Prezzo delle uve, Conterno (Cia Cuneo): "Con le medie di quest'anno è difficile mantenere i vigneti"
Il presidente provinciale dell'organizzazione agricola: "Non si coprono i costi di gestione e non si garantisce un reddito dignitoso agli agricoltori""Il 2025 per le uve è una buonissima annata, ma con certi prezzi è davvero difficile mantenere in equilibrio un’azienda agricola: è un livello che non consente di coprire i costi di gestione e di mantenimento dei vigneti, tanto meno di garantire un reddito dignitoso agli agricoltori. L’uva al chilogrammo dovrebbe costare da 1,20 euro in su, che oggi equivale al costo di produzione".
Così Claudio Conterno, presidente provinciale di Cia Agricoltori italiani di Cuneo, commenta i valori pubblicati ieri sul bollettino di San Martino della Camera di Commercio di Cuneo, che riporta la media dei prezzi delle uve raccolti sulla piattaforma digitale dell’ente camerale.
"Quest’anno – prosegue Conterno – a luglio sembrava che nessuno volesse le uve. Molti produttori hanno precipitosamente accettato di vendere a prezzi troppo bassi, assecondando il gioco dell’industria. In vendemmia, le uve sono andate a ruba, con un mercato che nel giro di pochi giorni è passato da “troppo basso” a “troppo alto”. È un sistema che così non può funzionare, perché genera solo incertezza e penalizza chi lavora con serietà tutto l’anno".
Secondo il presidente della Cia di Cuneo, inoltre, nelle Langhe circa il 70 per cento delle uve viene trasformato direttamente dai produttori, il 20 per cento è lavorato dalle cooperative e solo una piccola parte viene trattata dall’industria: "Nonostante ciò – osserva Conterno – la parte industriale continua a voler incidere in modo preponderante sui prezzi, senza considerare che per stabilire un valore giusto bisognerebbe sempre partire dai costi di produzione, che non sono uguali per tutte le uve. Il prezzo delle uve non può prescindere dal costo del terreno: comprare un ettaro di Barolo vuol dire spendere milioni di euro, e solo l’interesse su quel costo equivale al ricavo di un’annata di uve. Non si può paragonare a un ettaro di Dolcetto".
Conterno torna anche sul tema della comunicazione e della percezione del vino: "Da tempo – aggiunge – assistiamo a una narrazione che punta il dito contro l’alcol, ma spesso l’immagine utilizzata è quella di un bicchiere di vino, quasi mai quella del whisky o della grappa, che contengono alcol in misura ben superiore. Il vino viene ingiustamente demonizzato, mentre nessuno mette in discussione le bibite zuccherate, gli alimenti ultraprocessati o l’abuso di integratori venduti ovunque senza prescrizione medica".
"Il 99 per cento dei cibi processati è molto più impattante sulla salute di un buon bicchiere di vino. Il vino, consumato con moderazione, non fa male e contribuisce a un mondo che è paesaggio, cultura e tradizione. Per cui, meglio un calice genuino, frutto del lavoro trasparente dei nostri viticoltori – conclude Conterno – che tante bevande piene di additivi tutt’altro che naturali e salutistici".
CUNEO Cia

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