Botte in piazza Boves dopo l’insulto omofobo, c’è la condanna ma non la discriminazione
Il tribunale ha riconosciuto solo l’aggravante dei “motivi abietti e futili”. La Procura aveva modificato le conclusioni e chiesto una pena di quattro anniArriva la condanna - tre anni e otto mesi - per il 27enne responsabile della brutale aggressione ai danni di un giovane omosessuale, avvenuta in piazza Boves a Cuneo nel maggio del 2023. All’origine un gesto interpretato come “provocatorio” dall’aggressore, A.C., cittadino albanese domiciliato a Fossano: aveva visto il ragazzo, a braccetto con un amico, “soffiare” un bacio sulla guancia di quest’ultimo e si era scagliato contro di lui al grido “frocio di m…, che c… mi mandi un bacio”.
La vittima, colpita con calci e pugni, ne era uscita con una frattura alla clavicola, un trauma cranico e una prognosi di 87 giorni. Aggressore e aggredito non si erano mai visti né conosciuti prima, confermano la persona offesa e i suoi amici. A indirizzare le indagini era stata una delle due amiche che erano con lui: anche lei era stata oggetto di insulti di natura sessuale, solo per il fatto di aver soccorso il malcapitato.
La frase udita dai presenti, prima che l’allora 25enne colpisse il cuneese con un pugno alla spalla, è stata al centro della discussione. La Procura aveva dapprima scelto di non contestare l’aggravante della discriminazione sessuale, interpretando il gesto come “una scusa” per menare le mani. Valutazione rivista questa mattina dal sostituto procuratore Mario Pesucci, che ha scelto invece di modificare le precedenti conclusioni: “C’è un’esternazione evidente di una discriminazione, non solo come monito alla persona offesa ma a chiunque si trovasse là” ha affermato il magistrato, chiedendo una condanna a quattro anni.
La persona offesa si era costituita in giudizio con l’avvocato Antonio Dell’Aversana: “È stato detto che ‘non aveva un comportamento omosessuale’: esiste un comportamento omosessuale riconoscibile? Ritengo di no, a prescindere dall’orientamento sessuale del ragazzo che lo ha confermato nel corso dell’istruttoria”. Per l’avvocato Enrico Gallo, difensore dell’imputato, la vicenda resta “un litigio fuori da un bar”: “Si pretende di decontestualizzare il fatto: la questione della riconoscibilità o meno di una diversità è importantissima. Il semplice insulto, un insulto comunissimo, non ha le caratteristiche per configurare un’aggravante del genere: lo ha detto persino il papa”.
Per il giudice Graziana Cota è comunque riconoscibile un’ulteriore aggravante, l’aver agito “per motivi abietti e futili”. Alla parte civile va una provvisionale di cinquemila euro, il risarcimento è stato invece demandato ad altro giudizio.

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