Urlava “non so nuotare”, ma l’amico lo ha buttato nel fiume: la tesi della Procura sulla morte di Abdou
Uno dei ragazzi che erano con il tredicenne, sparito nel Tanaro, è in arresto. Si parla di un debito da 50 euro: “Nessun movente e nessun omicidio” ribatte la difesaOmicidio volontario con dolo eventuale: è l’accusa, gravissima, che pesa sulle spalle di un quindicenne, uno dei tre amici che erano insieme ad Abdou Ngom in riva al Tanaro, quella maledetta mattina del 22 aprile.
La svolta è arrivata dopo quattro mesi di indagini, con l’arresto di uno dei ragazzi. Faceva parte della comitiva che quella mattina da Bra si era spostata in bicicletta alla spiaggia dei cristalli di Verduno, in regione Gorei. Uno dei primi bagni di stagione, in una giornata di bel tempo, approfittando delle vacanze scolastiche. Abdou, classe 2011, frequentava la terza E della scuola media Piumati: figlio di un operaio senegalese, era il secondo di quattro fratelli.
Di lui, sparito nella corrente, non si è più trovata traccia da quel giorno. I sommozzatori lo avevano cercato per una settimana nelle acque rese torbide e impetuose dalla pioggia, ancora un mese dopo le ricerche erano riprese quando nel Tanaro era stato ritrovato un indumento: nulla da fare neanche in quel caso.
Nel frattempo si è mossa la giustizia, cercando di far luce su quanto accaduto prima di quel tuffo in acqua. Ed è emersa un’ipotesi diversa da quella su cui in un primo tempo tutti sembravano concordi, cioè che Abdou avesse perso la presa e fosse stato trascinato dalla corrente. Un’ipotesi spaventosa, ora al vaglio degli inquirenti: è emerso che il tredicenne in quel fiume sarebbe stato gettato da uno degli amici - anche loro sono tutti minorenni e residenti a Bra, figli di famiglie maghrebine.
Un ragazzo poco più grande di lui, quindicenne, che lo avrebbe afferrato e lanciato in acqua: “Abdou diceva che non sapeva nuotare, eppure l’altro lo ha preso e lo ha buttato in acqua” avrebbero raccontato i due testimoni. Nell’incidente probatorio i tre ragazzi sono stati sentiti separatamente, dopo il sequestro dei loro telefoni cellulari. A quanto è emerso, i tre si sarebbero sentiti dopo l’accaduto, per confrontarsi sul comportamento da tenere con i carabinieri. Si parla di un debito di cinquanta euro che Abdou avrebbe avuto con il quindicenne e di un gesto motivato, forse, dalla volontà di intimorirlo e indurlo a restituirli.
“Non c’è nessun movente, perché non c’è nessun omicidio” ribatte l’avvocato Piermario Morra, che difende il quindicenne accusato insieme al collega Giuseppe Vitello. L’ipotesi iniziale era di violenza privata, poi è arrivata la nuova contestazione: il giovane è sottoposto agli arresti domiciliari presso una comunità. È già stato sentito sia in fase di incidente probatorio che nell’interrogatorio di garanzia: nega qualsiasi ricostruzione alternativa che neanche l’esame in incidente probatorio, a detta del suo difensore, avrebbe avvalorato. Le indagini dei carabinieri di Bra proseguono, sotto l’egida della Procura per i minori di Torino.

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