Ceva, fumata nera per la riapertura del Pronto Soccorso
Incontro a Garessio tra realismo e promesse: la Regione apre al dialogo, ma l’H24 resta un miraggioNei locali della Casa dell’Amicizia di Garessio l’atmosfera era quella delle grandi occasioni, ma anche delle grandi preoccupazioni. In sala, cittadini, amministratori e rappresentanti istituzionali, riuniti dal Co.Di.Ce (Comitato Difesa Cebano) per discutere del futuro del Pronto Soccorso di Ceva, attendevano risposte. L’incontro aveva un obiettivo chiaro: capire se esistano margini per tornare a un servizio di emergenza attivo giorno e notte.
Ben presto è stato l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, a mettere in chiaro lo scenario. Ha parlato di “onestà intellettuale”, spiegando che illudere i cittadini sarebbe scorretto e che, allo stato attuale, la riapertura del Pronto Soccorso H24 non è realizzabile. Non per mancanza di volontà politica, bensì per una carenza di personale che sta mettendo in difficoltà l’intero sistema sanitario nazionale. Non ci sono medici, non ci sono infermieri, e le nuove norme non consentono più di fare affidamento sui gettonisti. Insomma, per quanto Ceva resti un presidio importante, non è al momento possibile ricostruire un servizio che non si può fisicamente sostenere.
Tuttavia, Riboldi ha annunciato l’arrivo di una nuova TAC da 128 slice, l’attivazione della MOC, investimenti antisismici per 6 milioni di euro e, soprattutto, la costruzione entro il 2026 della Casa di Comunità e dell’Ospedale di Comunità. Due strutture che, nelle intenzioni regionali, dovrebbero ridisegnare il ruolo del presidio cebano in un modello più moderno di sanità territoriale.
Il territorio, però, non è apparso convinto che queste soluzioni possano compensare l’assenza di un Pronto Soccorso operativo giorno e notte. Davide Prato, presidente del Co.Di.Ce., ha ricordato come Ceva sia l’unico riferimento sanitario tra Mondovì e Savona, nell’arco di 70 km. Gli hanno fatto eco i sindaci di Garessio e Ceva hanno espresso la loro inquietudine verso questa situazione e l’urgenza di definire il ruolo strategico del presidio ospedaliero all’interno della rete piemontese.
Tra i consiglieri regionali, Giulia Marro ha insistito sul fatto che il territorio abbia diritto a un servizio reale, specie in un’area montana che rischia di perdere pezzi essenziali della propria identità e di avviarsi verso uno spopolamento irreversibile. Il suo omologo Mauro Calderoni ha ricordato come le comunità di montagna paghino le medesime tasse dei centri urbani, ma si vedano progressivamente tagliare i servizi. A difendere l’impianto del nuovo piano socio-sanitario è stata invece la consigliera Federica Barbero, che ha assicurato che Ceva non verrà abbandonata e che il suo Pronto Soccorso resterà operativo, seppure con modalità diverse.
L’assessore Riboldi, in chiusura, ha annunciato la disponibilità a lavorare con Co.Di.Ce. e amministratori locali alla stesura di un piano condiviso di soluzioni per la sicurezza sanitaria del Cebano, indicando come possibile anche una collaborazione con la Regione Liguria per migliorare il sistema di emergenza di confine. L’obiettivo è quello di ritrovarsi nella seconda metà di gennaio per presentare un progetto concreto.
CEVA Regione Piemonte - Ceva - Pronto Soccorso - Federico Riboldi

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