dal personale per un anno e poi vengono rimandati in altre carceri - ha detto Marro - . C’è la mancanza di ispettori, la mancanza di ufficiali, la mancanza di gradi intermedi alla direzione: le persone non hanno qualcuno che le possa seguire, le possa formare. C’è la difficoltà degli agenti con poca esperienza a far fronte ad alcune situazioni difficili. Una cosa importantissima sarebbe la presenza di un mediatore o più mediatori culturali. Qui il 60% dei detenuti è straniero e non c'è neanche un mediatore nella pianta organica: è una figura che manca, anche per quando si creano delle situazioni di conflitto, per mediare e per cercare di non farle sfociare in rivolte o in episodi più gravi”.
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