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    CUNEO - Friday 31 October 2025, 08:41

    Moda italiana, Confartigianato lancia l’allarme: produzione giù del 6,6% e 11 imprese chiuse al giorno

    L’export diminuisce mentre cresce la concorrenza extra-UE. La transizione green continua a indurre una maggiore circolarità dei beni di consumo
    Daniela Biolatto
    Daniela Biolatto

    La moda italiana attraversa una fase ancora estremamente critica. L’analisi degli ultimi dati congiunturali delinea un quadro allarmante. Nei primi otto mesi del 2025 la produzione nel tessile abbigliamento e pelli scende del 6,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, una caduta di oltre cinque punti più ampia rispetto alla media della manifattura italiana (-1,4%). Anche il mese di agosto conferma la tendenza negativa con un calo dell’1,9% su base annua.

    Il punto sulla congiuntura nel settore della moda è stato elaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato a margine dell’incontro tenutosi nei giorni scorsi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) per affrontare le emergenze della moda italiana, in cui è intervenuto Moreno Vignolini, presidente della Federazione Moda di Confartigianato Imprese.

    L’export diminuisce mentre cresce la concorrenza extra-UE. Le esportazioni di prodotti del tessile, abbigliamento e pelli scendono del 3,4% nei primi otto mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (con +-7,6% ad agosto), a fronte del +2,6% della media della manifattura. L’import di prodotti tessile, abbigliamento e pelli aumenta del +3,4% nei primi otto mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, combinazione di una flessione del 2,0% dai paesi UE e di un aumento dell’8,2% dai paesi extra UE, con una crescita a doppia cifra (+11,8%) dell’import dalla Cina, che rappresenta circa un terzo (34,3%) delle importazioni extra UE della Moda.

    “Il prezzo sociale della crisi è alto. - commenta Daniela Biolatto, presidente dell’Area Moda di Confartigianato Imprese Cuneo - Nel secondo trimestre del 2025 a livello nazionale si sono registrate 1.035 cessazioni di imprese del tessile abbigliamento e pelli, di cui 843 sono relative a chiusure di imprese artigiane: nel trimestre in esame il settore ha visto chiudere 11 imprese al giorno, di cui 9 sono imprese artigiane. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, anche nella nostra Provincia: stiamo perdendo, insieme ai laboratori artigianali del tessile, la competenza riguardante la qualità dei materiali ed il lavoro “ben fatto”. Oggi si tende a sacrificare sull’altare del low cost lo stile e l’eleganza “made in Italy” di cui siamo sempre stati impareggiabili testimoni”.

    Sulla crisi della moda italiana, al ciclo congiunturale debole si sovrappongono rilevanti fattori strutturali. Come evidenziato in un recente lavoro pubblicato dalla Banca d’Italia sul settore moda, dopo un biennio di elevata inflazione, i consumatori sono più sensibili ai prezzi, mentre si alza la propensione al risparmio a fronte di una elevata incertezza. La transizione green induce una maggiore circolarità dei beni di consumo. La quota della moda sugli scambi globali si è sensibilmente ridotta. Inoltre, pesano i dazi, a cui fa fronte il robusto posizionamento qualitativo del made in Italy della moda. Oltre alla frenata dell’export negli Stati Uniti determinata dai dazi, le vendite del made in Italy della moda potrebbero risentire del dirottamento verso altri mercati di prodotti di moda cinesi precedentemente diretti negli Stati Uniti. Inoltre, è bassa la probabilità che i prodotti della moda italiana possano sostituire quelli cinesi su mercato statunitense, che richiede prodotti più sostituibili provenienti da altri produttori asiatici, tra cui domina il Vietnam. L’incertezza che caratterizza l’attuale fase della domanda mondiale influisce sull’offerta della moda specializzata nei beni di lusso.

    L’evoluzione della moda italiana ha ricadute sul settore a livello europeo. L’Italia nel settore della moda, infatti, conta 461 mila addetti, ed è il primo paese nell’Ue a 27 davanti al Portogallo con 168 mila addetti, alla Polonia con 139 mila, alla Romania con 133 mila e alla Germania con 131 mila. L’occupazione in Italia è pari al 27% del totale del settore dell’UE.

    “Non dimentichiamo - conclude la presidente Biolatto - che la produzione tessile è uno dei pochi settori a non essere totalmente automatizzato. Quindi, dietro ad ogni capo c’è sempre la mano di un operatore che cuce e rifinisce. Come si può pensare che non ci sia a monte un vergognoso sfruttamento di manodopera, quando il capo viene venduto a cifre irrisorie?”.

    c.s.
    luogo CUNEO
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    Tag:
    cuneo - Confartigianato - Crisi - Consumo - Produzione - moda - Dazi
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